La struttura del Dna, la molecola che porta l’informazione genetica, fu scoperta esattamente 70 anni or sono da Watson e Crick. La storia del Dna è affascinante e dice molte cose sulla ricerca scientifica, il suo progresso e i suoi dubbi. Il Dna era noto fin dagli albori della biologia moderna: è quella sostanza che rende viscoso e appiccicoso il liquido che si ottiene rompendo le cellule. Sembrava però una molecola piuttosto inerte, priva di ovvie funzioni e banale rispetto alle ben più dinamiche proteine, capaci di attività enzimatiche e strutturali. La storia della scoperta delle funzioni del Dna comincia con un esperimento condotto nel 1928 da Frederick Griffith a Londra. Griffith studiava i batteri chiamati streptococchi dei quali aveva due varianti: una capace di produrre un rivestimento cellulare protettivo, la capsula, l’altra geneticamente incapace di farlo.

Un topo a cui vengono iniettati streptococchi capsulati sviluppa invariabilmente o quasi un‘infezione fatale; per contro, un topo a cui vengono iniettati streptococchi non capsulati sviluppa un’infezione lieve dalla quale guarisce. Griffith provò a inoculare dei topi con una miscela di streptococchi non capsulati vivi e streptococchi capsulati uccisi col calore e osservò che i topi morivano e che all’autopsia avevano gli organi pieni di streptococchi capsulati: esisteva un “fattore trasformante” che poteva essere trasmesso dai batteri morti a quelli vivi e ne modificava le proprietà genetiche.

L’esperimento di Griffith rimase un’osservazione isolata fino al 1944, quando Oswald T. Avery a New York decise di identificare il fattore trasformante. Avery inoculò dei topi con streptococchi non capsulati vivi e ciascuno dei componenti purificati che si potevano ottenere dalla lisi degli streptococchi capsulati uccisi: polisaccaridi, proteine, Rna e Dna. Soltanto i topi inoculati con il Dna degli streptococchi capsulati morivano: il fattore trasformante era il Dna. Dopo questo esperimento, il Dna diventò improvvisamente la molecola più importante della biologia e molti scienziati si precipitarono a studiarlo.

A Cambridge, in Inghilterra, era appena stato messo a punto il metodo della cristallografia a raggi X per studiare la struttura delle macromolecole biologiche. I cristalli sono strutture ordinate nelle quali le molecole occupano posizioni definite e hanno orientamenti ripetitivi. Se un cristallo viene illuminato con un sottile fascio di raggi X, gli elettroni delle molecole diffrangono il fascio producendo sulla pellicola una mappa fatta di macchioline distinte, una per ciascuno dei raggi di diffrazione. Dalla mappa di diffrazione si può risalire alla posizione degli atomi nella molecola e ricostruirne la struttura tridimensionale.

A Cambridge erano già state risolte la strutture tridimensionali delle proteine mioglobina (da John Kendrew) ed emoglobina (da Max Perutz). Perutz affidò lo studio del Dna a Rosalind Franklin, una giovane ricercatrice estremamente dotata, che riuscì a cristallizzare il Dna e a ottenere le mappe di diffrazione. Purtroppo le mappe erano di difficile interpretazione e i calcolatori dell’epoca erano rudimentali; inoltre Perutz sapeva che Linus Pauling in California stava lavorando allo stesso problema e aveva ottenuto mappe di diffrazione del Dna.

Quindi Perutz decise di coinvolgere nel progetto Dna James Watson e Francis Crick. Crick in particolare era un fisico con un notevole background di matematica e riuscì a risolvere le mappe determinando la struttura del Dna: due molecole di forma allungata, come filamenti avvolte l’una sull’altra a formare la doppia spirale (che noi traduciamo malamente dall’inglese come doppia elica). Watson e Crick annunciarono la loro scoperta il 28 febbraio 1953, in una conferenza tenuta nel pub Eagle dove erano soliti andare a pranzo. Nel pub c’è a tutt’oggi il tavolo di Watson e Crick e sul muro retrostante due targhe d’ottone ricordano la prima Watson e Crick e la seconda Rosalind Franklin.

Watson e Crick ottennero il premio Nobel nel 1962 insieme a Maurice Wilkins, un collaboratore di Rosalind Franklin che aveva partecipato alla determinazione delle mappe cristallografiche. Purtroppo Rosalind Franklin era deceduta nel 1958, prima ancora di compiere i 38 anni, e il premio Nobel non viene dato alla memoria. Nella successiva pubblicazione scientifica, Watson e Crick in un capolavoro di British understatement sottolinearono che la struttura della doppia elica suggeriva implicitamente la modalità di replicazione del Dna e quindi la trasmissione dell’informazione genica: ogni filamento può essere usato come “stampo” per la biosintesi del filamento complementare.

Intorno al Dna ruotarono fino al 1962 molti premi Nobel e altri ne sarebbero stati dati successivamente: Perutz, Pauling e appunto Watson, Crick, Wilkins. Tre scienziati di altissimo livello che avrebbero certamente meritato il Nobel, ma non lo ottennero: Griffith, Avery e Franklin – a dimostrazione del fatto che la genialità è solo uno degli ingredienti del riconoscimento e che fortuna e politica hanno anche loro un peso.

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