di Michele Sanfilippo

Le critiche che Emmanuel Macron ha ricevuto, in patria, per essere stato il primo capo di stato ad incontrare la neo primo ministro Meloni danno la misura della fretta che ha la Francia di portare in porto quello che è il suo maggior interesse che riguarda Edf, l’agenzia dell’energia francese, che versa in uno stato finanziario preoccupante soprattutto a causa del nucleare. Gli investimenti fatti per il nucleare di quarta generazione non hanno dato i risultati sperati e sono in molti a sostenere che, di fatto, non esiste.

Già prima della campagna elettorale quasi tutto il centro destra, ci metto dentro anche Calenda e Renzi, avevano annunciato che, in caso di vittoria alle elezioni, avrebbero puntato sulla fissione nucleare. Del resto, questa ipotesi l’aveva fatta balenare anche il ministro della transizione ecologica Cingolani, appena nominato, che non a caso oggi lavora come consulente per l’attuale ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

La Francia, quindi, ha una gran fretta di rientrare, almeno in parte, dalle perdite generate da investimenti in un settore che non è più una scelta accettabile per nessuno, tranne che per l’Italia. La fissione nucleare: non è fruibile in tempi brevi, costa molto ed è pericolosa dal punto di vista degli impianti e della gestione delle scorie.

L’Italia inoltre è un paese sismico ma non sono bastati due referendum per far passare alla nostra classe politica la voglia insopprimibile di praticare questa scelta. Un paese come il nostro, come ammonisce Nicola Armaroli nel suo ultimo libro “Un mondo in crisi. Gas, nucleare, rinnovabili, clima: è ora di cambiare”, non dovrebbe puntare ad un irrealizzabile ritorno al nucleare o a tecniche ormai insostenibili per estrarre gas e petrolio come il fracking. Dovrebbe piuttosto sfruttare gli immensi flussi rinnovabili che il nostro territorio ci mette a disposizione.

Il problema è che anche questa pseudo nuova classe dirigente che è andata al potere soffre dello stesso problema di quella precedente: la sudditanza rispetto agli interessi economici che governano le economie del pianeta mondo. Il controllo dell’energia è fonte di tali e tanti guadagni da rendere impensabile il ricorso a fonti di energie gratuite che permetterebbero a ciascuno di noi di diventare dei produttori.

Ancora non abbiamo capito che se non cambiamo il paradigma, mettendo il profitto dietro l’interesse della collettività, arriveremo ad un punto di non ritorno. Ce ne renderemo conto per tempo? Nel frattempo, buttiamoci nel metaverso, pur sapendo che non ci salverà da nulla. Anzi.

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