La battaglia per la riforma del patto europeo di stabilità entrerà nel vivo il prossimo autunno ma da mesi gli sfidanti hanno iniziato a lanciarsi avvertimenti più o meno bellicosi. Ieri 11 paesi dell’Unione hanno diffuso una lettera in cui auspicano regole più severe rispetto a quanto proposto dalla Commissione in tema di risanamento dei conti pubblici e riduzione dei debiti eccessivi. A capitanare la pattuglia dei duri e puri c’è la Germania, a cui si è accodata, come sempre, l’Austria oltre a Repubblica Ceca, Lussemburgo, Bulgaria, Danimarca, Slovenia, Croazia, Lituania, Lettonia, Estonia. Sul fronte opposto sono schierati Belgio, Spagna, Francia e, soprattutto Italia, la più decisa a chiedere maggior flessibilità con l’esclusione del computo del debito gli investimenti in difesa ed armamenti, transizione verde e tecnologie digitali. In mezzo sta, per ora, l’Olanda, “geneticamente” vicina agli 11 rigoristi ma più aperta al dialogo. A mediare tra le tante parti in causa sarà la Commissione che ha già pubblicato una sua prima bozza di riforma. Vi è contemplata la messa a punto da parte dei singoli stati di piani di riduzione del debito qualora questo sia troppo elevati, con procedure sanzionatorie qualora il percorso non venga seguito. L’aggiustamento minimo annuo dovrebbe essere dello 0,5% del Pil. I rigoristi chiedono che questa cifra venga raddoppiata. I paesi europei con i debiti più elevati in rapporto alle dimensioni delle loro economie sono la Grecia (171%), l’Italia (144%), Spagna e Portogallo (113%), Francia (111%) e Belgio (105%). La Germania si ferma invece al 68%.

Il ministro francese delle Finanze Bruno Le Maire, ha affermato che l’imposizione di regole automatiche e uniformi per la riduzione del debito sarebbe un errore sia da un punto di vista economico che politico. “Abbiamo già provato in passato a imporre regole automatiche e uniformi: porta alla recessione”, ha affermato Le Maire. “Il nostro obiettivo generale deve essere quello di arrivare a norme che funzionino, che permettano una riduzione tempestiva e reale del debito e permettano la crescita economica” ribatte però il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner ribadendo la ragionevolezza di un calo dell’1% l’anno.

“Per assicurare stabilità è importante secondo noi che si dedichi adeguata attenzione alla politica di investimenti, in particolare investimenti che sono stati considerati prioritari in sede europea, in particolare quelli relativi alla transizione ambientale ed energetica e digitale. Per questo riteniamo che gli investimenti considerati prioritari abbiano una considerazione un trattamento particolare. Si tratta di investimenti di durata limitata e di quantificazione già accertata”, ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti all’Ecofin, la riunione dei ministri economici dell’Unione europea. “L’Italia e il governo italiano accolgono con favore il lavoro fatto anche se riteniamo che ci siano ancora degli aspetti da migliorare. L’Italia accetta e condivide il principio di responsabilità di finanza pubblica. E si sta comportando esattamente in questo senso”, ha sottolineato il ministro. Giorgetti continua a giocare su due tavoli, da un lato quello della riforma del Mes, il fondo salva stati, sottoscritta da tutti tranne che dall’Italia e quindi ancora bloccata. Dall’altro le modifiche al patto di Stabilità. Cedere sulla ratifica in cambio di qualche concessione su vincoli ai conti pubblici è un gioco pericoloso, se tirata troppo la corda potrebbe spezzarsi e l’Italia restare con un pugno di mosche in mano. C’è da sperare che il ministro sappia ben giocare a questo gioco.

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