Ho trascorso il 1983 negli Usa, in California, a fare ricerche nel Bodega Marine Laboratory di UC Berkeley (attualmente Davis). I miei amici californiani si sorpresero che avessi un posto di ruolo, a vita, a 32 anni: impensabile nel loro sistema universitario. Allora, come oggi, i ricercatori erano sottoposti a pressioni molto forti e vigeva il principio: pubblica o perisci. Da noi, una volta di ruolo, ci si poteva permettere di non fare quasi nulla. Noi, inoltre, mangiavamo e vestivamo molto meglio di “loro” e le nostre case erano mediamente più belle. Avevano pochissime vacanze, lavoravano molto e per le strade c’erano i senzatetto, ridotti sul lastrico.

Mi resi conto che stavamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità e decisi, contro ogni abitudine italica, di comportarmi in Italia come si richiedeva ai ricercatori statunitensi. I miei colleghi mi ritenevano un fanatico.

Provengo da una famiglia di comunisti, e non avevo mai bevuto una Coca Cola (simbolo capitalista….) fino al mio arrivo in Usa, dove optai per la Pepsi. Quel soggiorno mi fece rivedere molte delle mie certezze. In quell’anno avvenne un episodio terribile, che mi fece cambiare opinione sull’Urss.

Un Jumbo coreano fu abbattuto dall’aviazione sovietica e morirono 269 persone. Il Jumbo era entrato nello spazio aereo sovietico ed era stato abbattuto poco prima che ne uscisse: pare che lo avessero scambiato per un aereo spia. I sovietici non avevano alcun interesse ad abbattere un aereo civile e ad uccidere persone innocenti: avevano perso il controllo del loro spazio aereo e avevano reagito in modo scomposto. Nel 1987 Mathias Rust atterrò sulla Piazza Rossa di Mosca con un piccolo aereo da turismo, avendo eluso tutti i sistemi di sicurezza: l’Urss non era in grado di controllare il proprio spazio.

L’evento del 1987 confermò la mia impressione del 1983 e, nel 1989, l’Urss, gigante dai piedi di argilla, cominciò a sfaldarsi.

In questi giorni sto avendo una sensazione analoga. Leggo che i russi, non più sovietici, stanno colpendo le postazioni ucraine con droni di fabbricazione iraniana. Ora, l’Iran è sottoposto a dure sanzioni da molto tempo e non dovrebbe avere un grande potenziale produttivo. E invece, rispetto alla Russia, evidentemente lo ha. Noi dipendiamo economicamente dalla Russia per i combustibili fossili.

Cerco, nel mio archivio mnemonico, qualche prodotto di largo consumo che sia di fabbricazione russa. Guardo le etichette. Molte cose sono fatte in Cina, Giappone, Viet Nam, India e altri posti del genere, ma non ricordo di aver visto una cosa Made in Russia, a parte vodka e caviale, che non sono tra i generi alimentari tipici della mia dieta. Certo, ci sono i Kalashnikov, fucili automatici russi, in produzione dal 1947 e ancora efficientissimi. Non che ne abbia mai toccato uno, ma sono uno dei “classici” degli armamenti. Se fossero rimasti così efficienti, avrebbero avuto bisogno, i russi, di comprare droni iraniani? Pare che persino i droni turchi siano molto efficienti. I russi hanno carri armati e incrociatori, ma con armi relativamente poco ingombranti gli ucraini sono in grado di distruggerli.
Ancora una volta si rivelano giganti dai piedi di argilla.

Giganti fragili che, però, hanno armi atomiche. Una bestia ferita diventa molto pericolosa, e il pericolo aumenta se la si stringe in un angolo da cui non può uscire. Date le dimensioni, non credo sia facile “uccidere” la Russia. Può essere colpita, ma questo ne aumenta la pericolosità e, messa alle strette, può adottare la tattica del “muoia Sansone con tutti i filistei” e innescare l’olocausto nucleare. Senza neppure lanciare testate atomiche, qualche missile ben piazzato sulle centrali nucleari ucraine può scatenare effetti simili o peggiori rispetto a Cernobyl, il che dovrebbe farci riflettere un pochino sulla vulnerabilità di tali impianti.

Gli scenari relativi al conflitto ucraino mi paiono quattro. Scenario uno: smettere di aiutare l’Ucraina e lasciare che i russi ne facciano quel che vogliono, sostituendo Zelenski con un fantoccio. Come quando Allende fu sostituito con Pinochet, o quando i colonnelli greci rovesciarono il governo democraticamente eletto. Scenario due: scendere a patti e concedere qualcosa agli aggressori a patto che la piantino. La belva ferita deve poter fuggire, magari con qualcosa in bocca. Scenario tre: uccidere la belva, con il rischio che questa uccida tutti noi prima di morire (olocausto nucleare). Il quarto scenario potrebbe essere interno alla Russia: i russi si ribellano e fanno a Putin quel che già hanno fatto allo zar. Resta da vedere che tipo di regime ne uscirebbe e, inoltre, questa opzione non rientra nelle possibilità dell’occidente.

Da antico comunista che “stava con la Russia” durante la guerra fredda, fatico a concepire la Russia come qualcosa di differente dall’Urss. E faccio male. Il più strenuo amico di Putin è Berlusconi, che ha costruito la sua fortuna politica sbandierando un anticomunismo viscerale. Putin non è comunista e Berlusconi pare un oligarca che ci ha reso dipendenti dal gas russo e che, forse, ci ha guadagnato ben più che un lettone (il grosso letto regalatogli da Putin, non un abitante della Lettonia). Tornando agli scenari, il secondo mi pare il più percorribile, anche se preferirei il quarto.

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