Dalla Lombardia alla Sicilia, per la campagna ‘Carrelli di plastica’, condotta insieme a Greenpeace, i sostenitori de ilfattoquotidiano.it (scopri perché sostenere ilfattoquotidiano.it) hanno raccontato le loro esperienze e, soprattutto, hanno inviato le loro foto: le immagini degli imballaggi inutili che trovano quotidianamente tra gli scaffali dei supermercati. C’è chi ha persino scritto al servizio clienti alla catena della Grande distribuzione organizzata dove fa la spesa, ma anche chi ha inviato immagini degli imballaggi superflui che vengono spediti a casa. E, nel corso di queste settimane, in molti hanno sottolineato che la responsabilità non può ricadere esclusivamente sui consumatori. Ecco perché quello del carrello della spesa è un buon esercizio: perché è il frutto, in primo luogo, delle scelte dei produttori, poi della Grande distribuzione organizzata e, infine, dei cittadini. Per questo ‘Carrelli di plastica’ vi ha prima raccontato, attraverso il report della Ellen MacArthur Foundation, quello che stanno davvero facendo le multinazionali che rappresentano più di un quinto del mercato globale degli imballaggi in plastica e, poi, le azioni dei supermercati europei. Lo abbiamo chiesto anche ai supermercati italiani. Ma, nell’attesa delle loro risposte, le immagini che i sostenitori hanno inviato in redazione sono una testimonianza preziosa. Continuate a farlo, mandate le foto a sostenitori@ilfattoquotidiano.it

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Gli imballaggi inutili nei supermercati Rosangela Ederini ha inviato le foto scattate nel supermercato di Esselunga a Milano. Zucchine, melanzane, peperoni, insalata e altro ancora, tutto rigorosamente confezionato in vaschette rigide di plastica e, poi, con pellicola trasparente. Marzia Arrigoni ha inviato le foto del reparto di panetteria del Carrefour di Sesto San Giovanni, tra friselle vendute in vaschetta e busta ed espositore con scompartimenti per i panini (rigorosamente imbustati). Sergio Del Maschio, invece, invia una foto scattata al punto vendita Mestre Campogrande (Venezia) della Coop: “Ho fotografato questo prodotto che non comprerò mai, indipendentemente da prezzo e qualità, perché da tempo ho notato una quantità di plastica sproporzionata rispetto alla quantità di alimento venduto”. Ancora una volta hamburger, ma stavolta a essere fotografati sono quelli venduti da Esselunga “confezionati – scrive Giuseppe Sivverini – mettendoli su una grossa base di polistirolo, che scomparirà tra 500 anni”. Michela Scaramuzzino ha inviato la foto di un doppio imballaggio: “Per ogni merendina di 35 gr una bustina e un vassoio in plastica”. Gilda Sessi si è dedicata alla frutta, scattando foto di mele e pesche confezionati in carta e plastica al supermrcato Esselunga di via Fauché, a Milano. Nuccio Mirabelli scrive dalla Sicilia: “Invio le foto fatte nel punto vendita Coop del gruppo Radenza, di contrada Arizza a Scicli. Tutta la frutta e verdura è venduta così in tutti i punti vendita della provincia e, immagino, anche negli altri punti vendita della Sicilia (ne ha 300). Da quando il gruppo Radenza (ex CRAI) ha adottato questo metodo – racconta Nuccio – nei vari punti vendita è scomparso il personale addetto specificatamente all’ortofrutta e, conseguentemente, lo sfuso. Evidentemente tutta questa plastica costa meno di un giorno di lavoro di un dipendente. Quindi, non solo maggiore inquinamento ma anche minore occupazione. Perfetto”.

Chi scrive al supermercato – Emblematico il caso segnalato da Giovanna Piccardo, che ha scritto al servizio clienti di Esselunga: “Vi segnalo un fatto che mi ha lasciata estremamente perplessa mentre facevo i miei acquisti al banco Gastronomia nel tardo pomeriggio di sabato, 4 giugno, presso il vostro punto vendita di viale Piave a Milano”. Alla lettera, Giovanna ha allegato la foto del suo acquisto, che le fa porre una domanda: “Perché utilizzare vaschette di plastica – ben due, tra l’altro! – per ulteriormente confezionare delle mozzarelle già ampiamente sigillate ciascuna nella propria confezione? Per poi ancora inserirle nel sacchetto di carta della Gastronomia…”. Giovanna ha chiesto spiegazioni, segnalando tra l’altro la campagna ‘Carrelli di plastica’. E ha commentato: “Confido che la singolare modalità con la quale mi sono state consegnate le due mozzarelle sia frutto di una distrazione, sulla quale sono certa avrete modo di intervenire sia sul punto vendita citato, che su tutti gli altri di vostra competenza”. La risposta di Esselunga è arrivata e, nella mail, si sostiene che la tutela dell’ambiente sia una delle priorità della catena, si parla di un costante impegno in progetti che consentano di aumentare l’incidenza di materiali sostenibili a sfavore della plastica e, per ulteriori informazioni, si invita la cliente a consultare la sezione ‘Sostenibilità’ del sito. Neppure una parola sulle mozzarelle e le loro confezioni.

