Tensione alle stelle sulla proposta di regolamento sugli imballaggi che ha l’obiettivo di ridurre il packaging eccessivo e di rendere tutto il resto riutilizzabile o riciclabile entro il 2030. Nei giorni scorsi, Coldiretti ha lanciato l’allarme sul rischio “di cancellare dagli scaffali dei supermercati l’insalata in busta, i cestini di fragole, le confezioni di pomodorini e le arance in rete” con un effetto “dirompente sulle abitudini di consumo degli italiani e sui bilanci delle aziende agroalimentari”. Diversi eurodeputati, invece, hanno posto altre questioni. Come Massimiliano Salini (Fi-Ppe), relatore ombra del nuovo regolamento imballaggi, secondo cui “sono in gioco posti di lavoro, tenuta delle imprese e sostenibilità ambientale”. Ma la proposta della Commissione Ue è stata presentata il 30 novembre 2022, quindi non è una novità. Le buste di insalata? È vero che tra le restrizioni all’uso di alcuni formati di imballaggio (proposta sempre di novembre, ndr) ci sono anche le confezioni monouso per frutta e verdura di peso inferiore a 1,5 chilogrammi, ma nell’allegato V della normativa si spiega bene che questo non avverrà nel caso “sia dimostrata la necessità di evitare perdite di acqua o turgore, rischi microbiologici o urti”. Sono altre le novità degli ultimi giorni, come la proposta di modifica delle singole Commissioni del Parlamento Ue rispetto alla proposta originaria della Commissione Ue.

L’iter in corso per arrivare al trilogo a fine 2023 – Il 4 maggio scorso, infatti, la Commissione Ambiente (Envi) ha presentato una bozza di relazione sul testo di Bruxelles, chiedendo diverse modifiche. A illustrarla è stata Frédérique Ries, eurodeputata centrista belga del Movimento riformatore (parte del gruppo Renew). Un iter che devono seguire anche le commissioni Industria, Agri e quella per il Mercato Interno. I membri delle rispettive commissioni, poi, propongono ulteriori emendamenti. La Commissione Envi voterà a settembre, mentre a ottobre il testo arriverà in plenaria per il voto che dovrebbe sancire la posizione ufficiale del Parlamento Ue. Poi si apriranno i negoziati del trilogo tra Parlamento Ue, il Consiglio che rappresenta la posizione degli Stati membri e la Commissione, che punta a chiudere la trattativa entro le elezioni europee del 2024. Insomma, quelli in corso, sono passaggi intermedi ma danno l’idea di quasi sono le principali questioni al centro della discussione.

Le spaccature tra gli eurodeputati – Diversi, infatti, i punti critici che dividono non solo le posizioni dell’Esecutivo europeo da quelle di Strasburgo, ma anche gli stessi europarlamentari. Non è certo una novità, dato che alcuni arrivano da Paesi particolarmente avanti in alcune industrie. Basti pensare all’industria degli imballaggi e al riciclo in Italia. A riguardo, vale la pena ricordare che la proposta pubblicata dalla Commissione era già stata rivista al ribasso rispetto alle prime bozze, perché passata attraverso polemiche e pressioni delle lobby. Tanto che in conferenza stampa il vicepresidente con delega al Green Deal, Frans Timmermans, aveva chiesto di dire qualcosa in italiano, facendo intendere da quale Paese fossero arrivate le pressioni maggiori. Anche perché si discute di un regolamento, ossia un atto legislativo vincolante che sarà applicato nell’intera Unione europea, senza necessità di essere recepito, cosa che avviene con le direttive e che ha permesso, per esempio, di apportare dei ‘ritocchi’ nel caso della direttiva Sup, sulla plastica monouso. Altra ragione per cui il Parlamento europeo si è diviso in due schieramenti: da un lato Verdi ed Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D), dall’altro Partito popolare europeo (Ppe) e Conservatori e riformisti europei (ECR). Alla base dei principali punti critici in discussione ci sono visioni diverse che riguardano, per esempio, l’importanza che si debba dare al riutilizzo (che i conservatori vorrebbero limitare a favore del riciclo) e il ruolo che gli imballaggi a base di carta dovrebbero svolgere nella sostituzione della plastica e di cui alcuni gruppi sono particolarmente preoccupati, per via delle conseguenze sulle foreste.

