Conobbi “personalmente” Maurizio Costanzo e Maria De Filippi. Durante la mia attività romana, per oltre cinque mesi – prima e dopo l’attentato del maggio 1993 in via Fauro – pranzai accanto a loro due. Insieme a loro c’era parte dello staff e anche un bellissimo esemplare di pastore tedesco: dolcissimo, si faceva accarezzare prendendo coccole a volontà. Io ero in compagnia di una persona che dirò. E come spesso accade, tra vicini di tavolo si instaura un rapporto empatico, anche se privo di dialogo.

Ma il buongiorno veniva corrisposto con cordialità. Ricordo la diatriba tra Maria De Filippi e Maurizio Costanzo per la scelta delle pietanze. Costanzo, sovente, sceglieva piatti che a dire di Maria De Filippi non erano adatti alla sua dieta. Al termine del pranzo chiedeva, con disappunto della moglie, dolce al cioccolato. Noi frequentavamo il ristorante, che era vicino all’appartamento dove abitavano. Eravamo due anonimi clienti e quindi né Costanzo né il proprietario conoscevano la nostra vera identità: io ispettore della Dia e l’altro un importante collaboratore di giustizia di Cosa nostra. Giova dire che io ero un esperto di pentiti di mafia, specialmente nella prima fase quando fungevo da Caronte.

Poi passavano al servizio protezione. Ne conobbi ben nove, compreso Tommaso Buscetta. Pertanto, la mia forza era rimanere invisibile: empatia, gentilezza quanto basta, ma schivo nell’iniziare una conversazione con chicchessia. Dopo il fallito attentato, Costanzo veniva ugualmente a pranzare e in quell’occasione esternai la mia vicinanza, senza dire chi fossi. Poi successe un imprevisto che stava facendo saltare la “copertura” con grave pericolo per la nostra incolumità e fummo così costretti a lasciare con urgenza l’appartamento. Ma avevo a mia disposizione il piano b e c.

Esprimo sentite condoglianze a Maria De Filippi e a tutta la famiglia. Rip.

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