Una fucilata al torace e una al volto per cancellarne vita e memoria. Non c’è alcun dubbio sulla natura mafiosa dell’agguato nel quale è caduto, venerdì sera, il boss Salvatore Prencipe, in passato al vertice della batteria Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese, uno dei clan egemoni nella Società foggiana durante gli Anni novanta. Lo hanno ammazzato in viale Kennedy, alla periferia della città, a poca distanza dall’abitazione che condivideva con la madre.

I sicari – secondo quanto ricostruito finora – sono arrivati a bordo di una Fiat Grande Punto e hanno aperto il fuoco contro Prencipe, che in quel momento si trovava in auto. Il killer è sceso dalla macchina, ha raggiunto il boss a piedi, ha aperto il fuoco due volte, con grande precisione, ed è fuggito insieme al complice. Prencipe è morto sul colpo mentre i sicari si sono allontanati e poco dopo hanno dato alle fiamme la Punto in una strada periferica del capoluogo dauno. L’indagine è affidata alla Squadra mobile della polizia che ha già raccolto le testimonianze tra i residenti, utili a ricostruire la dinamica dell’agguato al boss, che avrebbe compiuto 59 anni ad agosto.

Nella notte sono stati eseguiti cinque esami dello stub ed altrettante perquisizioni a pregiudicati inseriti nelle batterie dei Moretti e dei Francavilla, clan rivali dei Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese. Ma l’inchiesta si muove anche in direzione del Gargano. Come emerso da recenti indagini, infatti, le batterie foggiane hanno allargato il raggio delle loro alleanze con la mafia garganica ed è stato ricostruito, in alcune occasioni, lo scambio di sicari da parte dei clan per mettere in piedi le loro azioni di fuoco.

Proprio i Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese – attivi soprattutto nel traffico di stupefacenti, nelle estorsioni e nel riciclaggio di denaro in attività commerciali – nel recente passato, come scrive la Direzione investigativa antimafia nell’ultima relazione, hanno “sviluppato sinergie con elementi mafiosi della provincia, in particolare, a Manfredonia con il gruppo ex Romito e ad Orta Nova con esponenti della locale criminalità organizzata”. Sempre la Dia ricorda come a Foggia, dopo un apparente periodo di tregua, gli “equilibri criminali sembrerebbero essere stati destabilizzati dall’esecuzione di alcuni efferati fatti di sangue” che “hanno coinvolto anche esponenti di rilievo della Società foggiana”. Il riferimento è al tentato omicidio di Antonello Francavilla e di suo figlio a Nettuno, nonché agli omicidi di Roberto Russo e Alessandro Scrocco, detenuto in semilibertà assassinato mentre rientrava in carcere. L’11 luglio in viale Candelaro era stato invece assassinato Alessandro Scopece, 37enne con precedenti per droga.

E proprio negli ambienti legati agli stupefacenti, negli scorsi mesi, si erano orientate le indagini che terrebbero insieme la scia di sangue che si è allungata durante il 2022. Ora l’agguato a Prencipe, che dopo la scarcerazione nel 2015 sembrava scomparso dai “radar” criminali. Il boss scampò miracolosamente a un altro agguato compiuto nel pomeriggio del 21 settembre 1999: mentre si trovava davanti un bar di via Fania, insieme ad altri due mafiosi foggiani, una coppia di killer in sella ad una moto sparò all’impazzata nei loro confronti. I tre rimasero illesi mentre un proiettile vagante colpì ed uccise Matteo Di Candia, 62 anni, pensionato incensurato che in quel momento festeggiava il suo onomastico all’interno del locale.

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