Cosa c’è di più triste di un trofeo senza particolare tradizione, venduto ai migliori offerenti, portato all’estero per una manciata di milioni, giocato lontano dai tifosi e sotto gli occhi di Bin Salman e dei suoi sudditi, in un Paese che continua a giustiziare i dissidenti e non rispettare i diritti umani? Beh, questa coppetta discutibile per mille ragioni diverse, per Milan e Inter a questo punto della stagione diventa davvero una Supercoppa: è già quasi l’ultima spiaggia per evitare una stagione da “zeru tituli”.

Questa giornata è stata un momento di svolta per il campionato. L’hanno capito tutti. A sue spese soprattutto la Juventus, seconda in classifica, letteralmente umiliata al San Paolo nello scontro diretto che nelle aspettative delle inseguitrici avrebbe dovuto riaprire i giochi. Ma indirettamente il messaggio è arrivato chiaro e forte anche alle altre: con questo Napoli, lo scudetto rischia di essere assegnato a marzo, se non prima. È vero, è ancora presto, manca più di un intero girone e tutto è possibile. Ma la squadra di Spalletti continua a dominare, ha scavallato gennaio, storicamente il mese nero del suo mister, mantenendo inalterato il suo vantaggio o addirittura aumentandolo. La sconfitta di San Siro non ha lasciato segni, sulla classifica o sul morale. Gli azzurri possono chiudere l’andata a 50 punti, e quindi permettersi un ritorno a ritmi più umani a quota 40, o anche meno (l’anno scorso si vinse a 86). Mentre le rivali continuano ad annaspare: ciascuna alle prese con i suoi problemi, non sembrano in grado di mettere insieme quel filotto di 7-8 vittorie per riavvicinarsi, e quando anche ci sono riuscite (vedi la Juve) non è servito a nulla.

Senza scudetto, per gli altri sarà fallimento? Dipende. Certo è che la Juve, decine di milioni spesi malamente sul mercato, il Milan campione in carica e la stessa Inter che aveva riabbracciato Lukaku erano partite per vincere, non possono permettersi di chiudere la stagione senza trofei. Il campionato è quasi andato. La Champions è una bella suggestione, che si ravviva soprattutto quando le cose girano male in Italia: per una volta l’urna è stata favorevole e i quarti per Inter e Milan sono possibili, ma bisogna essere pazzi per pensare di vincerla, ci vorrebbe più di un miracolo. La Juventus ha l’Europa League, obiettivo più abbordabile (ma neanche troppo: ci sono Arsenal, una tra Manchester United e Barcellona) e comunque meno prestigioso. Resta la Coppa Italia, e per i rossoneri nemmeno quella dopo l’eliminazione disastrosa negli ottavi contro il Torino.

Ecco che allora l’insipida Supercoppa – una macchina da soldi più che un vero trofeo – assume un sapore diverso. In realtà appartiene più alla stagione precedente che alla presente, posticipata a gennaio rispetto alla tradizionale collocazione iniziale ad agosto diventa quasi un fastidio, nel calendario intasato di impegni e veri obiettivi. Stavolta però in palio c’è qualcosa di più di una manciata di milioni e dell’ebrezza di vincere un derby in una finale, unica attrattiva della Supercoppa, la cui formula ha il solo merito di proporre quasi sempre sfide fra grandi rivali (visto che mette di fronte le detentrici di campionato e Coppa Italia). Tutti a Ryad, per salvare la stagione. Chi vince, intanto si mette in bacheca un trofeo e poi si pensa. Chi perde fa un passo in avanti verso il fallimento.

Twitter: @lVendemiale

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