“Inadeguato”. Così il Tribunale di Milano ha definito il nuovo sistema di prenotazione online per la richiesta di protezione internazionale a Milano. Si tratta del primo riconoscimento, da parte di un tribunale, che la piattaforma Prenotafacile della Questura non ha risolto i problemi di regolarizzazione dei migranti sul territorio milanese. La bocciatura arriva in risposta a un ricorso presentato da un giovane egiziano che da mesi tentava di mettersi in regola. La prima volta ci aveva provato a fine gennaio, quando nella sezione immigrazione di via Cagni si entrava in 120 a settimana. Aveva trascorso diverse notti all’esterno della caserma Annarumma nella speranza di entrare e prendere un appuntamento per formalizzare la sua domanda. Lasciato fuori, aveva provato altre volte senza successo. Aveva messo nero su bianco gli sforzi con i volontari dell’associazione Naga, che in piena notte raccoglievano le cosiddette “manifestazioni di volontà”, documenti che attestano il fallito tentativo del richiedente di chiedere protezione internazionale. Dopo pec senza risposta, la sua avvocatessa aveva presentato un ricorso d’urgenza il 27 febbraio.

L’azione si era resa necessaria anche perché, per la difesa dell’egiziano, l’impossibilità di formalizzare la richiesta ne perpetuava “il protrarsi della condizione di irregolarità, costringendolo a vivere in condizione di clandestinità ed esponendolo al rischio potenzialmente irreparabile di un rimpatrio nel Paese di origine, oltre ad impedirgli l’accesso alle forme minime di assistenza ed a qualsiasi opportunità di integrazione sul territorio”. Da dicembre, per evitare le lunghe code notturne che si creavano all’esterno, spesso degenerando, a Milano si erano tentate due vie: prima 120 accessi settimanali. Da marzo, si entrava in 240 ogni 15 giorni. Nessuna delle due opzioni però era stata risolutiva. E dal 5 aprile, su pressioni di media, associazioni e politica, la Questura aveva introdotto un sistema informatizzato. Tre le strade possibili: chi aveva un documento avrebbe potuto registrarsi in autonomia su Prenotafacile e prendere un appuntamento, chi non era in possesso di certificati di identità e i fragili si sarebbero rivolti alle sedi convenzionate.

Come già denunciato dalle associazioni che offrono sostegno agli stranieri senza accordi con la prefettura, però, dall’indomani della sua attivazione, la piattaforma era bloccata per chi provava a registrarsi da solo. Sul sito compare tuttora una schermata che segnala l’assenza di appuntamenti disponibili. La cosa ha danneggiato soprattutto i migranti con documenti. Al contrario, le richieste agli sportelli convenzionati sono state ricevute senza intoppi. L’ordinanza che arriva dal Tribunale di Milano certifica proprio questa inefficienza. “Mentre il ricorso era pendente – spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocatessa del Naga Giulia Rescia, che ha visto il parere favorevole del giudice – è stato attivato Prenotafacile ma, essendo il ricorrente un utente che aveva il passaporto, non è riuscito a prendere l’appuntamento per la presentazione della domanda in quanto non ci sono date disponibili. Questo è quello che è stato documentato nel giudizio, che ha definito il sistema ‘inadeguato’”. Il 9 maggio scorso, il giudice ha ordinato alla Questura di ricevere il richiedente nei tempi previsti dalla legge, cioè tre giorni prorogabili fino a 13, a partire dalla sua pronuncia. A oggi, però, il giovane non è stato convocato. Per la legale del Naga, l’essenziale è che al documento seguano i fatti. “Speriamo – dice Rescia – che il ministero si renda conto che, sebbene lo abbia riorganizzato, il metodo non è ancora funzionante. Anche se non è detto che si arrivi a una gestione migliore”. L’appuntamento preso online serve solo a fissare un’altra data per depositare la richiesta e compilare il cosiddetto “modello c3”, che formalizza la domanda. Senza questo primo accesso, però, le persone continuano a essere senza tutele ed espellibili. “Il sistema attuale – spiega l’avvocatessa – fa sì che pur di regolarizzarsi nascondano il passaporto di cui sono in possesso e si rivolgano alle associazioni convenzionate con la Questura. Però sarebbe nell’interesse di tutti che si registrassero con i loro documenti senza che debbano nasconderli”.

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