“In questa vicenda mi sembra evidente il ruolo decisivo degli apparati di sicurezza, che non hanno reso effettiva la misura cautelare. Ma anche la decisione dei magistrati di concedere i domiciliari è del tutto discutibile”. Enrico Zucca è noto per essere stato il pm simbolo del processo sulle violenze alla scuola Diaz durante il G8 di Genova. Da oltre dieci anni, però, si è trasferito alla Procura generale del capoluogo ligure, dove si è specializzato in materia di estradizione e ha gestito molte richieste provenienti da Mosca. Al fatto.it dà la sua lettura del caso di Artem Uss, quarantenne imprenditore russo arrestato in Italia su mandato Usa ed evaso dai domiciliari subito dopo la sentenza che ne autorizzava la consegna. Proprio a Genova, peraltro, due anni fa si era verificato un episodio simile, la fuga di un cittadino svizzero ricercato da Washington per il furto di un’auto rarissima. È uno dei sei precedenti citati dal Dipartimento di Giustizia nella nota inviata a Roma per avvertire sull'”elevatissimo pericolo” che l’oligarca, figlio di un governatore siberiano molto vicino a Vladimir Putin, si desse alla macchia con l’aiuto dei servizi, com’è poi accaduto.

Il governo accusa la Corte d’Appello di Milano di aver concesso i domiciliari con troppa leggerezza. Ha ragione?

Probabilmente non è stato soppesato bene il rischio di una fuga che doveva essere considerato nell’attuale contesto internazionale, con gli interessi che si muovono in un caso del genere. Ritenere che Uss fosse radicato in Italia perché aveva comprato casa a Basiglio (un comune alle porte di Milano, ndr) appare azzardato. È il pane quotidiano in questi casi: all’avvicinarsi dell’estradizione, gli indagati con grosse disponibilità di denaro acquistano o affittano immobili per cercare di ottenere i domiciliari, convincendo dell’assenza del pericolo di fuga. Non si tratta di essere più o meno garantisti: nelle estradizioni la custodia cautelare si valuta con criteri diversi da quelli dei procedimenti penali. E la Corte europea dei diritti dell’uomo ha chiarito che la custodia in carcere è sempre giustificata, anche se in teoria potrebbe bastare una misura meno pesante. Insomma, è stata fatta una valutazione molto benevola. Una scelta legittima ma discutibile, considerando il soggetto di cui si trattava.

I giudici rispondono che il ministero della Giustizia poteva chiedere il carcere, ma non lo ha fatto.

Il ministero ha esercitato il suo potere d’impulso chiedendo il mantenimento della misura già applicata, come previsto dalla legge. Da quel momento la misura cautelare è esclusivamente nelle mani delle parti processuali. Il ministro avrebbe potuto chiederne una nuova solo dopo la sentenza favorevole all’estradizione. Secondo l’orientamento prevalente della Cassazione, però, non sarebbe stata una richiesta vincolante. E in ogni caso non sarebbe servita a nulla, visto che l’indagato è fuggito poche ore dopo. Il tempo materiale per formulare una richiesta e per la decisione non ci sarebbe neppure stato. Le mancanze vanno cercate altrove.

Cioè?

Lascia perplessi che la sorveglianza di un ostaggio di questo calibro sia stata affidata, apparentemente, ai soli carabinieri della stazione di Basiglio. Siamo praticamente in guerra e Uss è un oligarca russo con relazioni ad altissimi livelli che doveva essere estradato negli Stati Uniti. Una merce di scambio perfetta. Qualcuno può pensare che con il via libera alla consegna non avrebbe tentato di fuggire? Non sarebbe stato il caso di stringere un cordone di protezione attorno a quell’ostaggio? Questura, Digos, servizi potevano ignorare cosa stava accadendo? O ritenerlo una piccola faccenda tra Stati Uniti e Federazione russa?

La nostra intelligence dice che né la Cia né i servizi di altri Paesi l’avevano avvertita.

Credo che però leggessero i giornali. Gli interessi e le attenzioni degli apparati di sicurezza e delle forze dell’ordine si attivano ben presto – e in via preventiva – anche per uno stormir di fronde, sugli obiettivi che si ritengono sensibili. Perché questo caso non sia stato considerato degno di attenzione, nonostante le sue potenzialità di incidere sulle relazioni internazionali, è forse una domanda che dovrebbe essere posta.

Su Uss pendeva anche una richiesta di estradizione da Mosca, per un’ipotesi di malversazione.

Anche questo è un classico, una manovra che i russi fanno spesso per mettere in difficoltà i governi esteri, che così devono trovare un modo per negare la consegna. E non è semplice, perché la Russia – pur essendo uscita dal Consiglio d’Europa e quindi dalla Cedu – aderisce tuttora alla Convenzione europea sull’estradizione che ci vincola nei suoi confronti.

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