Chissà quando è successo che l’Europa ha chiesto all’Italia di sottomettere i giudici alla politica. A leggere le dichiarazioni di Mario Draghi e Marta Cartabia pare che sia stata l’Ue a chiederci di riformare in questo modo il nostro processo penale. Ma in realtà Bruxelles ci ha semplicemente chiesto di velocizzare i processi e diminuire l’arretrato. A leggere le bozze della legge delega licenziata giovedì sera dal Consiglio dei ministri, invece, si scopre che il governo intende, non si capisce per quale motivo, riconoscere al Parlamento la possibilità di indicare alle procure i criteri generali da seguire per esercitare l’azione penale. Lo prevede l’articolo 3 dell’ultima versione della riforma, quella corretta nella mattinata di ieri per cercare di offrire un “contentino” ai 5 stelle e ottenere un’approvazione all’unanimità. Cose che si è poi verificata.

Il Parlamento e la legge sui criteri dell’azione penale – I ministri del M5s, dunque, hanno votato una riforma che, oltre alla nuova prescrizione ammazza processi di Cartabia, concede alla politica di indicare la strada da seguire nelle indagini alle procure. La norma, tanto per cambiare, è scritta con una sintassi che lascia a desiderare. Prevede “che gli uffici del pubblico ministero, per garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, nell’ambito dei criteri generali indicati con legge del Parlamento, individuino criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle procure della Repubblica, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, tenendo conto anche del numero degli affari da trattare e dell’utilizzo efficiente delle risorse disponibili”. Un periodo molto lungo che contiene diverse novità. Intanto si scopre che il Parlamento, e quindi la politica, sarà chiamato a fare una nuova legge ogni anno – l’ennesima in un Paese già popolatissimo da centinaia di migliaia di norme – che servirà, appunto, per indicare i criteri generali da seguire per l’applicazione dell’azione penale. Cosa vuol dire indicare i criteri generali? Senatori e deputati indicheranno per caso i reati da perseguire con maggiore priorità? Al momento non è dato sapere.

I dubbi di costituzionalità – Di sicuro sarà sulla base di questa legge che poi il pm dovrà individure la priorità con cui saranno selezionate le notizie di reato. Domanda: ma l’azione penale non è obbligatoria come prevede l’articolo 112 della Costituzione? Ecco perché, secondo alcuni addetti ai lavori, questa rischia di essere una norma ad alto tasso d’incostituzionalità. Eppure i 5 stelle, in queste ore dilianiati dalla scelta di votare a favore della riforma, hanno diffuso una nota per sostenire, tra le altre cose, che “il Parlamento non deciderà dei criteri di priorità di indagine: abbiamo evitato che la politica decida chi e quando indagare”. Una rivendicazione vera solo a metà. L’origine di questa legge, infatti, è contenuta nella relazione della commissione creata su input della guardasigilli proprio per avanzare proposte sulla riforma del processo penale. A presiederla era un altro presidente emerito della corte Costituzionale, Giorgio Lattanzi. L’idea della commissione era ancora più estrema: per i giuristi guidati da Lattanzi bisognava “prevedere che il Parlamento determini periodicamente i criteri generali necessari a garantire efficacia e uniformità nell’esercizio dell’azione penale e nella trattazione dei processi“.

Cosa c’entra la velocità dei processi? Un passaggio che – vista la contrarietà dei 5 stelle- Cartabia ha deciso di edulcorare fino alla versione poi inserita nell’ultima bozza della delega. Anche la versione light, però, non scioglie il dubbio originario: cosa c’entra tutto questo con la velocizzazione dei processi? Perché una norma del genere dovrebbe portare la durata dei procedimenti italiani sugli standard europei, in modo da garantire a Roma i fondi del Recovery? Anche scegliendo i reati da perseguire con più priorità, non si potranno mai abbandonar gli altri vista l’esistenza dell’obbligatorietà dell’azione penale. E dire che la questione dell’indipendenza della magistratura dalla politica è importante anche per l’Unione europea. “L’obiettivo per noi è garantire l’indipendenza, questione fondamentale. E prevedere una stretta separazione tra il ruolo dei magistrati e le funzioni politiche. L’assenza o la percezione d’assenza di indipendenza incide anche sull’economia”, ha dichiarato oggi il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, in un’intervista a Repubblica. Evidentemente non conosce il testo della riforma Cartabia.

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