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Scintille tra Sala e Fontana nel silenzio delle opposizioni: conta solo chi decide?

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Lo scontro a distanza tra Sala e Fontana presenta un aspetto decisamente curioso: il silenzio delle rispettive opposizioni, che lasciano il palcoscenico alla sfida diretta tra il sindaco di Milano e il Presidente della Lombardia. Il clima nel governo regionale è tesissimo a soli quattro mesi dall’insediamento, con FDI che diserta la giunta e il duo Lega-Lista Fontana che non partecipa al voto sull’intitolazione dell’aeroporto di Malpensa a Berlusconi. La minoranza che fa? Qualcuno si fa notare uscendo dall’aula durante la commemorazione dell’ex Premier – vabbè – ma il vero fronte di scontro è sulla sanità, della quale il centrosinistra sottolinea le carenze, non senza validissime ragioni. Il punto è che questo argomento, insieme ai trasporti, è già stato il leit-motiv di una campagna elettorale finita malissimo e, se non è bastato il Covid a mettere in crisi lo strapotere del centrodestra, è difficile che l’attacco sortisca migliori effetti ora.

A sottolineare i dissidi nella maggioranza è direttamente Sala, che però non è immune da problemi molto simili. Il sindaco attacca platealmente i consiglieri sul tema caldo di San Siro e a sua volta viene criticato da Chiara Bisconti e Franco D’Alfonso, entrambi assessori ai tempi di Pisapia. Fratture evidenti, delle quali però l’opposizione è tutt’altro che lesta nell’approfittare. Anzi, persino inciampa nel tentativo. È il caso di Enrico Marcora (FDI), che chiede a Sala di fare chiarezza sulle voci che lo vorrebbero candidato alle Europee del 2024.

Così facendo, offre al primo cittadino un assist per ribadire l’intenzione di portare a termine il mandato, ma anche il fatto che “da quando sono Sindaco, ogni tre o quattro mesi esce la voce che voglio fare dell’altro”. Non c’è neanche bisogno di leggere tra le righe: c’è da rispettare un patto coi milanesi, ma la figura dell’ex commissario di Expo potrebbe essere spesa anche in altri ruoli. E prima o poi succederà. Comunicativamente, una sorta di “autogol dell’ex” per Marcora, che nel 2021 entrò a Palazzo Marino proprio con la lista civica di Sala.

C’è un problema di selezione della classe dirigente, certo, ma che prescinde dallo spessore delle singole personalità. È il frutto della straordinaria debolezza della politica e della crisi delle forme tradizionali di partecipazione. I partiti, tutti, hanno perso o stanno perdendo i presidi territoriali dei circoli e la militanza di base è ormai sparita: oggi anche chi è alle prime armi fa politica direttamente nelle istituzioni, entrandovi con un seggio in municipio o un incarico fiduciario in qualche staff.

Questo da un lato comporta la perdita della fondamentale funzione formativa che un tempo veniva svolta dai partiti, ma anche l’appiattamento sugli eletti che porta con sé una logica conseguenza: se conta solo chi decide, fare opposizione diventa sempre più difficile e sempre meno utile, con evidente scadimento della qualità del dibattito democratico.

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