di Carmelo Sant’Angelo

Nel film Good bye, Lenin Christiane vive nella Germania dell’Est e cade in coma poco prima della caduta del muro di Berlino. Quando si risveglia i figli si adoperano perché non scopra che il paese è finito nelle mani dei capitalisti. Una commedia amara ed esilarante, che suggerisce di nascondere la verità o fingere di non vederla. Il ruolo di Christiane è oggi interpretato dalla classe politica al governo, che, a causa di una ferita non rimarginata, è ferma al secolo scorso, ostinandosi a non voler vedere i cambiamenti avvenuti nella società.

Già nel 1909, con lungimiranza, il giurista Santi Romano, nella prolusione pisana, rappresentava l’eclissi dello Stato moderno di fronte al fluire “della vita sociale”. La minaccia proveniva da quelle spinte vigorose presenti nella società, sostenute da una miriade di corpi intermedi e interessi particolari che esercitavano una pressione sempre più violenta sulle risalenti architetture dello Stato liberale ottocentesco. E’ la fine dello Stato come ente monolitico che, contestualmente travolge il primato della politica sulle altre sfere sociali, quella economica e culturale. Solo nell’ottica della pretesa primazia della sfera politica sulle altre è possibile inquadrare le boutade della destra di governo: crociata contro i forestierismi; l’occupazione che si crea per decreto (basta abolire il reddito di cittadinanza); le pene spropositate per educare frequentatori di rave e screanzati ambientalisti; la difesa dell’identità e dell’etnia dagli assalti centripeti degli immigrati; l’istituzione di reati universali da far valere sul “globo terracqueo”…

Tutte espressioni che indicano la volontà di non rassegnarsi di fronte ad un’evidenza: il potere politico, da decenni, si è illanguidito e al governement (cioè, la regola calata dall’alto) è subentrata la governance (cioè, il processo di tipo negoziale per cui individui e istituzioni pubbliche e private cooperano alla risoluzione dei problemi comuni). La governance segna la vittoria del mercato sulla sfera politica ed è un fenomeno che ha inizio dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale, quando si concepirono le istituzioni di Bretton Woods per promuovere lo sviluppo del capitalismo a livello planetario.

Alle regole di hard law, il diritto duro tipico del government, che contempla solo divieti ed imposizioni ed esclude i destinatari del precetto dalla loro formulazione, sono subentrate le regole di soft law, così definite perché formulate con il concorso dei loro destinatari e concepite come insieme di proposizioni persuasive.

A fronte di questa rivoluzione copernicana avvenuta a metà del secolo scorso il governo imperterrito pensa ancora di poter calare le regole dall’alto. Le regioni vengono semplicemente avvisate, tra l’altro con un breve anticipo, della imminente dichiarazione dello stato di emergenza. Atteggiamento camaleontico per una coalizione che sta licenziando un testo sull’autonomia differenziata! I corpi intermedi vengono convocati solo per ricevere delle comunicazioni. Ondivago, invece, il comportamento dell’esecutivo con gli organismi sovranazionali, con cui alterna condotte ossequiose (con il cappello in mano) e spavalde (con la lancia in resta).

Non è così che la politica può prendersi le sue rivincite sulle altre sfere sociali. Anche a mio avviso servirebbe reagire alla prepotenza del mercato con un’opera della politica tesa a riequilibrare la debolezza sociale di quella parte che subisce il processo di governance. La rivincita dovrebbe passare dall’attuazione del principio di parità sostanziale (art. 3 Cost.), il solo a consentire la promozione dell’emancipazione individuale e sociale. Questo è il disegno condiviso da tutte le costituzioni antifasciste del sud Europa, che non si limitano a prescrivere la democrazia politica, ma pretendono anche quella economica. Inutile aggiungere che, stando così le cose, non abbiamo alcuna speranza: siamo in presenza degli interpreti meno fedeli dello spirito costituzionale.

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