Il nuovo taglio del cuneo fiscale previsto dal governo Meloni nel Def per sostenere il potere d’acquisto ma contribuire al tempo stesso alla “moderazione della crescita salariale” varrà in media 200 euro all’anno. Poco più di 16 euro al mese. Parola di Bankitalia, che in audizione sul documento ha quantificato in questi termini, utilizzando il suo modello di micro-simulazione, il beneficio dell’intervento che si sommerà alle riduzioni già in vigore pari al 3% per chi ha redditi sotto i 25mila euro lordi e al 2% tra 25mila e 35mila euro. Il calcolo, che mette a nudo quanto poco valgano 3,4 miliardi se spalmati sui tanti contribuenti con redditi bassi, non è piaciuto al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Che, audito a sua volta poche ore dopo, ha replicato stizzito: “Credo sia qualcosa di significativo e non i 15 euro di cui parla la Banca d’Italia, di cui ho massimo rispetto ma di cui mi riprometto di verificare le fonti“.

Via Nazionale ha fatto i conti partendo dalle ipotesi di invarianza delle soglie di applicazione già in vigore e di avvio dei nuovi sgravi dal prossimo maggio. Sul primo punto però il Def non dà indicazioni. Il beneficio finanziato con la differenza tra il deficit/pil tendenziale (quello a politiche invariate) e il valore programmatico potrebbe ovviamente valere di più nel caso venga abbassata la soglia di reddito sotto la quale si applicherà. Comunque si parla di guadagni netti mensili nell’ordine di poche decine di euro. Che si sommeranno alle riduzioni precedenti e potranno così arrivare a 40-50 euro per i redditi bassissimi che salgono a un’ottantina per quelli di 25mila euro. Per i sindacati e pure per Confindustria è di gran lunga troppo poco.

Giorgetti ha garantito che la misura non sarà una tantum ma “sarà prioritaria anche in futuro”. La premier Giorgia Meloni ha infatti promesso che entro fine legislatura il cuneo sarà tagliato di 5 punti per tutti, come ribadito in queste ore dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. La sola proroga dei tagli attuali più quello che dovrebbe scattare da maggio costerà però per il 2024 una decina di miliardi, che si sommeranno alle risorse da trovare per le politiche invariate e per eventuali ulteriori interventi, come rilevato sia dalla Corte dei Conti sia dall’Ufficio parlamentare di bilancio.

Sembra quindi molto complicato che ci siano coperture per un maxi intervento fiscale a favore delle famiglie con figli come quello evocato mercoledì dalla Lega (e bocciato da opposizioni e sindacati). Non a caso Giorgetti ha frenato: “Ho letto diverse proposte e idee, ne possiamo discutere e non sono così sciocco da pensare che solo un incentivo fiscale possa produrre un significativo effetto sulla natalità. Quello che dobbiamo fare è rimuovere gli ostacoli e i disincentivi. Non possiamo tassare allo stesso modo chi è single e chi ha una famiglia con figli perché evidentemente chi ha dei figli ha dei costi che in qualche modo alterano il concetto della progressività del carico fiscale”.

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