Sono decenni che la scienza si affanna alla ricerca di un vaccino che possa prevenire tutti (o quasi) i tipi di tumore. Il vaccino anti-cancro è una sorta di Sacro Graal dell’oncologia che tutti aspettano per proteggersi da un male che nel 2020 si stima abbia ucciso ben 10 milioni di persone in tutto il mondo. Si fatica dunque a comprendere perché l’unico vaccino che oggi abbiamo a disposizione per proteggerci dal tumore al collo dell’utero, ma anche da alcuni tumori alla vagina, alla vulva, al pene, all’oro-faringe e all’ano, susciti così tanti timori da parte della popolazione italiana. In pratica, nel nostro paese c’è ancora una forte esitazione verso il vaccino contro l’Hpv – offerto gratuitamente fino ai 18 anni per i ragazzi e fino a 25 anni per le ragazze – il virus del papilloma umano responsabile di quasi tutti i tumori della cervice uterina, del 95% dei tumori dell’ano, del 70% dei tumori dell’orofaringe, del 65% dei tumori della vagina, del 50% dei tumori della vulva e del 35% dei tumori del pene.

La scienza ha ormai dimostrato chiaramente che è del virus dell’Hpv che dobbiamo aver paura e non del vaccino che ci aiuta a contrastarlo. Per questo uno dei messaggi chiave ribaditi in occasione della Giornata Internazionale contro il Papilloma Virus Umano, che si celebra il 4 marzo. L’infezione da Hpv rappresenta la malattia sessualmente trasmessa più diffusa in entrambi i sessi. Si tratta di un virus così comune che la maggioranza delle persone sessualmente attive, in modo particolare i giovani, lo contrae durante la propria vita. La maggior parte delle infezioni genitali da Hpv sono asintomatiche e, di solito scompaiono spontaneamente nell’arco di 1-2 anni senza lasciare conseguenze. Ma alcuni tipi specifici di Hpv, denominati “ad alto rischio oncogeno”, in caso di infezioni persistenti, sono capaci di provocare vari tipi di tumore. In Italia si stima che ogni anno vi siano oltre 2.500 casi di tumore del collo dell’utero, che è quindi la quinta forma di cancro per frequenza in donne sotto i 50 anni d’età. Mentre sarebbero oltre 500 i casi all’anno di altri tumori legati allo stesso virus. Inoltre l’Hpv causa lesioni benigne, ma dal notevole impatto sulla qualità della vita, come i condilomi genitali.

La pandemia ha certamente avuto un ruolo importante nel diminuire l’adesione alla vaccinazione. Ma sono state probabilmente le fake news le principali responsabili di una così forte esitazione all’immunizzazione contro l’Hpv. La paura è che il vaccino possa provocare effetti collaterali gravi a fronte di un rischio, ritenuto erroneamente molto basso, di sviluppare un tumore correlato all’Hpv. Bufala, questa, smentita più volte dalla comunità scientifica. Tuttavia, i dati sulla copertura vaccinale delle quindicenni (nate nel 2004 e vaccinate nel 2020) è di poco più 63%, molto al di sotto della soglia ottimale prevista dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (95% nel dodicesimo anno di vita). Molto sconfortanti anche i dati relativi ai maschi: la copertura vaccinale degli undicenni è del 24%, mentre le coperture riferite al ciclo completo dei dodicenni è del 46%. Siamo dunque ben lontani dall’optimum.

La scarsa adesione alla vaccinazione anti-Hpv non è solo una questione che riguarda i giovanissimi. Ma anche per le donne adulte, molte delle quali ignorano di potersi vaccinare e l’utilità del farlo. Se infatti la vaccinazione delle giovanissime è raccomandata fino ai 26 anni d’età, numerosi studi dimostrano che è sicura e valida fino a 55 anni.

Vaccinarsi contro l’Hpv, anche se si è venuti a contatto con il virus, è utile perché l’infezione naturale non lascia una immunità duratura. L’Hpv può ripresentarsi sia per un nuovo contatto sia per una riattivazione delle copie virali rimaste inattive a livello locale.
Infine, per tutte le donne a partire dai 25 anni di età, anche se vaccinate, è fondamentale aderire ai programmi di screening cervicale che prevedono gratuitamente il Pap-test e il test per la ricerca del Hpv-Dna. Questi test sono molto efficaci nel garantire una diagnosi precoce, consentendo di intervenire prima che la malattia evolva.

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