Di fronte alla decisione del governo Meloni di smantellare il reddito di cittadinanza, c’è chi, nel mondo sindacale e tra le realtà associative romane, ha deciso di auto organizzarsi per lanciare una mobilitazione non soltanto in difesa della misura, ma anche per rivendicare la necessità di ampliarla oltre che per lottare affinché si riapra la discussione per l’approvazione del salario minimo.

L’iniziativa è stata promossa a Roma dalle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap), nate dalla federazione di esperienze di lotta (dalla vertenza vinta per la stabilizzazione dei precari di Anpal Servizi a quella dei ricercatori precari, passando per i lavoratori dello spettacolo) e di auto-organizzazione in diversi territori capitolini. Dopo che l’esecutivo ha deciso di abrogare il reddito dal 2024 e “sostituirlo da una nuova riforma”, con gli ‘occupabili‘ che nel 2023 lo riceveranno soltanto per 8 mesi (e con il sussidio che si perderà, sulla carta, già dopo la prima offerta congrua rifiutata, anche se in realtà ai percettori finora non ne sono mai arrivate, o quasi, ndr), le Clap hanno convocato al centro culturale Esc diverse associazioni e sindacati di base. Dai Cobas a Nonna Roma-Banco del Mutuo soccorso, fino a spazi sociali romani, come il centro sociale La Strada, l’obiettivo è dar voce a percettrici e percettori. E lavorare per la costituzione di “Comitati per la difesa del reddito“, con l’idea di scendere in piazza il prossimo 20 dicembre, di fronte al ministero del Lavoro.

“Secondo noi è il momento di entrare in un dibattito agghiacciante, contro la propaganda fatta contro un sussidio che ha permesso invece a tante persone di uscire da una condizione di povertà assoluta, per difendere chi ne beneficia e per cancellare lo stigma e la vergogna che si sta cercando di gettare sui percettori. Vogliamo farlo mettendo insieme le diverse realtà che si stavano già battendo da tempo per superare le sue condizionalità, così stringenti”, spiega Tiziano Trobia, coordinatore delle Clap, nel corso della prima riunione per il lancio dei comitati. “Il convitato di pietra è la condizione salariale: difendere il reddito va di pari passo con la battaglia sul salario minimo e sui salari stessi”.

Così a prendere parola, “contro la retorica che su gran parte dei media ha cercato di bollarci come ‘fannulloni’ e parassiti del welfare”, sono state le stesse percettrici e gli stessi percettori. Scegliendo di metterci la faccia: “Sembra che dipenda soltanto da noi se non siamo abbienti, se non lavoriamo. Ma la realtà è che dipende dalle aziende, dal mercato del lavoro che c’è in Italia, dalle politiche portate avanti dai governi e dalla mancanza di investimenti”, spiega un giovane percettore, costretto a chiedere il reddito di cittadinanza. “Sono risultato idoneo (ossia, coloro i quali superano le prove, ma non rientrano nel numero dei posti banditi) rispetto al concorso ordinario scuola, nella classe di geografia. Ma il problema è che non solo gli idonei, ma anche alcuni vincitori ai primi posti non sono entrati, perché le assunzioni sono state veramente poche. Così in attesa di essere chiamato, per me il reddito è stata una possibilità quantomeno di sopravvivere“, spiega al Fattoquotidiano.it.

Non è il solo. “Ho fatto di tutto, cameriera, bar, babysitter. Ma non mi è bastato. I lavori che sono stata costretta ad accettare, con salari bassi e spesso in nero o con contratti fittizi e con meno ore rispetto a quelle lavorate, ci rendono ricattabili. E invece il reddito mi ha dato la possibilità di non esserlo e di poter continuare a formarmi. Mentre ho percepito il reddito ho fatto la stagione in Calabria per due mesi come cameriera in estate, ho dichiarato l’occupazione e mi è stato rivalutato il reddito. Non c’è alcun attendismo sul divano da parte nostra, soltanto voglia di lavorare, ma in modo dignitoso“, spiega un’altra lavoratrice. Un altro ex percettore, ora rientrato nel mondo del lavoro, interviene nel corso della riunione dei comitati: “Ero un invisibile, il reddito quella invisibilità la elimina. Senza non avrei superato il lockdown, da lavoratore in nero”.

Peggiore la situazione per quanto riguarda gli immigrati, considerati i requisiti stringenti già previsti per gli stranieri che spesso non consentono l’accesso al reddito: “Avere a che fare con persone che ancora di più vanno nel sommerso, che non riusciamo a riconoscere nel territorio, significa ancora di più rischiare di perdere queste persone dal punto di vista dei servizi”, avverte un volontario dell’associazione ‘Nonna Roma’. Già il comitato di valutazione del reddito presieduto da Chiara Saraceno, tra le 10 proposte di modifica, aveva invitato a ridurre il periodo minimo di residenza in Italia richiesto ai cittadini extracomunitari per avere diritto al reddito, da 10 a 5 anni. Ma la richiesta era stata ignorata dal governo Draghi.

Ora, di fronte alla guerra intrapresa dal governo contro il Reddito, i percettori temono di tornare “nella morsa della ricattabilità, tra lavori ipersfruttati e paghe irrisorie“. “In questi anni abbiamo sentito notizie tossiche su percettori, navigator e centri per l’impiego. Ma va ristabilito un senso di verità: in Italia intanto manca la domanda di lavoro e quella che c’è è di scarsa qualità”, precisa Marco Filippetti, che lavora all’Anpal Servizi e si occupa proprio di politiche attive per il lavoro.

Altro che offerte congrue. Io le ho viste le offerte che arrivano: spesso di scarse competenze, con paghe basse. Lavori stagionali o per poche settimane o giorni. Se questo è il modello che questo governo, così come gli altri, continua a proporre, la strada è sbagliata”. Parole che confermano anche quanto Ilfattoquotidiano.it ha scritto più volte, anche riguardo al rifiuto dell’offerta congrua, la più nota tra le condizionalità che portano alla perdita del Rdc.

La prima scure dell’esecutivo, intanto sarà sui (potenzialmente) ‘occupabili’, circa 660mila. Nel 2023 saranno salvi i nuclei familiari degli inoccupabili, affidati ai servizi sociali, ma gli altri beneficiari tra i 18 e i 59 anni senza figli minori o persone con disabilità a carico si ritroveranno a percepire soltanto otto mesi di Rdc. E poi? “Si riaprirà la strada a un’ulteriore precarizzazione, al doversi adeguare a uno stipendio bassissimo, al mobbing e a un lavoro nero di massa”, denuncia un percettore. Chi lavora nelle politiche attive precisa: “Spesso tra gli occupabili in realtà ci sono tante persone che non lo sono, dove il lavoro è soltanto una delle complessità, spesso lontani dalle grandi città, con bassa scolarizzazione e difficoltà sulla questione abitativa”. Una platea che dovrebbe invece essere tutelata, secondo i promotori dei comitati: “Così invece rischiamo il disastro sociale“.

“Chi è in Parlamento e crede che questa battaglia vada portata avanti lo deve fare, al di là dei numeri in Aula. Noi vogliamo costruire convergenze e sfidare la politica, dal M5s, al Pd e alle altre forze progressiste che vogliono giocare questa partita”, è l’invito delle Clap. Ora pronte a scendere in piazza.

Articolo Precedente

Twitter, sede di San Francisco trasformata in un dormitorio senza autorizzazione. Avviate indagini sulla società di Musk

next
Articolo Successivo

Reddito, Inps: “Controlli intensificati. In dieci mesi sono state respinte 456mila domande e a 325mila nuclei è stato tolto il beneficio”

next