“Nel nostro Paese puoi scrivere sui social network ‘investire un ciclista per educarne cento‘ riferendoti a un incidente stradale appena avvenuto e non subire alcuna conseguenza“. Lo denuncia l’Associazione dei ciclisti professionisti italiani, dando la notizia che il tribunale di Pistoia si è conclusa la prima fase del processo contro l’uomo che tre anni fa aveva scritto quella frase sul web. “Aveva aizzato alla violenza contro chi pedala – prosegue la nota – in seguito a un incidente in cui era stato coinvolto un atleta professionista in Toscana“. Il ciclista era il colombiano Dani Martinez, investito nella zona di Quarrata, in provincia di Pistoia, e poi pure aggredito dall’automobilista. Marco Cavorso, responsabile sicurezza dell’Accpi, aveva denunciato l’autore del commento per istigazione a delinquere aggravata dalla diffusione a mezzo informatico. Il figlio di Cavorso, Tommy, è stato ucciso a 13 anni da un’auto mentre andava in bicicletta.

Se Martinez dopo quell’incidente di tre anni fa è potuto tornare in bicicletta, la stessa cosa non hanno potuto fare ad esempio Davide Rebellin e Manuel Lorenzo Ntube, per citare solamente gli ultimi due casi più noti. In Italia “puoi ammazzare un ciclista, scappare all’estero guidando il tuo camion e continuare a vivere come se nulla fosse mentre la persona che hai ammazzato è ancora in attesa dell’autopsia e la sua famiglia, devastata, non ha potuto ancora nemmeno organizzarle il funerale“, sottolinea l’Accpi nella sua nota. Il riferimento è appunto alla tragica morte di Rebellin, travolto da un camionista – che poi è fuggito, stando alla ricostruzione, senza soccorrerlo – mentre era uscito per un giro in bicicletta, una consuetudine anche poche settimane dopo il suo ritiro. Manuel Lorenzo Ntube invece era un 16enne calciatore del Padova, travolto durante una pedalata con un suo amico.

L’autore della frase “investire un ciclista per educarne cento” è stato assolto perché per il Tribunale “il fatto non costituisce reato”. “Entro 90 giorni verrà depositata la sentenza, entro 135 giorni si potrà fare appello. Cavorso e Accpi intraprenderanno questa strada, il processo civile continuerà per rispettare la memoria di tutte le vittime della strada e per tutelare chiunque in questo Paese voglia muoversi usando la bicicletta. Mezzo il cui utilizzo dovrebbe essere incentivato e, invece, ancora una volta viene delegittimato e penalizzato. In Italia continuano a morire ogni giorno bambini e adulti, donne e uomini, studenti e lavoratori, ricchi e poveri, campioni e persone comuni, senza distinzione alcuna, perché la violenza stradale non accenna a fermarsi e quella verbale contro gli utenti deboli invece di essere punita continua ad essere considerata accettabile”, si legge nel comunicato dell’Accpi.

L’Associazione dei ciclisti professionisti italiani lancia poi un’iniziativa per domenica: “Per ricordare Davide Rebellin e continuare a chiedere rispetto e tutele per chi pedala invitiamo chiunque quel giorno a pedalare con il lutto al braccio e a postare sui propri canali social messaggi rivolti alla sicurezza stradale con l’hashtag #unmetroemezzodivita e taggando @accpi. Rilanceremo i vostri messaggi con piacere perché alla morte e alla violenza vogliamo rispondere con tutta la nostra voglia di vivere, la gioia di pedalare e il rispetto che merita ogni vita umana, anche quella di chi ci insulta e non si rende conto che quando è al volante è come se avesse in mano una pistola carica“, spiega Cristian Salvato, presidente di Accpi.

Foto d’archivio

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