Scontro pubblico in Rai tra l’azienda e l’Usigrai, il maggiore sindacato dei giornalisti, alla vigilia dello sciopero di 24 ore proclamato per il 6 maggio per denunciare l’utilizzo della tv pubblica come “megafono del governo. I vertici di viale Mazzini accusano l’Usigrai di “promuovere fake news” per “motivazioni ideologiche e politiche“, mentre i lavoratori dell’informazione accusano l’azienda di usare “toni da padroni delle ferriere” e di voler “screditare un’intera categoria“. E incassano la solidarietà della Federazione nazionale della stampa (che parla di “accuse offensive”) e del Partito democratico.

I giornalisti: “Sciopero per libertà e autonomia” – Il botta e risposta è iniziato domenica, con la diffusione sui canali Rai dei videocomunicati in cui le parti esprimono le rispettive posizioni sullo sciopero: “Domani i giornalisti e le giornaliste della Rai, per la prima volta dopo molti anni, si asterranno totalmente dal lavoro per protestare contro le scelte del vertice aziendale che accorpa testate senza discuterne col sindacato, non sostituisce coloro che vanno in pensione e in maternità facendo ricadere i carichi di lavoro su chi resta, senza una selezione pubblica e senza stabilizzare i precari, taglia la retribuzione cancellando unilateralmente il premio di risultato”, spiegano dal sindacato (video). Citando anche la discussa vicenda che ha riguardato lo scrittore Antonio Scurati: “In questi giorni è diventato di dominio pubblico il tentativo della Rai di censurare un monologo sul 25 Aprile, salvo poi, in evidente difficoltà, cercare di trasformarla in una questione economica. Preferiamo perdere uno o più giorni di paga, che perdere la nostra libertà, convinti che la libertà e l’autonomia del servizio pubblico siano un valore di tutti. E la Rai è di tutti”, conclude il comunicato.

L’azienda: “Fake news per motivi politici” – La decisione del sindacato di scioperare su motivazioni che nulla hanno a che vedere con i diritti dei lavoratori si inquadra in motivazioni ideologiche e politiche”, replicano dalla Rai, sottolineando che “alcuna censura o bavaglio è stato messo sull’informazione” e invitando “l’Usigrai a cessare di promuovere fake news che generano danno all’immagine dell’azienda”. I vertici del servizio pubblico sottolineano “l’impossibilità nell’attuale quadro economico di aprire nuovi concorsi pubblici per nuove assunzioni giornalistiche a fronte di un organico di oltre duemila unità, mentre si rendono invece necessari processi di ottimizzazione che consentano di valorizzare l’organico esistente. In questa direzione vanno le razionalizzazioni approvate dal cda Rai. Lo sciopero del sindacato Usigrai a un mese dalle elezioni europee oltre a impoverire l’offerta informativa, espone il servizio pubblico a strumentalizzazioni politiche, privando i cittadini del fondamentale diritto all’informazione, caposaldo della democrazia”, conclude il video.

La contro-replica: “Toni da padroni delle ferriere” – Dopo qualche ore però l’Usigrai diffonde una contro-replica scritta, accusando l’azienda di aver replicato al comunicato sindacale “con toni da padroni delle ferriere”: “Quando non si hanno contenuti, la si butta sull’accusa stantia di fare politica e di far circolare fake news, un’accusa gravissima nei confronti di tutti i giornalisti e le giornaliste della Rai, che punta a screditare un’intera categoria”, si legge in una nota. Il sindacato mette in fila un elenco di contestazioni: “1 – L’azienda sta già riducendo gli organici non sostituendo le uscite per pensionamento. 2 – Alle selezioni pubbliche preferisce le chiamate dirette per le prime utilizzazioni in rete. 3 – Intanto però nega il riconoscimento del giusto contratto a decine di precari della cosiddetta fase 2. 4 – La proposta aziendale sul premio di risultato sottrae ai giornalisti una parte economica riconosciuta invece agli altri dipendenti. 5 – Su censure e bavagli, basta leggere i giornali italiani e internazionali delle ultime settimane. A proposito, che fine hanno fatto i “provvedimenti drastici” annunciati dall’Ad dopo il caso Scurati?”. Infine, conclude la nota, “chi sottrae tempo all’informazione ancora una volta è l’azienda: l’Usigrai si attiene alle regole con un comunicato di un minuto, la protervia aziendale impone una replica che dura il doppio“.

