Poteva mancare il cordoglio di Vladimir Putin, per il quale Silvio Berlusconi era “il primo dei suoi veri cinque amici”? Assolutamente no. Intanto, perché è un’amicizia che ha fatto scalpore, il miliardario diventato “mogul” (come scrive il New York Times) del centrodestra, per nove anni alla guida d’Italia, e l’ex tenente colonnello del Kgb issato in cima al potere nella Russia post-sovietica. Poi, perché tra i due c’era intesa. E amicizia. Nella mentalità russa, è considerata un destino. Una missione. Putin è infatti stato tra i primissimi a inviare un telegramma di condoglianze indirizzato al presidente italiano Sergio Mattarella, come ha subito annunciato il Cremlino con un comunicato.

Nel giorno della festa nazionale russa, dopo aver rivolto al Paese un breve ma intenso messaggio (“il patriottismo e la responsabilità perla madrepatria sono valori sacrosanti che oggi, in un momento difficile per la Russia, uniscono ancor più la nostra società”), Putin ha firmato parole accorate nel telegramma spedito a Roma, per lui inusuali, in cui trapela una certa tristezza (ed è sicuro che ai figli di Berlusconi avrà inviato una lettera privata). Li univa le loro straordinarie ascese al potere, e quella prosopopea di sentirsi al di sopra degli altri, quasi un’ossessione, un’idea eroica dei loro tragitti esistenziali. Li univa, soprattutto, anche una serie di solidi e occulti interessi incrociati: già nel 2010 WikiLeaks aveva rivelato alcuni cablogrammi diplomatici Usa in cui venivano messi sotto esame i legami tra gli investimenti personali del Cavaliere e le politiche estere ed economiche dell’Italia. Dubbi rimasti sempre in sospeso. Persino alcuni membri del governo Meloni, al quale Berlusconi apparteneva, sospettavano che il suo legame con Putin avesse ragioni finanziarie.

La morte di Berlusconi è “una perdita irreparabile e un grande dolore”, confessa il capo del Cremlino, “ho sempre sinceramente ammirato la sua saggezza, la sua capacità di prendere decisioni equilibrate e lungimiranti anche nelle situazioni più difficili. In ognuno dei nostri incontri mi trasmetteva la sua incredibile vitalità, il suo ottimismo e il suo senso dell’umorismo. Per me Silvio è stata una persona cara e un vero amico”. Una “perdita irreparabile”, il decesso di questo “patriarca della politica italiana”. L’omaggio alla memoria di Silvio è totale: “Vero patriota” del suo Paese, “ha fornito un inestimabile contributo personale e sincero allo sviluppo della partnership russo-italiana reciprocamente vantaggiosa”. E ancora: “La Russia si ricorderà sempre di Silvio Berlusconi come il principale sostenitore del rafforzamento delle relazioni d’amicizia tra i nostri Paesi”, ha aggiunto, con un tono da orazione funebre di Antonio, proposta più per i vivi elogiando il morto (un auspicio? Un tentativo di suscitare dibattito?) e ribaltandone il giudizio che di lui avrà la Storia…

In poche ma non banali righe, Putin ha spiegato tutto. O quasi. La Russia è amica dell’Italia, se l’Italia lo vuole, come lo voleva Berlusconi. La guerra? Assente. Ma forse no.

Tutto era cominciato oltre vent’anni fa. Lo “spumeggiante” Berlusconi (lo scrive Philip Short nel suo gigantesco saggio Putin, ed. Marsilio 2022) stringe una forte amicizia con il disincantato e misterioso Putin. Già nell’agosto del 2002, il presidente russo manda le figlie a passare le vacanze in Sardegna, ospiti di Berlusconi (lo rivela il quotidiano St. Petersburg Times (9 agosto 2002).

