Quello tra Joe Biden e Xi Jinping non è stato un incontro pacificatore. Nessun riavvicinamento tra le due più grandi potenze mondiali, come previsto già alla vigilia, bensì un bilaterale per tracciare i confini di quello che rimane a tutti gli effetti uno scontro aperto. O meglio, per usare le parole del presidente americano, “una competizione che non deve sfociare in un conflitto”. Così dall’atteso meeting tra i due leader, tenutosi alla vigilia del G20 di Bali, sono usciti pochi punti in comune e molti più avvertimenti, linee rosse da non varcare. I temi caldi sono tanti e sempre gli stessi: innanzitutto la questione di Taiwan, sulla quale anche stando alle dichiarazioni a margine la distanza rimane abissale, ma anche la situazione in Ucraina, quella relativa ai diritti umani e all’uso delle armi atomiche.

I due leader hanno manifestato soddisfazione per la possibilità di tenere questo faccia a faccia storico, il primo da un anno a questa parte, anche se l’ultima volta era avvenuto solo da remoto. “Come leader delle principali economie del mondo, dobbiamo gestire la competizione dei nostri due Paesi”, ha ribadito Biden dopo aver salutato Xi: “È un piacere rivederti dall’ultima volta, nel 2017”, ha detto il presidente cinese prima di accogliere la proposta americana di “trovare il giusto corso delle relazioni attraverso scambi schietti”. “Niente può sostituire i colloqui faccia a faccia – gli ha fatto eco Biden – Dobbiamo gestire le differenze e prevenire che la competizione possa sfociare nel conflitto”.

I convenevoli finiscono qui, con Xi Jinping che è poi entrato nello specifico delle relazioni tra i due Paesi: “Attualmente le relazioni tra Cina e Stati Uniti si trovano in una situazione tale per cui tutti noi ce ne preoccupiamo molto perché questo non è l’interesse fondamentale dei nostri due Paesi e dei nostri popoli e non è ciò che la comunità internazionale si aspetta da noi”. Nel suo breve intervento all’inizio del bilaterale, il presidente cinese ha sottolineato che “come leader dei due principali Paesi, dobbiamo tracciare la giusta rotta per le relazioni tra Stati Uniti e Cina. Dobbiamo trovare la giusta direzione per le relazioni bilaterali in futuro ed elevarle”. Secondo Xi, “il mondo si aspetta che la Cina e gli Stati Uniti gestiscano le loro relazioni in modo appropriato. Il nostro incontro ha attirato l’attenzione del mondo, quindi dobbiamo lavorare con tutti i Paesi per dare maggiore speranza alla pace nel mondo, maggiore fiducia alla stabilità globale e forte impulso allo sviluppo comune“.

I toni sono diventati meno cordiali e più decisi una volta che l’incontro si è concluso. Biden ha sottolineato che “non deve esserci alcuna Guerra fredda con la Cina”, pur rimarcando il fatto che Pechino e Washington “continueranno a competere in modo vigoroso”. Uno scontro ‘leale’, che non varchi mai certi limiti che i due presidenti stanno cercando di imporsi: questo sembra essere l’obiettivo del summit. E proprio in relazione a questo, uno dei punti più critici è rappresentato dal dossier Taiwan, sul quale né l’una né l’altra parte sembrano essere disposte a fare sconti. La questione di Taiwan “è al centro degli interessi fondamentali della Cina” e costituisce “il fondamento politico delle relazioni Cina-Usa”: è “la prima linea che non deve essere superata”, ha affermato il presidente Xi Jinping. Che ha poi messo in guardia Washington: chiunque cerchi di dividere Taiwan dalla Cina “violerà gli interessi fondamentali della nazione cinese. Il suo popolo non lascerà assolutamente che ciò accada”, ha detto prima di aggiungere di “sperare di vedere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan, ma attraverso lo Stretto la pace e la stabilità e l’indipendenza di Taiwan sono inconciliabili come l’acqua e il fuoco”. Taipei, secondo la diplomazia di Pechino, è “una questione interna cinese. È aspirazione comune di popolo e nazione cinesi realizzare la riunificazione e la tutela dell’integrità territoriale”. Dal canto suo, Biden ha espresso a Xi Jinping l’opposizione degli Usa ad azioni “aggressive e coercitive” di Pechino verso Taiwan, anche se ha egli stesso dichiarato di non vedere “un’intenzione imminente della Cina di invadere Taiwan”.

Non solo su Taiwan si sono soffermate le preoccupazioni dei due leader. Si è infatti parlato anche della Corea del Nord, con il capo della Casa Bianca che ha chiesto all’omologo di incoraggiare Pyongyang ad “agire in modo responsabile”, e di diritti umani, altro argomento sensibile a Pechino: Biden ha infatti espresso a Xi Jinping preoccupazione per le “pratiche della Cina” in Xinjiang, Tibet e Hong Kong.

La Repubblica Popolare, se si esclude la questione di Taiwan, concentra le sue preoccupazioni soprattutto “sull’attuale situazione in Ucraina“. Di fronte “a una crisi globale e composita come quella in Ucraina, è importante riflettere seriamente su quanto segue. Primo, conflitti e guerre non producono vincitori. Secondo, non c’è soluzione semplice a una questione complessa. Terzo, il confronto tra i principali Paesi deve essere evitato”. Per questo “sosteniamo e attendiamo impazienti la ripresa dei colloqui di pace tra Russia e Ucraina e auspichiamo anche che Usa, Nato e Ue dialoghino con la Russia”, ha concluso. I due leader hanno comunque concordato sul fatto che si debba in ogni modo scongiurare l’uso di armi atomiche.

Nonostante le recriminazioni bipartisan, i due leader hanno cercato di trasmettere anche la reciproca volontà di migliorare le relazioni bilaterali, proprio ripartendo dalle dichiarazioni di Xi Jinping sul “mondo che si aspetta che la Cina e gli Stati Uniti gestiscano le loro relazioni in modo appropriato”. Il presidente cinese “è sembrato aperto a fare compromessi”, ha detto Biden. E proprio il leader cinese ha spiegato che le relazioni tra Cina e Usa “dovrebbero non essere un gioco a somma zero in cui una parte supera la competizione o prospera a spese dell’altra”. I successi di Cina e Stati Uniti “sono opportunità, non sfide, l’uno per l’altro. Il mondo è abbastanza grande perché i due Paesi possano svilupparsi e prosperare insieme”. Le due parti dovrebbero avere “una corretta percezione delle reciproche politiche interne ed esterne e delle intenzioni strategiche”. E ha anche smentito alcune ricostruzioni degli ultimi mesi assicurando che Pechino “non cerca di cambiare l’ordine internazionale esistente o di interferire negli affari interni degli Stati Uniti e non ha intenzione di sfidare o sostituire gli Stati Uniti”.

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