Hanno sfilato in migliaia in tutto il Paese. Da New York City ad Atlanta, da Boston a Los Angeles, e ancora, Baltimora, San Francisco e Portland. I video del pestaggio a Memphis di Tyre Nichols hanno fatto deflagrare le proteste – finora pacifiche – negli Usa contro l’ennesimo caso di violenza delle forze dell’ordine. E diversamente da diversi drammatici precedenti, questa volta anche i poliziotti, come la vittima, sono di colore. Il tema razzista, dunque, non c’è, ma resta la brutalità gratuita della polizia, che ha spinto migliaia di persone a chiedere giustizia per Nichols e la fine del “terrore poliziesco”. La morte del 29enne – fermato dagli agenti il 7 gennaio, preso a calci e pugni e morto in ospedale tre giorni dopo il pestaggio – ha fortemente scosso il Paese, dall’opinione pubblica alle forze di polizia. Le prime conseguenze sono state l’immediato licenziamento dei cinque poliziotti coinvolti (che finora si sono dichiarati non colpevoli), tutti afroamericani come la vittima. Alcuni di loro appartenevano all’unità speciale “Scorpion”, che è stata definitivamente smantellata a meno di 24 ore dopo la diffusione dei video choc del pestaggio. Era stata costituita nel 2021 per combattere il crimine violento nella città del Tennessee ma è stata segnata da controversie per le sue tattiche e la condotta dei suoi membri. “È nel migliore interesse di tutti sciogliere definitivamente l’unità Scorpion“, si legge in una dichiarazione del dipartimento di polizia. “Gli ufficiali attualmente assegnati all’unità sono d’accordo senza riserve con questa decisione. Il dipartimento di polizia di Memphis rimane impegnato a servire la nostra comunità e a prendere ogni misura possibile per ripristinare il clima di fiducia nella comunità dopo la morte del signor Tyre Nichols“.

Il pestaggio – Le immagini mostrano come l’uomo, fermato il 7 gennaio per una presunta guida spericolata a 70 metri da casa, sia inseguito dopo essersi liberato da un primo approccio violento dei poliziotti. E come poi, una volta catturato, sia attaccato con taser e spray urticante, ammanettato, steso a terra, manganellato, preso a calci e pugni per quattro minuti in un vero e proprio tiro al bersaglio mentre inerte grida di non aver fatto nulla e invoca per tre volte ‘mamma’, giacendo poi in strada per 22 minuti in attesa dell’ambulanza. Finora le proteste sono state pacifiche, anche grazie anche alla risposta tempestiva e trasparente delle autorità, che hanno silurato e incriminato subito i cinque poliziotti, sospendendone altri due in attesa delle indagini sulla loro condotta. Ma tutte le principali città americane sono in allerta per il weekend e la Casa Bianca ha contattato i sindaci delle metropoli in vista di possibili violenze. Anche la sicurezza di Capitol Hill è stata rafforzata. In Georgia invece il governatore repubblicano Brian Kemp ha dichiarato lo stato di emergenza, per il timore di incidenti dopo l’uccisione di un manifestante che nei giorni scorsi protestava contro un centro di addestramento della polizia ribattezzato ‘Cop City’. Biden, che ha chiesto “un’indagine rapida, completa e trasparente”, ha rilanciato un appello al Congresso perché approvi la legge di riforma della polizia che porta il nome di George Floyd. Legge bloccata dai repubblicani al Senato, costringendo il presidente Usa a supplire temporaneamente con un decreto che impone standard più rigorosi sull’uso della forza e sulla responsabilità per le forze dell’ordine federali.

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Tyre Nichols, manifestazione davanti alla Casa Bianca dopo l’uccisione del 29enne afroamericano: “Vogliamo giustizia”

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