Fnsi: “Dall’azienda accuse offensive” – In difesa dei colleghi della Rai interviene anche la Federazione nazionale della stampa, con un comunicato congiunto firmato dalla segretaria Alessandra Costante e dal presidente Vittorio Di Trapani: “Cento anni fa i giornalisti non potevano dare notizia dei furti di bicicletta. Oggi le notizie non allineate diventano fake news. Fnsi ritiene offensivo il contenuto del videocomunicato che il vertice della Rai ha voluto diffondere in risposta al documento, letto dai colleghi, con cui Usigrai accompagna lo sciopero indetto per domani”, si legge nella nota. “Accusare centinaia di colleghi di diffondere fake news per danneggiare l’azienda è un atto gravissimo oltreché un’operazione di distrazione di massa per occultare ciò che sta davvero accadendo nel servizio pubblico”, prosegue la Fnsi. “Così come è puerile, parodia di Peppone e Don Camillo, bollare come politiche e ideologiche le rivendicazioni sindacali, salariali e contrattuali. Sono decine i giornalisti che da anni, con contratti reiterati, lavorano nei programmi di approfondimento giornalistico senza avere però il contratto giornalistico. E l’azienda si rifiuta di riconoscere loro il giusto contratto. Questa non è una fake news, è verità sotto gli occhi di tutti. Come è stato sotto gli occhi di tutti, in Italia e nel mondo, il maldestro tentativo di censurare il monologo di Antonio Scurati sul 25 sprile. Ultimo episodio di un clima asfissiante per la libertà dell’informazione in Rai”.

Il Pd: “Tentativo di screditare il sindacato” – Dal mondo della politica arriva la presa di posizione del Pd: “Esprimiamo piena solidarietà ai giornalisti del servizio pubblico in sciopero domani. È molto grave il tentativo da parte dei vertici Rai di screditare il sindacato Usigrai, tacciandolo di fare politica e di danneggiare l’azienda”, affermano in una nota i componenti dem in Commissione parlamentare di Vigilanza. “Purtroppo sia i dati di ascolto che le fughe dei volti più rappresentativi e le inquietanti vicende di censura che hanno fatto il giro del mondo, testimoniano in maniera incontrovertibile che i veri pericoli per la più importante azienda culturale italiana vengono dai suoi vertici al servizio di una destra affamata, che ha il solo obiettivo di occupare il potere e di ridurre gli spazi di pluralismo e di libertà”. Ancora più duro il responsabile informazione del partito, il giornalista Sandro Ruotolo: “Non era mai successo che i vertici aziendali delegittimassero il sindacato più rappresentativo della Rai, l’Usigrai. Sta accadendo in queste ore ma fa parte di una strategia più complessiva dei vertici di Telemeloni di screditare chi si oppone alla propaganda meloniana tacciando il sindacato dei giornalisti di fare politica e di danneggiare l’azienda. Vertici aziendali che hanno anche sostenuto la nascita di un sindacato giallo (il riferimento è all’Unirai, il sindacato di destra, ndr) che ricorda tanto quel sindacato giallo della Fiat di Vittorio Valletta. Noi stiamo dalla parte dei giornalisti in lotta, di quelli con la schiena dritta che non si fanno intimidire da nessuno e che tengono a distanza la politica, quella di governo ma anche quella dell’opposizione”.

Il sindacato di destra: “Mobilitazione ideologica” – Nel pomeriggio interviene con un comunicato anche Unirai, sindacato minoritario di destra benedetto dal governo, nato negli ultimi mesi come alternativa all’Usigrai e contrario allo sciopero. “Unirai è voce libera e indipendente di giornalisti che non si fanno piegare dalle pressioni o dagli insulti di chi è stato abituato ad occupare la Rai. Domani le centinaia di colleghi che saranno sul posto di lavoro (dopo che un’assemblea si è pronunciata all’unanimità su questo punto), perché contrari a una mobilitazione ideologica, possono e devono produrre quello che fanno ogni giorno e il frutto del loro lavoro deve andare in onda. Chi si sente padrone della Rai deve semplicemente prendere atto che questa è la stagione del pluralismo. Domani andremo a lavorare insieme ad altri 16mila dipendenti di questa grande azienda che va rilanciata e non infangata ogni giorno dopo averla lottizzata, in maniera abusiva, per decenni. È caduto il muro di Berlino, figuriamoci se non può cadere il monopolio dentro la Rai”, è la conclusione.

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