Intercettazioni da riformare “profondamente”, le misure cautelari da togliere al potere dei gip e utilizzate per “pressione investigativa“, avvisi di garanzia diventati “strumento di emissione degli avversari politici”, per non parlare dell’eterna urgenza della “separazione delle carriere” (urgenza se non fosse appena stata fatta). Sembra di ricevere un benvenuto nel 1994 (o 2001 o 2008, c’è l’imbarazzo della scelta) e invece no, è proprio il 2022. A tratteggiare così le linee guida del governo Meloni sulla giustizia è il ministro guardasigilli Carlo Nordio, peraltro ex magistrato inquirente per 40 anni, fino alla carica di procuratore aggiunto di Venezia. La sua audizione in commissione al Senato, quando arriva alle intenzioni dell’esecutivo di centrodestra sulla riforma del penale, si trasforma in un lungo attacco ai pm.

Sulle intercettazioni, intanto: serve una “profonda revisione“, dice, e “vigileremo in modo rigoroso su ogni diffusione che sia arbitraria e impropria”. Secondo il ministro attraverso una “diffusione selezionata e pilotata” le intercettazioni sono diventate “strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica“. Anzi, Nordio assicura che sarà “estremamente rigoroso“: “Ogni qualvolta un domani usciranno violazioni del segreto istruttorio in tema di intercettazioni l’ispezione sarà immediata e rigorosa. Non è ammissibile che le conversazioni che riguardano la vita privata di cittadini che non sono nemmeno indagati finiscano sui giornali”. Le definisce “violazioni blasfeme dell’articolo 15 della Costituzione” che tutela la libertà e la segretezza delle comunicazioni. Per il ministro guardasigilli “in Italia il numero di intercettazioni telefoniche, ambientali, direzionali, telematiche, fino al trojan e un domani ad altri strumenti, è di gran lunga superiore alla media europea, e ancor più rispetto a quello dei paesi anglosassoni. Il loro costo è elevatissimo, con centinaia di milioni di euro all’anno. Gran parte di queste si fanno sulla base di semplici sospetti, e non concludono nulla”. E qui si intravvede un possibile taglio al budget, insomma. Ma la critica di Nordio va al mero utilizzo dell’intercettazione: “Non si è mai vista una condanna inflitta sulla sola base delle intercettazioni, che dovrebbero esser un mezzo di ricerca della prova, mentre sono diventate uno strumento di prova“. Quello che durante l’audizione non viene detto è che l’Italia è l’unico Paese europeo in cui le intercettazioni vengono autorizzate da un giudice terzo (il giudice per le indagini preliminari). E sulla questione della pubblicazione sui giornali un anno fa è stato approvato un decreto (sulla “presunzione d’innocenza”) che vieta qualsiasi comunicazione dei pm al di fuori di cornici formali.

Più in generale secondo il ministro della Giustizia “la presunzione di innocenza è stata e continua a essere vulnerata in molti modi” e, anzi, “l’azione penale diventata arbitraria e quasi capricciosa“. Il problema è che l’eventuale eliminazione dell’obbligo dell’azione penale espone al rischio che la priorità sui reati da perseguire sia indicata dalla politica. Una deriva già inaugurata dalla riforma del processo penale del governo Draghi, che ha previsto che il Parlamento debba definire ogni anno le priorità delle Procure.

