Dopo il blitz arriva il confronto. Il governo Meloni, che giovedì scorso ha bloccato la cessione dei futuri crediti edilizi e fatto una prima mossa per sbloccare quelli pregressi, ha incontrato lunedì i rappresentanti della filiera dell’edilizia. Per i lavori ancora da iniziare gli spazi di manovra sono strettissimi: l’1 marzo Istat aggiornerà i saldi di finanza pubblica gonfiando, sulla base delle indicazioni di Eurostat, il livello di deficit 2021 e 2022. E l’esecutivo non può permettersi di appesantire anche quello del 2023, pena dover rinunciare a tutte le altre misure in agenda per i prossimi mesi tra cui il rinnovo di alcuni aiuti contro il caro energia. “Si è ragionato sulla possibilità di consentire lo sconto in fattura per alcune fasce di reddito e per gli incapienti“, si è limitata a dire la presidente dell’Ance dopo il vertice. Per i crediti accumulati fin qui, invece, c’è più margine. È arrivata un’apertura rispetto alla proposta di Abi e Ance che consentirebbe di sbloccarne l’utilizzo: la compensazione con gli F24. Resta invece solo un’ipotesi, al momento, l’acquisto da parte di partecipate pubbliche come Eni ed Enel.

Nulla è ancora deciso: la questione sarà esaminata da un “tavolo tecnico” con le associazioni di categoria che dovrà individuare “norme transitorie”, recita la nota della presidenza del Consiglio, “al fine di fornire soluzioni nel passaggio dal regime antecedente al decreto legge a quello attuale, tenendo conto della situazione delle imprese di piccole dimensioni e di quelle che operano nelle zone di ricostruzione post-sisma“.

Le possibili soluzioni per i crediti pregressiIl decreto di giovedì scorso ha circoscritto la responsabilità di chi acquista un credito che poi risulta frutto di frode, eliminando uno dei grandi scogli che limitavano il passaggio di mano. Ma resta il problema della “capienza fiscale” delle banche, che in molti casi non hanno più debiti da compensare con i bonus ceduti da chi ha fatto interventi di efficientamento in casa. Secondo il sindacato dei bancari Fabi gli istituti possono “digerire” 81 miliardi di crediti, ma la cifra totale stando ai calcoli del Tesoro (vedi tabella) ha superato i 110 miliardi, di cui 61 legati al Superbonus. Abi e Ance hanno allora proposto che sia consentito alle banche di scaricare i debiti compensandoli, nei periodi di imposta dal 2023 al 2027, con gli importi dei pagamenti fiscali fatti dai clienti attraverso gli istituti con i modelli F24.

Stime del Mef sull’impatto dei bonus edilizi aggiornate a ottobre 2022

La cartolarizzazione e il coinvolgimento di Cdp – Diversi esponenti di Fratelli d’Italia nei giorni scorsi avevano invece ipotizzato la cartolarizzazione dei crediti. Cioè la loro vendita a una società che li “impacchetterebbe” ed emetterebbe titoli da collocare sul mercato. La presidente dell’Ance Federica Brancaccio, intervistata dal Messaggero, ha spiegato che non c’è tempo e “se tutto questo prevede la costituzione di una società veicolo, la necessità di chiedere pareri e autorizzazioni, nel frattempo le imprese sono già belle e morte, i condomini scoppiati e i lavori bloccati”. In più un’operazione del genere deve essere approvata da Bruxelles. Una possibile terza via passa per il coinvolgimento delle società pubbliche Cdp e Sace, che “hanno liquidità e possono comprare dalle banche i crediti fiscali ora bloccati”, secondo il segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni.

Il verdetto Eurostat e l’impatto sui conti – Per il futuro è invece esclusa una marcia indietro rispetto alla decisione di mettere fine allo sconto in fattura e alla cessione dei bonus edilizi. La strada è strettissima perché il 2 febbraio Eurostat ha pubblicato il nuovo Manuale su deficit e debito pubblico, che dà l’interpretazione autentica su come vanno contabilizzati i crediti maturati. L’Italia, con il benestare dell’istituto di statistica, li aveva temporaneamente classificati come “non pagabili”, cioè detrazioni che generano una spesa immediata ma riducono le entrate future dello Stato. Il loro impatto era stato quindi spalmato su tutti gli anni di fruizione delle detrazioni (cinque nel caso del Superbonus). Ora invece l’istituto europeo ha sancito che sono “pagabili”, dunque vanno contabilizzati al momento in cui si generano. Le interlocuzioni con Istat sono ancora in corso ma con tutta probabilità le detrazioni maturate nel 2021 e 2022 andranno ad aumentare il deficit di quegli anni. Il meccanismo andava dunque interrotto per evitare di far esplodere anche quello del 2023. Si saprà l’1 marzo, in occasione della diffusione del comunicato sui conti del 2022. Per evitare che lo stop sia troppo drastico il deputato di Iv Luigi Marattin aveva proposto di spostare in avanti dal 17 febbraio al 30 marzo la data entro la quale avere Cilas e delibera di condominio per poter accedere alla cessione del credito.

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Superbonus, 72 miliardi di detrazioni per 372mila edifici (il 3%). Mini contributo agli obiettivi di risparmio energetico

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