Passano alcuni mesi, è l’inizio del 2003. Una dacia fuori Mosca, dalle parti di Novo Ogarevo. Inverno. Vladimir Putin accoglie Silvio Berlusconi, lontano da protocolli, cerimonie, occhi e orecchie indiscreti. Un gesto di grande apertura. Una piccola pausa dagli impegni di una visita tra capi di governo e di Stato. Eccoli entrambi, intabarrati con grossi giacconi e vistosi colbacchi: Putin ama la neve, scia, gioca ad hockey, il gelo è il suo habitat. Berlusconi detesta il freddo. Preferisce di gran lunga gli yacht, le ville sul mare, la vacanza delle estati folli. Una foto li ritrae sorridenti, mentre il presidente russo estrae da una rossa custodia cartonata un libro, o forse un’agenda rilegata. Silvio rinnova l’invito in Sardegna e decanta la vita da favola dell’estate a Villa Certosa con tanto di mini vulcano, un via vai di ragazze strepitose (sono gli anni del bunga-bunga…) e tanta musica, la sua passione (Silvio suona il piano) “e il profumo di mirto nell’aria”. L’immagine dei due colbaccati è simbolica. Consacra l’amicizia tra il premier italiano e il presidente russo: l’empatia è reciproca.

Berlusconi è consapevole che l’enigmatico capo del Cremlino è un leader determinato e visionario, e poi sta stringendo con lui un patto per portare in Italia gas e petrolio, senza dimenticare tutta una serie di accordi economici e bancari che faranno respirare la boccheggiante economia italiana. Nell’agosto del 2004, Putin riceve Berlusconi che accetta Gazprom come fornitore dell’Eni a prezzi ridotti, in cambio di un sostegno politico alla Russia. Il patto tra i due funziona. Vladimir ammira Silvio perché lo ritiene il primo reale politico postmoderno, e perché fin da subito ha capito quanto strategica possa essere la stretta relazione con un Paese occidentale (lo farà anche con Schroeder, l’ex Cancelliere tedesco). Un cavallo di Troia.

Putin accetta gli inviti di Berlusconi che lo ospita alla Certosa, una delle sue ville sarde. Anzi, secondo i reporter locali, gliene avrebbe venduta una, tramite un prestanome, e qualcuno afferma di aver visto le figlie del presidente russo, ma anche tanti altri oligarchi, pendolari tra la Costa Smeralda e la Costa Azzurra. Il legame, col passare degli anni, si consolida, nonostante i diversi percorsi politici e, nel caso di Berlusconi, nonostante le sue disavventure giudiziarie. Sono anni difficili, complessi, drammatici: Putin si trasforma inesorabilmente in una sorta di zar dispotico e avvia una crociata ideologica contro l’Occidente. Come scrive il The Guardian, è un passaggio che porta la Russia (un tempo Putin l’aveva definita “parte inalienabile dell’Europa”) alla rottura attuale con l’Unione Europea e che la condanna all’isolamento.

Durante la mia corrispondenza a Mosca ho potuto constatare la complicità che serpeggiava tra i due. A cominciare dal famoso lettone regalato da Putin a Berlusconi (sistemato a Palazzo Grazioli), allusione alla “portata” del mobile… o alle feste segrete nei dintorni di Mosca… i gossip erano un tormento, per noialtri giornalisti ogni volta che Berlusconi capitava in Russia. Un giorno, a Soci, al termine di un incontro bilaterale, eravamo riusciti a bloccare Putin e Berlusconi mentre uscivano dalla riunione (a porte chiuse). Conservo un video in cui pongo un paio di domande a Berlusconi, ma è Putin che risponde, tanto per far capire chi era che tirava le fila… pochi minuti dopo, Putin e Berlusconi salgono in auto, una Mercedes nuova di zecca. Vladimir, col golf di cachemire annodato al collo sopra una camicia azzurra di marca italiana, ordina all’autista di scendere dall’auto, perché vuole mettersi al volante. Mi sbircia. Io lo scambio per un saluto e ricambio. Berlusconi, in blu, si siede al suo fianco. Putin dà gas, poi punta la Mercedes nella mia direzione. Non sterza. Allora penso che voglia investirmi. Non lo fa, all’ultimo scarta quel tanto che basta per sfiorarmi. Una bullata. Putin da giovane era un bullo. Faccio in tempo a vederlo sogghignare, mentre Berlusconi mi scaglia una velocissima occhiata di rimprovero. Alexei, il mio interprete, pallido come uno straccio, mi dice con voce tremante: “Leo, che hai fatto al Capo?”. Semplice, ho fatto quel che ogni giornalista deve fare. Porre domande sgradite.

