Quanti sono davvero i contagi e i morti in Cina? Rispetto ai primi periodi dall’inizio della pandemia, quasi 3 anni fa, nulla è cambiato rispetto alla trasparenza dei dati sanitari da parte di Pechino. E quindi sapere quanti casi di positività vengono rilevati e quanto persone perdono la vita a causa del Covid resta un mistero in Cina. Il vero bilancio è ancora sconosciuto perché i funzionari hanno smesso di rilasciare i numeri che fino a qualche settimana fa erano davvero poco credibili rispetto a una popolazione conta oltre un miliardo e 400mila persone. La società britannica di dati sulla salute Airfinity, come spiega la Bbc, ha stimato che nella Repubblica Popolare si stiano registrando più di un milione di contagi e 5mila morti ogni 24 ore. Nonostante gli annunci del governo di Pechino di un allentamento delle restrizioni, i report parlano di ospedali al collasso e di un numero di decessi molto alto tra gli anziani.

“In Cina ospedali e terapie intensive al collasso per il Covid. Sembra di essere tornati indietro di tre anni” scrive Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del policlinico San Martino di Genova, commentando in questi giorni sulla sua pagina Facebook i servizi giornalistici su Pechino, in cui si segnala la saturazione dei reparti per i malati più gravi e si parla di ospedali sopraffatti. Intanto, osserva l’infettivologo, “il Covid da noi è in picchiata, ma l’influenza continua a crescere”.

La situazione è così grave che è intervenuto lo stesso presidente Xi Jinping per una “campagna sanitaria più mirata” e una “linea di difesa comunitaria” di fronte alla “nuova situazione”. E quindi è partita una campagna che prevede un pagamento per gli over 60 che si vaccinano. Un linea di difesa contro il virus che è stata lanciata nello stesso giorno in cui è stata annunciata l’abolizione (dall’8 gennaio) della quarantena per chi arriva dall’estero, sostituita da un test negativo effettuato nelle 48 ore precedenti l’ingresso nel Paese: anche qui un radicale cambio di passo nelle politiche di contenimento dell’infezione. Già in giugno la Cina aveva ridotto della metà la durata della quarantena obbligatoria per i viaggiatori in arrivo: da 21 giorni a 10, e attualmente l’isolamento è di cinque giorni negli appositi hotel più altri tre giorni nel proprio domicilio. Una misura, quella dell’abolizione della quarantena, volta a dare nuovo impulso all’economia penalizzata dalle restrizioni: i confini sono praticamente chiusi dall’inizio del 2020, i collegamenti internazionali sono fortemente ridotti e non vengono rilasciati visti turistici. E’ di due giorni fa, ed è parte della stessa linea d’azione, la decisione di Hong Kong, concordata con Pechino, di riaprire entro metà gennaio il confine con la Cina chiuso da tre anni.

Intanto la compagna elvetica Swiss non prevede di riprendere i voli passeggeri verso la Cina, malgrado l’annunciata fine della quarantena per i viaggiatori che si recano nel gigante asiatico. “Fino a nuovo avviso vi saranno solo collegamenti cargo da Zurigo a Shanghai e Pechino”, ha dichiarato oggi un portavoce della compagnia aerea all’agenzia Awp. “La ripresa dei voli passeggeri e la situazione sul posto sono in corso di valutazione“, ha aggiunto l’addetto stampa, precisando di non poter fornire ulteriori informazioni al momento. Per Swiss è comunque importante che ci sia la necessaria stabilità operativa a lungo termine. Il balzo di infezioni da Covid 19 in Cina, che si sta diffondendo dalle città più grandi alle vaste aree rurali, spaventa l’Organizzazione mondiale della sanità che si è detta “molto preoccupata” per l’ondata di contagi senza precedenti. Il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, nel corso della conferenza stampa settimanale a Ginevra, la scorsa settimana ha chiesto a Pechino informazioni dettagliate sulla gravità della situazione. “Per effettuare una valutazione completa del rischio, l’Oms ha bisogno di informazioni più dettagliate sulla gravità della situazione, malattia, ricoveri ospedalieri e unità di terapia intensiva”.

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