3 febbraio 2023: il Tg1 delle ore 20, organo d’informazione di Stato, con un entusiasmo degno della fine della guerra in Ucraina (o della fame nel mondo) annuncia solennemente che una banca privata italiana, Intesa San Paolo, nel 2022 ha prodotto utili per oltre cinque miliardi di euro. Qualcuno potrebbe sospettare che la mirabile progressione economica a favore degli azionisti possa forse essere avvenuta per straordinarie capacità di gestione del danaro affidatole, ma forse potrebbe essere in gran parte anche avvenuta a spese di tutti i cittadini italiani, e non solo per quanto riguarda Intesa San Paolo, ma per tutte le banche italiane.

Il fatto è che un’altra notizia, sconosciuta ai Tg nazionali, pubblici e privati apparsa casualmente e in sordina sulle pagine interne del Corriere della Sera, il 20 febbraio, informava che le stesse banche italiane stanno accumulando una fortuna grazie alla Bce e alla sua politica dei tassi di interesse. L’articolo, a firma di Federico Fubini, ci faceva sapere che la Banca d’Italia aveva espresso in una nota l’invito agli Istituti “a valutare con estrema attenzione modifiche contrattuali a sfavore dei clienti considerato che l’aumento dei tassi d’interesse ufficiali, avviato lo scorso luglio dalla Banca centrale europea, può avere effetti positivi sulla redditività complessiva dei rapporti tra le banche e i loro clienti potenzialmente in grado di compensare l’aumento dei costi indotti dall’inflazione”.

Traduzione: la Bce ha portato i tassi al 3%? Allora anche i depositi dei clienti delle banche dovrebbero essere aumentati almeno fino al 2,50% (sempre secondo la Banca d’Italia). Invece ciò che è accaduto è che i tassi di interesse di mutui e prestiti sono stati aumentati in ragione dell’aumento Bce, mentre quelli sui conti correnti sono rimasti infinitesimali e quelli sui depositi senz’altro molto più bassi di quanto la Banca centrale europea remuneri le somme depositate presso di essa.

In particolare, l’Associazione Bancaria Italiana fa sapere che dall’estate scorsa a oggi la banca centrale ha alzato il costo degli interessi che chiede alle banche per fornire loro liquidità (dallo zero al 3% all’anno, appunto), ma contestualmente ha anche alzato il “tasso sui depositi” (da meno 0,5% a più 2,5%): vuol dire che la Bce garantisce agli istituti che hanno depositato danaro presso la banca centrale quel tipo di rendimento.

Purtroppo però i tassi d’interesse sui nostri depositi sono passati mediamente dallo 0,31% di maggio 2022 allo 0,49% di gennaio 2023: un incremento di appena lo 0,18% a fronte del 2,5% all’anno in più che la Bce riconosce alle banche per i soldi depositati. Come ha spiegato Fubini (ma nessun tg nazionale) quelli depositati dalle banche in Bce sono nient’altro che i soldi nostri, quelli che versiamo quando apriamo un conto. E’ danaro degli italiani, la bellezza di 2.134 miliardi di euro a dicembre scorso (dei quali 1.260 miliardi delle famiglie e 423 delle imprese), un valore che supera quello del nostro Pil nazionale.

In questi ultimi mesi le banche italiane, in media, hanno quindi fatto salire i tassi a loro favore sette volte e mezza di più di quanto siano effettivamente saliti i tassi a loro carico. Questo significa che le banche si sono ben guardate dal trasferire ai propri clienti i vantaggi che sono loro derivati dalla banca centrale. Allo stesso tempo, però, ha scaricato sui risparmiatori quasi l’intero aumento dei tassi Bce nella vana attesa di ascoltare qualche approfondimento sull’argomento nei Tg. Aspettiamoci presto altri roboanti servizi tv sull’incredibile efficienza di questa o quella banca privata nel fare utili mostruosi. E cambiamo canale.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Il gruppo francese Axa vende la sua partecipazione in Mps. “La partnership non ne risentirà”

next
Articolo Successivo

Dopo i nuovi licenziamenti Elon Musk festeggia il ritrovato primato di uomo più ricco del mondo

next