di Lilli Valentino

Da parecchi anni vivo all’estero. Ogni tanto – per farmi del male – torno in Italia, a Torino. Vedo quel che resta della famiglia e mi guardo intorno. Interagisco, necessariamente, con l’ambiente.
Di recente, sempre per farmi del male, ho trascorso in Italia ben sei settimane. Ho dovuto acquistare parecchi oggetti e ho quasi sempre pagato con la carta. Come ovvio ho sempre avuto lo scontrino.

Due sole volte, per la fretta, ho tirato fuori i contanti.

La prima volta ho pagato 16 euro per una teglia in silicone in un piccolo, ma elegante negozio di una famosa via del centro. L’oggetto, già imbustato, si trovava sul bancone e la cassa dal lato opposto del negozio. Presi in soldi, la titolare ha cincischiato per un po’ con la cassa e mi ha lasciato tornare da sola al bancone per prendere il mio acquisto, mentre lei si allontanava dalla cassa di qualche passo. Visto che non c’era alcuna traccia di scontrino in vista ho dovuto dire alla persona che c’era con me: “Aspetta un attimo. Devo ancora prendere lo scontrino”. Visibilmente infastidita, la signora è stata costretta a tornare indietro per batterlo e darmelo. Nell’uscire ho salutato. Non ricordo l’abbia fatto lei.

La seconda volta il comportamento è stato ancora più ridicolo. Stesso copione: pacchetto pronto, ancora niente scontrino. Per una spesa di 6 euro ero faticosamente riuscita a raggranellare monetine. La titolare di una sciccosa drogheria le ha fatte cadere sullo storico bancone e, così facendo, tutta impegnata a raccoglierle (“No, no, lasci stare: faccio io”), mi ha congedata, salutandomi. Lei sì, questa volta.

Meschinelle!

Fin qui l’aspetto civico. Pensiamo però anche al nostro personale interesse. Teniamo presente che se non si ha lo scontrino non è possibile chiedere il rimborso dell’acquisto in caso di ripensamento. In Francia, nel Regno Unito, in Svizzera e in Spagna ho sempre avuto l’accredito direttamente sulla carta. In Italia ti offrono un “buono” valido per un altro acquisto (anche quando sbagliano loro a venderti il prodotto. Ci è successo – sempre durante il nostro penoso recente soggiorno – in un rivenditore auto a Moncalieri).

Né si ha la garanzia sull’oggetto né la possibilità di richiedere l’assistenza. Sempre in questo tragico-comico periodo trascorso a Torino (sono pure caduta mettendo il piede in un avvallamento sulle strisce pedonali: sarà ancora sempre colpa di Chiara Appendino?), ho dovuto chiedere lumi su come utilizzare la funzione di richiesta di soccorso su un telefono a grandi tasti che avevo acquistato per mia madre mesi prima. La casa produttrice (?) che ha sede (amministrativa) a Moncalieri ti manda in un negozio di Torino. La prima cosa che fanno è chiederti se hai lo scontrino. Se non ce l’hai, niente assistenza (È vero, sono sfigata, ma lo scontrino l’avevo conservato e avevo pure comprato il telefono da loro. Non c’è stata storia!).

Se racconti queste cose, passi per pedante e crudele. “Ma cosa vuoi che sia? Logico che facciano un po’ di nero quando possono, con tutte le tasse che devono pagare!”.

Anche nei Paesi dove ho vissuto (e vivo) si pagano le tasse. Solo che sono la metà. Chissà perché?

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