Domande che forse, ma troppo in ritardo, lo stesso Berlusconi si è posto dopo lo scoppio della guerra: “Non posso e non voglio nascondere di essere profondamente deluso e addolorato dal comportamento di Vladimir. Putin, l’avevo conosciuto vent’anni fa, e mi era sempre parso un uomo di grande buonsenso, un uomo di democrazia, un uomo di pace. Peccato davvero per quel che è successo”. Era l’aprile del 2022. Sino a quel momento, Berlusconi aveva condannato l’invasione russa, evitando tuttavia di attribuirla esplicitamente a Putin. Del resto, negli ultimi anni aveva continuato a difendere Putin, che invece stava trasformando la Russia in un Paese illiberale con un regime autoritario e repressivo, scagliandosi contro gli oppositori, limitando i diritti civili, sopprimendo le istituzioni che si occupavano della loro tutela (compreso Memorial che cercava di ricostruire storicamente gli anni dello stalinismo e dei gulag), schiacciando la libertà di stampa e d’opinione.

Aveva minimizzato la svolta radicale del Cremlino in politica estera. Peggio: nel 2015 Berlusconi fu il primo leader internazionale a visitare la Crimea appena annessa con un referendum condannato dalla quasi totalità della comunità globale, tant’è che l’agenzia Ria Novosti pubblicò la vignetta di Silvio allo specchio mentre si aggiusta una cravatta coi colori della bandiera russa. Il gesto (deliberato?) irritò la Farnesina renziana, creò grossi problemi alla commissaria europea Federica Mogherini, costretta a fornire spiegazioni sui contraddittori comportamenti degli italiani. Per non parlare di Kiev, che condannò quella visita, sia pure motivata da un omaggio alle vittime italiane della guerra di Crimea, ma quella del 1853… un pretesto, colto al volo da Putin ed enfatizzato dai media russi.

Ma pochi mesi dopo, lo scorso ottobre, qualcosa succede. Forse sono le ripetute telefonate che Silvio e Vladimir si sono scambiati, mentre in Ucraina la guerra infuria. Forse sono le versioni di Putin a far ripensare il capo di Forza Italia. Durante una riunione con i parlamentari del suo partito, in una saletta di Montecitorio, Berlusconi spiega come “è avvenuta la cosa della Russia”. Lui chiede discrezione. Qualcuno, invece, registra di nascosto. Per farla breve, attribuisce ogni responsabilità a Kiev e in particolare a Zelensky. Dice che l’Ucraina ha tradito l’accordo di Minsk, che ha attaccato nel 2015 le due repubbliche del Donbass, i cui dirigenti chiesero quindi aiuto a Mosca, ma Putin era riluttante: “Lui è contrario a qualsiasi iniziativa, resiste, subisce una pressione forte da tutta la Russia”. Allora si inventa un’operazione speciale: “Le truppe dovevano entrare in Ucraina, in una settimana raggiungere Kiev, deporre il governo in carica, Zelensky, eccetera, e mettere un governo già scelto dalla minoranza ucraina di persone perbene e di buon senso”.

La cosa non andò così. L’Ucraina resistette, grazie alle armi e al denaro dell’Occidente, spiega Berlusconi, “la guerra, invece di essere un’operazione da due settimane, è diventata una guerra di duecento e rotti anni”. E conclude: “Non vedo come possano mettersi a un tavolo di mediazione Zelensky e Putin”. Infine, una tiritera che la dice lunga su Silvio: “Nel mondo occidentale non ci sono leader, non in Europa, non negli Stati Uniti. Leader veri non ce ne sono. Posso farvi sorridere? L’unico vero leader sono io”. Putin sapeva che questo era il suo punto debole. L’ultima grande bugia. E l’astuto Putin, maestro degli inganni, lo lusingava, come aveva imparato alla scuola del Kgb: “Hai ragione Silvio…”. All’ultimo compleanno di Berlusconi, lo scorso 29 settembre, gli aveva spedito una “lettera dolcissima”, assieme a venti bottiglie di vodka e Silvio gli aveva risposto con una lettera altrettanto “dolce” e tante bottiglie di Lambrusco. In vino veritas…

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