Nordio sembra suonare tutta la musica più dolce per le orecchie dei partiti che l’hanno nominato ministro, fino ad arrivare all’acme, il cavallo di battaglia di molte campagne elettorali berlusconiane, cioè la persecuzione giudiziaria dei politici: “L’adozione della custodia cautelare come strumento di pressione investigativa, lo snaturamento dell’informazione di garanzia diventata condanna mediatica anticipata e persino strumento di estromissione degli avversari politici“. Per il ministro una soluzione può essere togliere il potere dell’ordinanza di custodia cautelare ai giudici per le indagini preliminari (dei tribunali di competenza) per darlo a “una sezione costituita” della Corte d’appello: “Avremmo – sottolinea – l’enorme vantaggio di una maggiore ponderatezza della decisione e anche di omogeneità di indirizzo”. Da capire come sarebbe possibile concretamente perché un’unica sezione regionale si dovrebbe occupare delle richieste di custodia cautelare (e non ci sono solo gli arresti ma anche obblighi di firma, divieti di dimora e così via) provenienti da diverse Procure: si può solo immaginare il carico di lavoro in Regioni come Sicilia, Calabria, Campania, Puglia, Lombardia, Lazio.

“Il paradosso più lacerante – spiega ancora Nordio – è che, tanto è facile oggi entrare in prigione prima del processo, da presunti innocenti, quanto è facile uscirne dopo la condanna, da colpevoli conclamati. Orbene, la custodia cautelare, proprio perché teoricamente confligge con la presunzione di innocenza, non può essere demandata al vaglio di un giudice singolo”. Da qui l’impegno del guardasigilli per una riforma del codice penale per adeguarlo al dettato costituzionale e una completa attuazione del Codice Vassalli (che dall’inizio degli anni Novanta ha riformato la procedura penale) per sostituirli attraverso una “riforma garantista e liberale” da realizzare anche con una “revisione della Costituzione“.

Grande ritorno anche per la separazione delle carriere, come il prezzemolo nei programmi di governo di centrodestra. “Non ha senso che il pm appartenga al medesimo ordine del giudice perche svolge un ruolo diverso” dice Nordio in commissione. Con il codice di procedura penale del 1988 il cambiamento è stato sostanziale: “Il pm è una parte pubblica, ma pur sempre una parte. Dunque non ha senso che appartenga in tutto e per tutto al medesimo ordine del giudice”, ha detto Nordio. Una revisione dell’insieme “è ineludibile“, secondo Nordio, e “un progetto ragionevole dovrebbe prevedere l’avvio della pratica forense già all’università”, come accade per medicina. Quindi un passaggio sul Csm e le nomine ai vertici degli ufficio giudiziari sulla base “di giudizi sulla sapienza giuridica”, che “non sempre coincide con l’attitudine manageriale” e “anche qui bisognerà intervenire”. Infine, si è soffermato sul giudizio disciplinare, un “nodo problematico”, secondo Nordio perché i componenti della sezione disciplinare “sono eletti con criteri di appartenenza correntizia da quegli stessi magistrati che vengono poi giudicati”. Un passaggio di “buon senso”, secondo Nordio, “può essere lo spostamento del giudizio disciplinare dal Csm a una Corte disciplinare terza, non elettiva e individuata con criteri oggettivi, per esempio tra ex presidente della Cassazione o di alte giurisdizioni o ex giudici della Consulta nominati dal capo dello Stato”. Va ricordato che una riforma in direzione della separazione delle carriere è già in vigore per effetto della legge Cartabia che prevede un limite drastico ai passaggi di funzioni tra giudici e pm: d’ora in poi sarà possibile esercitare questa facoltà una sola volta (al momento è possibile farlo per quattro volte) e il passaggio dovrà avvenire nei primi dieci anni di carriera. Di fatto si tratta di una separazione quasi totale tra i due ruoli.

