di Giulia Capitani, Policy Advisor su immigrazione e asilo, Oxfam Italia

Con la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale il governo Meloni aggiunge un nuovo tassello al teatro dell’assurdo che ormai mette in scena da mesi nella gestione delle politiche migratorie.

L’affermazione del ministro Musumeci di martedì pomeriggio lascia di stucco: “C’è una condizione di assoluta emergenza”, la quale però “non è un fatto nuovo, ed è destinato a non esaurirsi almeno per i prossimi dieci anni”. Come può una condizione di “assoluta emergenza” essere un fatto già noto da tempo, e placidamente considerato parte del futuro del paese almeno nel medio periodo?

Siamo dunque di fronte a un governo che ammette platealmente di aver perso il controllo di una situazione strutturale, prevista e prevedibile, e di aver bisogno di ricorrere a leggi e procedure speciali per normarla. Da oltre trent’anni l’Italia è al centro dei flussi migratori che attraversano il Mediterraneo – spesso tra l’altro solo come Paese di transito e non di destinazione – accogliamo meno della metà dei migranti che accoglie la Francia, siamo al quindicesimo posto in Europa per numero di richiedenti asilo per abitante, ma non importa: il governo entra ufficialmente nel panico o piuttosto, cerca di farci entrare l’opinione pubblica.

Una strategia per distrarre l’attenzione dal probabile fallimento sul Pnrr?

Non sorprende infatti che la dichiarazione di allarme generale sull’immigrazione arrivi proprio nei giorni in cui si sta discutendo del probabile fallimento relativo all’utilizzo ai fondi del Pnrr, e in perfetta concomitanza col licenziamento del primo Documento di Economia e Finanza, a firma Meloni. Che si tratti dell’ennesima misura propagandistica, è evidente anche dalla scarsissima dotazione in termini di fondi: quale stato di emergenza richiede appena 5 milioni di euro per essere gestito?

Ma intanto l’allarme è lanciato: media e social esplodono di commenti di ogni tipo tralasciando questioni ben più importanti, si provvede alla nomina dell’ennesimo Commissario Straordinario della storia del nostro Paese, si potrà andare in deroga a buona parte delle leggi attuali allargando i poteri del Viminale, già smisuratamente ampi per quanto riguarda la vita di migranti e rifugiati. Giova qui ricordare che lo stato di emergenza, applicato peraltro spessissimo in Italia, non è previsto dalla Costituzione, e che i poteri di ordinanza del Commissario Straordinario si esprimono attraverso atti amministrativi sottratti al controllo del Parlamento. Difficile immaginare che questo riporti chiarezza e trasparenza nella gestione del fenomeno migratorio.

Nessuna assunzione di responsabilità, ma tante domande aperte

Nessuno sembra intenzionato a ricordare al governo le proprie responsabilità. Ma di fronte a questa ennesima scelta insensata, tante domande restano aperte. Chi, se non il Ministero dell’Interno, ha il potere di programmare e rinforzare il sistema di accoglienza, se davvero necessario? Chi deve prendere la decisione, almeno come risposta di brevissimo respiro, di adeguare strutturalmente il centro di accoglienza di Contrada Imbriacola a Lampedusa, per evitare che, una sera sì e una no, i principali notiziari gridino al collasso perché non ci sono abbastanza posti?

Perché si sceglie invece di non investire su questo, e di spendere oltre 42 milioni di euro di soldi pubblici per l’ampliamento della rete dei Centri per il Rimpatrio, che come è noto sono luoghi di sospensione del diritto, per di più sostanzialmente inutili ai fini dell’allontanamento delle persone dal territorio? Perché non utilizzare per la promozione dell’accoglienza diffusa e dell’integrazione sociale e lavorativa dei migranti, anche solo una parte di quei 44 milioni di euro che negli ultimi sei anni abbiamo invece regalato alla Guardia Costiera Libica, perché li riportasse nei centri di tortura nordafricani?

E, al di là di ogni considerazione umanitaria, a cosa servono i miliardi di euro spesi nell’esternalizzazione del controllo delle frontiere delegata a Paesi terzi, se in questi mesi gli sbarchi sono triplicati rispetto all’anno scorso?

Un’emergenza indotta

Anche se l’obiettivo di destabilizzazione e di polarizzazione del dibattito pubblico è presto smascherato, provoca forte indignazione che i rappresentanti del governo gridino all’emergenza, quando sono proprio i loro atti a provocarla. A questo proposito, non deve passare inosservato che in questi giorni si discutono in Commissione Affari Costituzionali al Senato gli emendamenti al “Decreto Cutro”, altro capolavoro di studiata insipienza di questo Esecutivo. Una norma che nasce ufficialmente per rispondere a una delle tante stragi di richiedenti asilo in viaggio nel Mediterraneo, questa volta semplicemente avvenuta troppo vicina alle nostre coste per poterla ignorare.

E che in realtà mette insieme provvedimenti eterogenei, o inutili o dannosi, senza nessun legame logico con la situazione a cui si pretende di rispondere.

Non c’è nulla di efficace sulla prevenzione delle tragedie in mare, tranne la creazione di una nuova fattispecie di reato, “morte o lesioni in conseguenza di traffico di esseri umani”, che forse avrà come unico esito quello di comminare pene sproporzionate agli eventuali presunti scafisti, mentre chi gestisce davvero il traffico di esseri umani resta indisturbato, e di sicuro non si mette in mare su barchini destinati ad affondare. Si limitano le garanzie di ricorso per i richiedenti asilo in caso di diniego. Si attacca la protezione speciale, che aveva in parte attutito il disastroso impatto dell’abolizione della protezione umanitaria voluta da Decreti Salvini, in seguito alla quale il paese si era riempito di migranti improvvisamente irregolari, senza più diritto all’accoglienza né possibilità di lavorare. Si cerca poi di coprire tutto con il manto della ragionevolezza attuando piccole modifiche al decreto flussi, dimostrando di non avere compreso che l’unica soluzione per gestire efficacemente gli ingressi per lavoro è abolire tale norma, e passare a un sistema che consenta l’ingresso per ricerca lavoro e la regolarizzazione su base individuale di chi abbia trovato un datore di lavoro disposto ad assumerlo.

A questo quadro già preoccupante, si aggiungono gli emendamenti presentati dalla Lega, che rasentano l’accanimento non solo contro i migranti, ma contro il buon senso: non convertibilità dei permessi di soggiorno per cure mediche e assistenza minore, aumento dei motivi di cessazione della protezione internazionale, ostacoli per il rilascio di permessi per lavoro ai minori non accompagnati che compiono 18 anni.

Cosa faranno tutti quelli a cui non sarà più possibile chiedere protezione speciale in Questura, o che già ne sono titolari ma non la potranno più rinnovare? E coloro che, pur avendo la possibilità di essere assunti da un datore di lavoro, non potranno farlo perché il loro permesso è di altra natura e non sarà più convertibile? E i neo maggiorenni con il permesso in scadenza?

Eccoli, i tanto paventati “clandestini”: li fabbrica il governo, con le sue leggi. Questa è la vera emergenza.

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