Morti senza nome nel mar Mediterraneo dopo l’ennesimo naufragio di un barcone che cercava di raggiungere l’Europa. Passano le ore e si affievoliscono sempre di più le speranze di trovare i dispersi del peschereccio Adriana, affondato al largo della Grecia. Al momento si parla di almeno 78 morti, ma i passeggeri erano più di 700 e sono state portate in salvo solo 100 persone. Secondo alcune testimonianze, nella stiva c’erano circa 100 bambini. Mentre continuano le ricerche dei superstiti, sotto accusa è finita la gestione da parte delle autorità greche. Come analizzato dal Fatto quotidiano, sono ancora molti i buchi nella ricostruzione e ci sono volute 12 ore prima dell’intervento della Guardia costiera. La ong Alarm Phone parla di ripetute telefonate ricevute dalle persone a bordo: otto ore prima del naufragio hanno chiesto aiuto, segnalando che il capitano aveva abbandonato l’imbarcazione. L’ultima versione della Guardia costiera è che sia stato “rifiutato il loro aiuto”, ma la ricostruzione è stata smentita dall’attivista Nawal Soufi che era al telefono con una persona a bordo in quelle ore. Le associazioni chiedono che sia fatta al più presto una indagine indipendente per far luce su quello che è avvenuto. Intanto settantuno dei 104 migranti sono stati trasportati nella struttura di accoglienza di Malakasa, a nord di Atene.

Le testimonianze e le ricerche dei superstiti – “Non si sa quante donne e bambini si trovassero nella stiva e nelle parti basse della nave, tuttavia, secondo le testimonianze, al momento dell’incidente molte donne e bambini stavano dormendo”, ha detto Christina Nikolaidou, responsabile della comunicazione dell’Oim Grecia, al sito di Efsyn ha confermato i timori che ci fossero quasiun centinaio di bambini a bordo e ha aggiunto che probabilmente, stando alle testimonianze raccolte, stavano dormento nella parte bassa del peschereggio. Gli interpreti dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) sono riusciti a parlare con la maggior parte dei superstiti ricoverati nell’ospedale di Kalamata. “Le persone sono sotto shock, ma insistono sul fatto che a bordo dell’imbarcazione c’erano 700-750 persone”, ha detto ancora Nikolaidou. “Ma non è lo shock che impedisce loro di avere un quadro chiaro, quanto piuttosto il fatto che erano ammassate l’una sull’altra e quindi avevano un campo visivo limitato. Ricordano poi che molti viaggiavano con le loro famiglie”. Intanto sono andate avanti tutta la notte le ricerche dei superstiti al largo di Pylos, ma senza risultato. È stata inoltre estesa l’area delle operazioni di ricerca e soccorso al largo della costa sudoccidentale del Paese, ma oggi le operazioni dovrebbero terminare.

L’indagine e la versione del governo – Continuano, inoltre, le indagini per ricostruire la dinamica dei fatti e sotto accusa ci sono proprio le operazioni di soccorso da parte della autorità greche. Ieri sono stati arrestati i nove presunti trafficanti, egiziani di età compresa fra i 20 e i 40 anni, e che sono fra i 105 sopravvissuti al naufragio. Sono accusati di omicidio colposo, traffico di esseri umani e di essere parte di una organizzazione criminale.

Tanti ancora i dubbi su cosa è successo al momento del naufragio. L’ultima versione ufficiale del governo è che il peschereccio ha rifiutato l’aiuto. “La nave della guardia costiera si è avvicinata al peschereccio due ore prima del naufragio”, ha dichiarato il portavoce dell’esecutivo greco Ilias Siakandaris, parlando con la tv di Stato Ert. “Le persone a bordo hanno rifiutato qualsiasi aiuto” dicendo “‘No help, go Italy‘” e “il peschereccio ha continuato la sua strada”. Il portavoce ha anche aggiunto: “La guardia costiera non ha lanciato una corda di ormeggio verso il peschereccio” e “l’approccio della Guardia Costiera non può essere collegato all’affondamento del peschereccio in termini di tempo”. In realtà, la versione è diversa rispetto a quanto era trapelato proprio dalla stessa Guardia costiera greca: “Poco prima delle 23, l’equipaggio della nave 920 della Guardia Costiera ha puntato i fari sul peschereccio e ha informato i passeggeri con gli altoparlanti che, a causa del sovrappeso, erano in pericolo e che non sarebbero riusciti a raggiungere le coste italiane. I guardacoste hanno anche usato una corda per agganciare il peschereccio e controllare le condizioni al suo interno”, aveva rivelato una fonte interna a Kathimerini. A quel punto alcuni passeggeri avrebbero, sempre secondo la fonte, deciso di opporsi alla prospettiva di essere portati in Grecia anziché in Italia, avrebbero slegato la corda per continuare la rotta verso nord. “Questo particolare incidente si è verificato alle 23.00, diverse ore prima dell’affondamento dell’imbarcazione”. Diverse le versioni di alcuni dei sopravvissuti, secondo cui nessuno avrebbe dimostrato l’intenzione di voler proseguire verso l’Italia.

L’appello delle associazioni per un’indagine indipendenteSave the Children – insieme a Amnesty International, Danish Refugee Council, Hias Europe, Human Rights Watch, International Rescue Committee, Medici senza Frontiere, Missing Children Europe, Oxfam, Sos Children’s Villages International – chiede un’indagine completa sul naufragio, sul ruolo degli Stati membri dell’Ue e sul coinvolgimento di Frontex, e un sistema di asilo europeo che garantisca alle persone il diritto di chiedere protezione nel pieno rispetto dei loro diritti. “Chiediamo – spiegano – un’indagine completa su queste morti, in particolare sul ruolo degli Stati membri dell’Ue e sul coinvolgimento di Frontex. Esortiamo la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, ad assumere finalmente una posizione chiara rispetto al cimitero a cielo aperto alle frontiere terrestri e marittime dell’Europa e a richiamare gli Stati membri alle proprie responsabilità. Chiediamo un sistema di asilo europeo che garantisca alle persone il pieno rispetto del diritto di chiedere protezione. L’Ue dovrebbe abbandonare la narrativa che attribuisce la colpa dei naufragi ai trafficanti e cessare di vedere soluzioni solo nello smantellamento delle reti criminali. Esortiamo l’Ue e gli Stati membri a istituire nel Mar Mediterraneo operazioni di ricerca e salvataggio proattive e guidate dagli Stati. Per troppi anni abbiamo ascoltato parole vuote da parte della Commissione europea e degli Stati membri dell’Ue, che si sono detti “preoccupati”, “rattristati” e “sgomenti” per la perdita di vite umane senza agire. Questa volta deve essere diverso. È ora di proteggere finalmente le vite e i diritti delle persone che cercano sicurezza in Europa”.

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