A volte ritornano, o non se ne sono mai andati. Il concetto di “evasione di necessità”, caro a Silvio Berlusconi da almeno una ventina d’anni, rispunta nella delega fiscale che il governo Meloni ha approvato nel pomeriggio. L’articolo 20 destinato alle sanzioni penali, che mancava nelle prime bozze, annuncia l’intenzione di “rivedere i profili relativi alla effettiva sussistenza dell’elemento soggettivo, nell’ipotesi di sopraggiunta impossibilità a far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso”. Questo “al fine di evitare che il contribuente debba subire conseguenze penali anche in caso di fatti a lui non imputabili”, secondo la relazione illustrativa. Le fattispecie dell'”impossibilità” andranno definite nei decreti delegati da varare entro 24 mesi, ma il messaggio è chiaro: chi ritiene di “non poter” pagare sarà libero di procedere senza che scatti la rilevanza penale. Oggi prevista, tra l’altro, solo oltre soglie decisamente elevate dopo il ritocco del 2015: 150mila euro per quanto riguarda la dichiarazione infedele, 50mila per quella omessa, 250mila per l’omesso versamento di Iva e ritenute.

Un liberi tutti i cui rischi sono palesi in un Paese in cui l’evasione fiscale è un fenomeno di massa come dimostra la differenza tra il gettito atteso e le tasse effettivamente pagate, che si aggira sui 100 miliardi all’anno (nel 2020 sono stati meno di 90 ma è stato un anno eccezionale causa Covid). La mossa va nella stessa direzione del condono ad ampio raggio previsto in manovra, che consente a chiunque abbia pendenze con il fisco di cavarsela versando meno del dovuto, e cozza con l’obiettivo dichiarato (articolo 2 del ddl) di ridurre evasione ed elusione anche attraverso la “piena utilizzazione dei dati che affluiscono al sistema informativo dell’anagrafe tributaria, il potenziamento dell’analisi del rischio, il ricorso alle tecnologie digitali e alle soluzioni di intelligenza artificiale” oltre alle usali forme di stimolo all’adempimento spontaneo.

“La bozza non dettaglia a quali reati ci si riferisce: bisognerà capire se è compresa anche l’infedele dichiarazione. Ma di certo la norma genera ulteriore convenienza a evadere”, commenta l’economista e deputata Pd-Idp Maria Cecilia Guerra, ex sottosegretaria al Tesoro. “La difficoltà a pagare esiste e va considerata, ma al momento giusto: un contribuente in quella situazione, dopo aver dichiarato, può chiedere la rateizzazione. Altra cosa è nascondere somme al fisco e poi aspettare di essere eventualmente scoperto, magari sperando che nel frattempo arrivi un altro condono o sanatoria. Per chi arriva a questo punto, la delega già prevede che venga consentito il pagamento in 120 rate senza verifiche sulla disponibilità economica”. L’esclusione del penale in caso di “impossibilità” – valutata in base a quali criteri? – è un passo ulteriore.

La mossa si affianca a una serie di ulteriori ammorbidimenti delle misure repressive, all’insegna dello slogan meloniano “non disturbare chi vuole fare“. Il giudice in sede penale, salvo “congrua motivazione”, sarà per esempio obbligato a “tenere conto delle definizioni raggiunte in sede amministrativa o giudiziale implicanti l’irrilevanza del fatto ai fini penali”, cioè i casi in cui il contribuente aderisce all’accertamento e inizia a pagare magari a rate. Sul fronte amministrativo si preannuncia un “intervento sulla proporzionalità delle sanzioni tributarie, attenuandone il carico e riconducendolo agli standard di altri Paesi europei”. E il quadro si completa con l’alleggerimento delle sanzioni penali per le imprese che aderiscono alla cooperative compliance (se hanno tenuto comportamenti non dolosi) e il già annunciato concordato preventivo biennale con cui le piccole e medie imprese si impegneranno a pagare un forfait ottenendo in cambio l’azzeramento dei controlli. Un’opportunitàinteressantissima per la criminalità economica, fiscale e finanziaria“, secondo il commercialista Gian Gaetano Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia.

“Chiunque sarà incentivato ad addurre l'”impossibilità” per non pagare. Sono previsioni normative che vanno tutte a favore del lassismo fiscale, puntano a garantire una vita tranquilla a commercialisti ed evasori“, riassume Vincenzo Visco, l’ex ministro delle Finanze del governo Prodi che le destre bollarono come “dracula” per le sue campagne anti evasione. “La maggioranza è convinta che la stagnazione italiana dipenda da un eccesso di burocrazia e tasse sulle microimprese, per cui ha deciso di non “disturbare” quel segmento che rappresenta anche la sua base elettorale. Le hanno detassate con la flat tax e ora offrono loro un concordato preventivo che non potrà che basarsi sul dichiarato degli anni passati, molto distante dai redditi reali. Il riferimento all’uso delle banche dati? Solo un omaggio di maniera che consente di dire alla Ue che continuiamo su quella linea”.

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