Nel 2022 nelle carceri libanesi sono morte 34 persone. I decessi erano stati 14 nel 2015 e 18 nel 2018, l’anno precedente l’inizio della crisi economica che tuttora attanaglia il paese. I dati sono ufficiali, forniti dal Ministero dell’Interno. Sulle ragioni di queste morti, tuttavia, non viene data alcuna spiegazione.

Amnesty International ha condotto un’indagine che collega, in modo preoccupante, l’aumento dei decessi dei prigionieri alla cisi economica.

Tuttavia, la crisi non può in alcun modo rendere giustificabile il sacrificio del diritto alla salute dei detenuti, il diniego di cure mediche ai prigionieri, l’imposizione delle spese di ospedalizzazione ai loro familiari e la mancanza di personale medico specializzato all’interno degli istituti di pena.

Oltretutto, in almeno tre casi sono emerse responsabilità ben precise.

Uno è quello di Khalil Taleb, morto nella prigione di Roumieh il 21 agosto 2022, dove era arrivato già malconcio il primo giorno di detenzione. La sua famiglia si era presa carico delle cure mediche ma il medico della prigione ha negato che stesse male e la direzione ha ritardato il suo ricovero in ospedale.

Il sovraffollamento delle prigioni libanesi è del 323 per cento e l’80 per cento dei reclusi è detenuto in attesa di processo. Il valore reale del budget assegnato al ministero dell’Interno per garantire le cure mediche ai detenuti è sceso da quasi sette miliardi di dollari del 2019 a 628 milioni di dollari l’anno scorso.

Il governo non riesce più a pagare le spese per l’ospedalizzazione dei detenuti. Succede anche che, in violazione della legge, gli ospedali presentino il conto anche per le cure mediche di emergenza. Il risultato è che, se nel 2018 846 detenuti erano stati ricoverati in ospedale, nel 2022 il numero è sceso a 107.

Amnesty International ha sollecitato le autorità di Beirut a prendere provvedimenti immediati, come decongestionare le prigioni evitando il massiccio uso della detenzione preventiva e ricorrendo a misure alternative e aumentare le risorse a disposizione per garantire cure mediche adeguate ai detenuti e il loro immediato accesso ai servizi di emergenza.

I ministeri dell’Interno e della Salute hanno risposto alle richieste di informazioni di Amnesty International e le loro repliche sono state incluse nel rapporto finale.

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