I miei ricordi di disastri alluvionali risalgono al 1963: il Vajont; al 1966: Firenze; al 1970: Genova. Prima il Polesine, nel 1951. Vista la frequenza degli eventi, noi liceali fummo incoraggiati a scegliere Geologia: dovremo per forza dotarci di un esercito di tecnici che guidi una transizione ecologica verso una gestione non dissennata dell’ambiente, causa di tanti disastri. Anche i terremoti flagellano il nostro paese, che mai ha adottato politiche costruttive che tenessero conto della sismicità. Invece di Geologia scelsi Biologia con indirizzo ambientale, con lo stesso ragionamento: prima o poi dovremo pensare a queste cose. E invece no.

Bastano conoscenze elementari sul ciclo dell’acqua per capire che lunghi periodi di caldo portano a grande evaporazione delle acque oceaniche e che queste, prima o poi, tornano giù: alle siccità seguono le alluvioni. Il proverbio dice: sotto la neve pane, sotto la pioggia fame. La neve sequestra l’acqua e la restituisce gradualmente, garantendo continuità di irrigazione. Lo stesso fanno i ghiacciai. Le piogge torrenziali ci danno la stessa acqua delle grandi nevicate, ma con esiti ben diversi. Pare che l’assenza di neve riguardi solo lo sci, e che si risolva con la neve artificiale. Pura follia.

La neve non c’è più, i ghiacciai si sciolgono, alle siccità seguono le alluvioni. E, ogni volta, ci sorprendiamo, diciamo sempre le stesse cose e non facciamo nulla. La “messa in sicurezza” spesso si realizza con ulteriori colate di cemento che esacerbano i problemi. La ferrovia adriatica è minacciata dall’erosione costiera: problema risolto con una massicciata di centinaia di chilometri che ha trasformato una costa sabbiosa in una finta costa rocciosa.

Abbiamo centinaia di miliardi per la transizione ecologica, ma non c’è una strategia per realizzarla, non c’è un partito che metta l’ambiente al primo posto nei suoi programmi, anche se è al primo posto, in teoria, nel Pnrr. Grillo chiese il Ministero della Transizione Ecologica, assegnandogli molto potere decisionale. Il Ministero dell’Ambiente non contava molto, mentre il Pnrr richiede che tutte le misure passino un vaglio ecologico, che guidi una transizione che dovrebbe essere ecologica.

Il ministro scelto dai 5S oggi guida la più grande fabbrica di armi del paese, il che la dice lunga sulla sua visione del mondo: dalla transizione ecologica è transitato agli armamenti e al nucleare. Immodestamente, mi sentirei di dirigere un Istituto Nazionale della Biodiversità (tranquilli, non lo posso fare: sono in pensione) ma sono inadeguato persino come usciere presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

Grillo aveva ben chiaro cosa fare, ma aveva idee confuse su come farlo, e a chi affidare il compito. Il Pd non si è mai curato di ambiente, e la questione ambientale non è nelle corde della destra anche se, a onor del vero, l’istituzione di un Ministero del Mare indica una volontà di prendersi cura di una porzione del nostro “territorio” mai considerata in modo serio dalle nostre politiche di sviluppo.

Non dico che il 40% degli italiani che non votano voterebbe un partito di competenti che si prefigga di armonizzare l’economia con l’ecologia, ma penso che moltissimi giovani si riconoscerebbero in posizioni del genere. Il partito, però, non c’è.

Mi occupo di biodiversità ed ecosistemi, e ho letto con attenzione le linee guida in base alle quali la Commissione Europea ci ha assegnato fondi ingentissimi. Dicono che la biodiversità deve essere trasversale a tutte le iniziative. Ne sentite mai parlare? Quanto è presente nei dibattiti politici? Certo, l’abbiamo messa nell’art. 9 della Costituzione, assieme agli ecosistemi, l’altro pilastro della transizione ecologica, ma questi concetti non fanno parte della nostra cultura, non sono approfonditi nei percorsi di formazione, e sono considerati “romanticherie” quando si passa alle cose serie.

Le cose serie ci dicono che questa ignoranza ci sta costando vite umane e ingentissimi costi economici: non ci può essere buona economia senza buona ecologia. Giorgio Almirante era un fine polemista e, pur essendo agli antipodi del suo pensiero, lo ricordo con ammirazione quando diceva a incauti interlocutori: lei è un ignorante… nel senso che ignora… e poi passava a spiegare quel che l’interlocutore non sapeva, dimostrandosi ignorante. La nostra classe politica è ignorante, in campo ambientale. E quindi abbiamo politici ignoranti che affrontano un compito, la transizione ecologica, che esula dalle loro competenze. Ognuno ha il governo che si merita, in democrazia: l’ignoranza degli eletti è il prodotto dell’ignoranza degli elettori. Se affideremo la transizione ecologica agli ignoranti avremo toppe peggiori del buco.

Costruire un’offerta politica che non c’è non è semplice, anche in presenza di una forte domanda di competenze. Il miracolo del M5S che, dal nulla, ha vinto le elezioni, non è facilmente replicabile. Un bacino elettorale potenziale non trova espressione, e non si tratta di destra o sinistra: l’incompetenza è trasversale. Madre Natura è, appunto, una mamma. Le mamme non sono di destra o di sinistra. Senza mamme non c’è futuro, come non ce n’è se devastiamo Madre Natura. Credo che l’ignoranza ambientale sia il problema numero uno, e non mi viene in mente un problema numero due.

Diceva Don Abbondio: “Certo il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”, e lo stesso vale per le competenze in campo ecologico: non vengono dal nulla.

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