Sullo sfondo c’è sempre la riforma dell’abuso d’ufficio, sulla quale peraltro il governo sa che potrebbe avere terreno fertile in Parlamento anche per il fatto che si tratta di un reato contestato in particolare agli amministratori locali che, com’è evidente, appartengono a tutti i partiti. Ma dall’abuso di ufficio alla corruzione il passo è breve: “Ho maturato la convinzione – sottolinea il ministro – che l’intimidazione della norma penale sia solo platonica. Lo Stato deve prevedere pene molto severe per i gravi reati, il giudice le deve erogare in modo equo, vanno eseguite in modo certo. Ma per quanto riguarda l’abuso d’ufficio, e quello che ne consegue, abbiamo statistiche allarmanti: abbiamo avuto 5.400 procedimenti nel 2021, si sono concluso con 9 condanne davanti al gip e 18 in dibattimento”. Sul tema oggi, a Repubblica, aveva parlato il procuratore di Perugia ed ex capo dell’Anac Raffaele Cantone che ricorda “che già nel 2020, nell’ambito di un decreto che riguardava le misure urgenti pro pandemia, il reato è stato del tutto ridimensionato e chi lavora in procura sa bene che si tratta di una norma di fatto applicabile in ipotesi marginalissime. La sostanziale cancellazione fu giustificata proprio così, ‘eliminare la paura della firma’. Ma, com’era prevedibile, non ha avuto effetto perché quel timore ha ben altre ragioni. Abolire il residuo dell’abuso d’ufficio oggi sarebbe non solo inutile, ma anche pericoloso: rischierebbe di rendere non punibili quelle condotte di conflitto d’interesse che sono oggettivamente pericolose per l’imparzialità dell’amministrazione”.

A Nordio risponde, in Aula, in commissione, anche Roberto Scarpinato, senatore del M5s ed ex procuratore generale di Palermo, che mette in fila riforma dell’abuso d’ufficio, l’annunciata riforma di alcuni reati contro la Pubblica amministrazione, la questione del tetto ai contanti e il taglio di spesa alle intercettazioni per dire che sono tutte “intenzioni” che “determinano, insieme all’assenza di leggi adeguate sul conflitto di interessi e sul lobbismo, un depotenziamento della capacità di risposta dello Stato al fenomeno della corruzione nelle sue molteplici declinazioni”. “Ci domandiamo – ha aggiunto Scarpinato – se avete valutato i costi economici per il Paese di questo depotenziamento della risposta penale nella fase storica in cui le ingentissime risorse economiche del Pnrr hanno mobilitato gli interessi di comitati di affari, delle mafie, di articolate reti corruttive che operano nell’ombra della massoneria deviata. Il governo è consapevole del concreto pericolo che ingenti somme di denaro vengano distratte dalle finalità pubbliche e disperse nel buco nero della corruzione e della gestione clientelare del potere pubblico? Con queste vostre intenzioni la strada intrapresa è sbagliata e pericolosa”.

E Nordio da parte sua ha ribadito un concetto già espresso nelle settimane scorse. Le indagini, ha detto, hanno dimostrato la diffusione della corruzione, “ma purtroppo i rimedi si sono dimostrati peggiori dei mali. Abbiamo avuto l’aumento di pene, nuovi reati, con fattispecie vaghe e la legge delle sospensione delle cariche pubbliche denota una manifesta iniquità”. Per Nordio “le nostre leggi sono troppo numerose per essere conosciute e troppo contraddittorie per essere applicate. La loro incertezza è sinonimo di corruzione”. Lo stesso Cantone, nell’intervista a Repubblica, aveva detto di essere d’accordo sul fatto che “non è con le pene che si risolve il problema della corruzione”. “Resto però dell’idea – aggiunge il procuratore di Perugia – che la corruzione è un reato grave e quindi meriti una sanzione adeguata”.

Naturalmente Nordio riceve l’approvazione di Forza Italia: per Pierantonio Zanettin (ex componente del Csm e ora tornato in Parlamento come senatore) il voto è “dieci e lode”. “Si apre davvero una stagione di speranza ispirata dai principi dell’articolo 27 della Costituzione” spiega il forzista. Applausi – ma ormai non è più una notizia – anche dal polo centrista Azione-Italia Viva. Enrico Costa, vicesegretario calendiano, non sta nella pelle: “Nordio al Senato ineccepibile“. A Ivan Scalfarotto le parole del ministro “fanno veramente piacere“.

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