Gli obiettivi di riutilizzo – Ed è così che la Commissione Ambiente dell’Europarlamento chiede la rimozione di diversi obiettivi di riutilizzo degli imballaggi per il cibo e le bevande d’asporto. Nella proposta originaria di Bruxelles, i target prevedevano che il 20% delle vendite di bevande da asporto dovesse essere fornito in imballaggi riutilizzabili o ricaricabili entro il 2030, percentuale che sarebbe salita all’80% nel 2040. Per il cibo da asporto, l’obbligo di packaging riutilizzabile sarebbe, invece, del 10% al 2030 e del 40% al 2040. La Commissione Ambiente suggerisce, poi, di spostare l’obbligo di ricarica (re-fill) dal produttore al distributore, sul modello di Spagna e Austria che prevedono obiettivi di riutilizzo obbligatori solo per il distributore finale e obiettivi indicativi per il produttore. E qui si gioca tutta la partita tra riciclo e riuso (difeso da S&D e Verdi) anche se, come ha già spiegato la Commissione Ue, l’una non esclude l’altra.

Gli obiettivi specifici per gli imballaggi in plastica – La Commissione Ambiente dell’Europarlamento propone l’introduzione di nuovi target di riduzione specifici per gli imballaggi in plastica pro capite, in aggiunta a quelli che dovrebbero valere per tutti i packaging. Diverse le critiche rispetto alle riduzioni del 10% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2018), del 15% entro il 2035 e del 20% entro il 2040. Anche in questo caso è netto contrasto tra gli europarlamentari che suggeriscono di ‘trattare diversamente’ carta e plastica, mentre altri (come il parlamentare di Renew Pascal Canfin) mettono in guardia contro l’eccessivo affidamento sulla carta. A riguardo, in audizione in Parlamento sul regolamento, Greenpeace Italia ha recentemente ricordato che tre miliardi di alberi vengono abbattuti in tutto il mondo per soddisfare la crescente domanda di imballaggi di carta. Secondo i dati Eurostat, nel 2020, nell’Ue sono stati prodotti 10 chilogrammi di rifiuti pro capite in più derivanti da imballaggi in carta rispetto al 2012, passando da circa 63 a 73 chilogrammi. Restando sulla plastica, la Commissione Envi chiede anche un limite all’uso buste di plastica leggera (tra 15 e 50 micron di spessore) e molto leggere (meno di 15 micron) che “sono in continuo aumento”. Si chiede, poi, di fissare obiettivi di contenuto riciclato degli imballaggi in plastica da raggiungere entro il 2030, ma anche di valutare l’estensione dell’obbligo di contenuto di riciclato ad altri materiali, per evitare una concorrenza sleale di altre industrie. Per quanto riguarda bioplastiche e imballaggi compostabili, si sollecita la revisione della norma europea (EN 13432) che stabilisce quali caratteristiche un imballaggio debba possedere per potersi definire biodegradabile e compostabile per chiarire meglio i requisiti “in relazione, ad esempio, a tempi di compostaggio, livelli di contaminazione consentiti e altri requisiti necessari per consentire un adeguato trattamento negli impianti dei rifiuti organici”.

Dalla differenziata al deposito cauzionale – La Commissione Envi propone un obiettivo di raccolta differenziata del 90% per il 2029 per tutti i tipi di imballaggi contemplati dalla proposta legislativa, non più solo per le bottiglie di plastica per bevande, ai sensi della direttiva sulla plastica monouso. E poi c’è il tema del deposito cauzionale (DRS). Secondo la proposta di regolamento della Commissione Ue, per evitare l’obbligo di istituire un sistema DRS, un paese membro dovrebbe raggiungere una raccolta di almeno il 90% dei rifiuti da imballaggi, ma la Commissione Ambiente chiede di scendere all’85%, mentre viene chiesto di dare la possibilità ai produttori che contribuiscono al sistema cauzionale di acquistare una quota di materiale riciclato da reintrodurre nei loro imballaggi. Si propone, poi, di mettere al bando l’uso di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nei contenitori da alimenti, come già fatto dalla Danimarca e come si appresta a fare il Belgio.

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