Si apre un nuovo capitolo del rebus sulle variazioni unilaterali, al rialzo, delle tariffe di luce e gas proposte dalle società ai propri utenti nonostante il divieto previsto dal decreto aiuti bis. Se da una parte dagli ultimi provvedimenti dell’Antitrust che impongono a sette aziende la sospensione di queste variazioni emerge un’interpretazione estensiva del blocco a favore dei consumatori, dall’altra si rischia un effetto boomerang. Con infinite chiavi interpretative e con l’avvio di una serie di contenziosi e ricorsi al Tar, gettando i consumatori in una situazione anche più caotica. Le domande e i dubbi sono infiniti, perché in realtà la norma del dl aiuti bis non è mai stata dettagliata, è nata ambigua. E successivamente non c’è mai stato un chiarimento legislativo, nonostante la portata immensa della partita che quindi rischia di essere gestita a colpi di sentenze. Peraltro, il blocco delle tariffe vale fino al 30 aprile 2023. Dopo questa data che succede? Senza ulteriori interventi, è facile temere che le società cercheranno di recuperare quel che hanno perso. Quindi i consumatori, che siano famiglie, interi condomini o microimprese, si ritrovano in un limbo in cui è difficile fare scelte lungimiranti.

Cosa succede a chi ha già cambiato fornitore – Cosa succede ad esempio se, dopo la lettera con la proposta di modifica, l’utente ha cambiato fornitore ma ora, visto che l’aumento proposto è stato dichiarato illegittimo, vuole tornare a quello precedente? L’Antitrust sostiene che il gestore che ha fatto fuggire il cliente proponendo rialzi delle tariffe deve scrivergli per comunicare che può rientrare alle vecchie condizioni. La società dovrà annunciare “individualmente e con la medesima forma ai consumatori che hanno esercitato il diritto di recesso (…), la possibilità di ritornare in fornitura alle precedenti condizioni economiche”, dice l’Antitrust. A quel punto l’utente potrà optare per il ritorno. Problema: il cambio di operatore dovrebbe comportare oneri solo per i bolli e per eventuali depositi a titolo cauzionale. Tuttavia, spesso vengono stipulati contratti a condizioni speciali – per esempio prezzi bloccati per un certo periodo – in cui possono essere inserite clausole che impongono di pagare un contributo in caso di disdetta anticipata. In genere, poi, per il cambio ci vogliono da uno a due mesi.

Il caso di chi è rimasto con il vecchio fornitore (con tariffe aumentate) – Anche il cliente che invece non ha cambiato fornitore deve aspettare la lettera del fornitore che comunica il blocco dell’aumento. Tuttavia in entrambi i casi, come fa notare Fabrizio Ghidini, responsabile del Dipartimento Energia Federconsumatori, a ilfattoquotidiano.it, il rischio è che le società pur impegnandosi al momento a non applicare più l’aumento, non inviino le lettere perché hanno fatto ricorso al Tar o si apprestano a farlo. Dunque una famiglia può ritrovarsi a fare una scelta, senza una comunicazione che rassicuri del blocco della tariffa e senza sapere cosa succederà dopo il 30 aprile oppure dopo le varie sentenze del Tar o del Consiglio di Stato. Una soluzione potrebbe essere tornare al mercato tutelato che è stato prorogato, tuttavia, – sottolinea Ghidini – “la procedura non sarebbe assolutamente fluida visto che l’obiettivo finora è stato quello di andare verso il mercato libero”.

Altro punto di domanda: chi ha subito l’aumento illegittimo sarà rimborsato? Secondo Altroconsumo, contattata da ilfattoquotidiano.it, “i consumatori che hanno pagato di più per questi aumenti illeciti hanno diritto di reclamare il rimborso all’operatore con un reclamo e se non va in porto con un tentativo di conciliazione in Arera”. Sulla base dei dati forniti dalle stesse imprese, risulta che i consumatori, i condomini e le microimprese interessati dalle comunicazioni di variazione delle condizioni economiche sono 7.546.963, di cui circa 2.667.127 avrebbero già subito un ingiustificato aumento di prezzo.

I dubbi sull’interpretazione dell’Antitrust – Ma la questione più controversa su cui le società annunciano una dura battaglia legale è la legittimità del divieto di cambio tariffa anche per i contratti giunti a scadenza, sostenuta dall’Antitrust. Secondo i fornitori si tratta di una visione troppo estensiva che va oltre gli intenti del legislatore. Dubbi su questo punto in particolare vengono anche da alcune associazioni dei consumatori. “Si può chiedere ad un venditore che ha comprato l’energia ad un determinato prezzo più caro di venderlo sottocosto qualora abbia degli obblighi contrattuali a tariffe fisse, ma tale richiesta è assolutamente immotivata in presenza di scadenze contrattuali sopravvenute senza obbligo di automatico rinnovo”, evidenzia Assoutenti, che chiede un “incontro urgentissimo” all’Antitrust e ad Arera affinché “si chiarisca ogni equivoco circa l’esistenza di presunte modifiche unilaterali che riguardano 80% degli utenti di aziende di luce e gas”. Secondo Assoutenti “l’intervento deve essere fatto alla fonte e rivolto ai produttori di energia e non ai venditori”.

I ricorsi delle società – Intanto per il prossimo 22 febbraio è fissata l’udienza di merito del Tar sui ricorsi di Iren e di Dolomiti. Anche Enel ha annunciato ricorso al Tar e dalle dichiarazioni delle altre società è facile prevedere che ne seguiranno altri. “L’Autorità – rileva Enel – chiede di applicare l’articolo in questione anche ai rinnovi contrattuali, proponendo dunque un’interpretazione analogica errata di una disposizione eccezionale, in contrasto con le norme nazionali ed i regolamenti europei”. Dal canto suo Hera ha già dichiarato di “avere sempre operato in modo conforme alle norme vigenti (…), proponendo rinnovi delle condizioni economiche solo qualora le stesse fossero in scadenza”. Dunque la società annuncia di “riservarsi di tutelare le proprie ragioni nelle sedi competenti”. Anche Edison ritiene che “l’interpretazione normativa dell’articolo 3 del decreto Aiuti bis data dall’Autorità sia del tutto illegittima, riservandosi di tutelare le proprie ragioni nelle sedi competenti” e “sottolinea di non aver mai fatto modifiche unilaterali nel corso di vigenza dei contratti, limitandosi, nel rispetto degli impegni contrattuali, ai rinnovi delle condizioni economiche alla naturale scadenza contrattuale”.

Di contro ci sono associazioni dei consumatori che invece puntano a una linea ancora più dura. Come il Codacons che ha presentato un nuovo esposto a 104 Procure della Repubblica di tutta Italia, per accertare se le pratiche adottate possano configurare eventuali fattispecie penalmente rilevanti, dalla truffa all’appropriazione indebita, fino all’interruzione di pubblico servizio.

Articolo Successivo

Bollette, il governo consente ai fornitori di aumentare le tariffe a chi ha il contratto in scadenza. Ecco come difendersi

next