Sono ormai più di 50 anni che cammino, arrampico, scio in montagna. Praticando in particolare l’escursionismo ho avuto modo di apprezzare la cura dei sentieri ad opera delle associazioni di volontari, che siano CAI o FIE o altre. Tanto che mi domando anche spesso quando li percorro quale sarà il loro futuro, visto che senza l’opera dei volontari i comuni montani spesso non provvederebbero e non provvedono alla manutenzione per carenza di fondi e di visione.

Ma sentieri e mulattiere, oltre che essere testimoni di un’antica civiltà, sono anche opere delicate che possono degradarsi se utilizzate malamente. È quello che sta accadendo con il passaggio delle biciclette, specie quelle con pedalata assistita, che consentono di frequentare percorsi prima inimmaginabili, e specie quando utilizzate in discesa (downhill), spesso anche fuori dai percorsi pedonali, purtroppo. Oltre ad essere pericolose per gli escursionisti, esse creano profonde tracce sulla terra, tracce che diventano canali di ruscellamento dell’acqua, innescando piccoli fenomeni di dissesto.

È uno degli argomenti di cui giorni addietro ho parlato con un caro amico, valente alpinista, il quale mi ha confessato di avere segnalato la questione alla presidenza del CAI affinché prendesse posizione al riguardo. Una battaglia in realtà di retroguardia, visto che il CAI ha persino una propria commissione Cicloturismo. Ma la nostra posizione appare vieppiù di retroguardia se si leggono le modifiche dell’articolo 59 della legge regionale lombarda 31/2008 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale) così come modificato nel dicembre 2022, dove, per quanto riguarda la viabilità, sentieri e mulattiere vengono equiparati alle strade agrosilvopastorali.

E cosa è previsto al riguardo? “Sulle strade agro-silvo-pastorali, sulle mulattiere e sui sentieri è vietato il transito dei mezzi motorizzati, ad eccezione di quelli di servizio e di quelli autorizzati in base al regolamento comunale di cui al comma 1”. Comma 1 che consente ai comuni di emanare regolamenti locali con cui invece il transito può essere consentito. In pratica, secondo la regola che è vietato tutto ciò che non è permesso, ogni comune potrà consentire ai mezzi motorizzati di percorrere sentieri e mulattiere.

Un recente articolo di Paolo Pileri su Altreconomia conferma che questa dev’essere l’interpretazione da dare alla norma regionale, confortato in tal senso dalle dichiarazioni rilasciate dal consigliere firmatario Alex Galizzi e dall’ex capogruppo leghista in Consiglio regionale, Andrea Monti: “I Comuni potranno così trasformare le ‘strade del degrado’ in percorsi per e-bike, monopattini off-road, motorini o moto fuoristrada, allontanando i ragazzi dalle cattive tentazioni quali la droga e nel contempo potenziando e valorizzando strategie turistiche e sportive che ridaranno ai cittadini quegli spazi che spettano loro di diritto”.

Quindi i sentieri sarebbero “strade del degrado” (complimenti!) e se i ragazzotti non vanno con quad e enduro sui sentieri finisce che si bucano… Ma senza buttarla in ridere, queste persone hanno idea di cosa possa significare aprire a mezzi motorizzati sentieri di montagna e mulattiere? In termini di pericolo per gli escursionisti, in termini di rumori per la fauna, in termini di dissesto del territorio, in termini di inquinamento ambientale.

Probabilmente questa gente in montagna non ci va, perché se ci andasse capirebbe il valore inestimabile della solitudine, della pace, dell’armonia con la Natura.

Ma c’è di più. Come si relaziona questa disposizione normativa con l’art. 2 del D.M. 28 ottobre 2021 relativo alla viabilità forestale che afferma: “La viabilità forestale e silvo-pastorale e le opere connesse come definite al successivo art. 3 sono vietate al transito ordinario e non sono soggette alle disposizioni discendenti dagli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Le regioni disciplinano le modalità di utilizzo, gestione e fruizione tenendo conto delle necessità correlate all’attività di gestione silvo-pastorale e alla tutela ambientale e paesaggistica”?

Ma più in generale mi domando come una disposizione del genere si coniughi con l’art. 9 della Costituzione e ancor più in generale con la tanto declamata transizione ecologica. La realtà, quella vera, è che in nome di una supposta libertà si consente da tempo e si consentirà sempre più al cittadino di fare ciò che vuole, e chissenefrega del prossimo o dello scoiattolo. Ormai il tangibile degrado dei rapporti umani e del rapporto uomo/Natura.

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