E spediti a casa – Rosangela Ederini ha anche inviato le foto pubblicate sul sito per la spesa on-line, sempre di Esselunga: “I prodotti BIO più costosi imballati in cartone – scrive – quelli più economici nella plastica”. E, per la serie ‘spediti a casa’, anche Andrea Forni ha inviato un suo contributo. “Sto lottando disperatamente contro lo spreco di imballaggi a casa mia, ma purtroppo è una battaglia persa!” commenta e, nel frattempo, ci invia una foto del 2018, nella quale si vede la quantità di imballaggio che ha dovuto smaltire “dopo l’acquisto su Amazon di due ciotole per insalata in ceramica. Amazon – racconta – ci ha messo lo scatolone esterno in cartone e il pluriball” mentre l’azienda ha imballato ogni insalatiera in due scatole di cartone e plastica. Una follia!”. E, confermando il racconto di Rosangela, spiega: “La stessa cosa (quantità enormi e inutili di imballaggi plastici) mi succede con la spesa online di Esselunga che imballa in grandi sacchetti gialli di plastica anche solo un articolo”.

Esperienze, dubbi e proposte dei lettori – Altre perplessità riguardano l’etichetta. “Mi pare del tutto inutile l’etichetta sulla frutta, ma quando è di plastica anziché di carta, è criminale” commenta Marco Noferi. Gustavo Crotti ha una proposta, anzi due: “Perché non stampiamo un’etichetta da applicare sui prodotti confezionati inutilmente in plastica dove si dice che non siamo disponibili ad acquistare inutili imballaggi in plastica? Oppure perché non riportare alla cassa centrale del supermercato gli imballaggi una volta svuotati?”. “Basterebbe che lo stato obbligasse tutti i supermercati a dotarsi di corner con spine per l’acquisto sfuso di tutti o quasi i prodotti liquidi” scrive Riccardo. E se molti lettori in queste settimane hanno sottolineato come la responsabilità dell’eccessiva produzione e del consumo di plastica non debba ricadere tutta sui consumatori, molti sostenitori hanno mostrato come ‘fanno la loro parte’. Come nel caso di Paola Ricca Mariani che ha inviato una sua foto: “Questa è la produzione settimanale inevitabile di una single attenta”.

La ‘caccia alle streghe’ – Ma c’è anche chi non la pensa così e vede ‘Carrelli di plastica’ come una ‘caccia alle streghe’. La pensa così Maria Antonietta: “Ma voi lo sapete che dietro ogni imballaggio c’è una filiera di lavoratori che portano il pane a casa e dietro ogni imballaggio c’è anche un imprenditore che ha investito soldi e tempo per mettere su la sua azienda….Sensibilizzate la gente a fare la raccolta differenziata…alcuni tipi di plastica come il pet sono riciclabili al 100%”.
Una risposta è doverosa. La campagna ‘Carrelli di plastica’ non è una battaglia contro la plastica tutta, ma contro gli imballaggi inutili e dannosi, contro il monouso, cioè l’utilizzo ridotto a pochi minuti di un materiale che potrebbe durare per secoli. La stessa direttiva europea SUP non è una direttiva sulla plastica, ma sul monouso, Single use plastics. Riciclabile (purtroppo) non vuol dire riciclato, come mostrano i dati sul riciclo della plastica in Italia e, ancora di più, nel mondo. Rispetto alla filiera, condivisibili sono le preoccupazioni, ma non si possono chiudere gli occhi sui danni all’ambiente causati dalla dispersione di plastica monouso inutile. Un discorso che vale anche per altri settori, prima fra tutti, quello dei combustibili fossili con cui ad oggi viene prodotta, a livello globale, circa il 99% della plastica immessa sul mercato. Carbone, gas, petrolio sono filiere che danno lavoro, ma danneggiano l’ambiente. Proprio a questo, in teoria, dovrebbe servire la ‘Transizione ecologica’ a cui in Italia è stato dedicato un intero ministero.

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