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Valeria Golino e l’erotismo al tempo del #metoo: “Sul set voglio che gli attori si sentano amati. Sono fisica, li abbraccio e sbaciucchio tutti. Potrebbero tranquillamente denunciarmi”

Un movimento, il #metoo che Valeria conosce molto bene. Quando scoppiò il caso Henry Weinstein, l'attrice racconta infatti di come il regista fu molesto anche con lei.

di F. Q.

È uscita in queste ore, sulla piattaforma streaming di Netflix la serie tv La vita bugiarda degli adulti. Tra i protagonisti c’è l’attrice Valeria Golino la quale interpreta il ruolo di una delle protagoniste che è stato per lei fonte di liberazione. In un’intervista pubblicata su Vanity Fair decide di raccontarsi ma soprattutto di parlare di come ha affrontato la questione del #metoo.

Il suo senso di libertà viene spesso confuso e frainteso, dice. All’osservazione riguardante il fatto che l’erotismo, in tempi di #metoo, nelle relazioni professionali è bandito, la Golino risponde: “(…) Se noi attori non veniamo trattati da creature sensuali e lucenti, questo mestiere cosa lo facciamo a fare? Lo vedo con gli interpreti con cui lavoro sul set, voglio che si sentano amati: sono molto affettuosa, sono fisica, li abbraccio e sbaciucchio tutti: sono una specie di love monster. Mi rendo conto che talvolta potrebbe essere fastidioso o forse sembrare inopportuno e se male interpretato, un giorno uno di loro potrebbe dire: ‘La Golino mi mette le mani addosso e io non voglio’ potrebbe farlo tranquillamente e denunciarmi, e creare un caso di #metoo da cui sarebbe difficile difendersi”. Ci tiene però a specificare che da parte sua: “Non c’è malizia, non c’è voglia di possesso in me. È proprio far scorrere quell’energia carsica che nell’arte per me non dovrebbe mai mancare”.

Un movimento, il #metoo che Valeria conosce molto bene. Quando scoppiò il caso Henry Weinstein, l’attrice racconta infatti di come il regista fu molesto anche con lei. Confida, infatti, che nonostante non si sia mai sentita in pericolo quando era in sua presenza, alcuni comportamenti dell’uomo l’avvilivano. Un esempio è quando non le fece pagare: “Un conto nel ristorante di New York che aveva insieme a Robert De Niro, il TriBeCa Grill: ci portai la famiglia e al momento di saldare trovai tutto sistemato. Ma quando le pressioni son diventate più forti e per me fonte di imbarazzo, mi sono molto adirata e non l’ho più voluto incontrare.”

Ma nonostante l’allontanamento dell’attrice, Weinstein, ha continuato a cercarla, anche se indirettamente: “Mi ha fatto riferire da amici comuni quanto fosse dispiaciuto e che avrebbe voluto rivedermi. Ma l’unica via d’uscita era allontanarlo e sparire. Come ho sempre fatto in situazioni simili”. Tutto questo prima però che scoppiasse lo scandalo delle molestie compiute da Weinstein, venuto alla luce solamente nel 2017.

L’attrice riferisce, poi, che nei suoi confronti non provava proprio dell’affetto ma aggiunge: “Se le dovessi dire che non sentissi una stima intellettuale, che non godessi del carisma della sua conversazione, le mentirei. Per esempio era interessante parlare con lui di cinema. Finché poi arrivavano quell’istinto predatore, quell’abuso di potere e senso di baratto messi sul tavolo, a rovinare tutto. Avrei voluto poterlo guardare, senza che lui guardasse me“.

Un’intervista quella di Valeria Golino all’interno della quale si è lasciata andare completamente, rivelando pensieri profondi. Riguardo a cosa pensa oggi del movimento #metoo conclude con quest’affermazione: “Denunciare è stato giusto. Ma gli errori del passato hanno creato una claustrofobia. Quando si arriva al parossismo in cui i comportamenti umani, l’arte, la letteratura, la storia, devono rientrare nel diagramma del giusto o dello sbagliato, dell’inclusivo o non inclusivo, a quel punto la drammaturgia finisce. Il grande romanzo finisce. La musica finisce. La giustizia può diventare ottusa. Se tutti si devono adattare al senso comune e qualsiasi tipo di dissenso è malvisto, allora all’arte cosa rimane?

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