E’ difficile essere un personaggio pubblico. Specie se sei un personaggio che si occupa di crisi climatica e dunque costantemente in lotta con gli immensi interessi di chi, invece, vorrebbe continuare business as usual, ovvero vendere gas e petrolio e fare enormi guadagni.

Stamattina La Stampa di Torino, giornale che peraltro negli ultimi mesi ha seguito i temi climatici, fa una doppia pagina titolando “Greta, la svolta nucleare”. Secondo il quotidiano, Greta sarebbe diventata nuclearista solo perché ha pronunciato la seguente frase: “Se le centrali nucleari sono in funzione, credo sarebbe un errore spegnerle e focalizzarsi sul carbone”. In altre parole, ha detto qualcosa di ovvio e di buon senso: il carbone è il peggio del peggio dal punto di vista climatico, dunque sostituire le centrali atomiche col carbone non avrebbe senso. Il che non vuol dire in nessuno modo che lei sia a favore delle centrali nucleari. Insomma, se io dico una cosa causa minor danno di un altro, non sto dicendo che quella che causa meno danno sia positiva.

La giornalista tedesca – l’intervista è tradotta – ha insistito ancora su cosa fare delle centrali nucleari dopo e lei ha risposto “dipende” che, ancora, non vuol dire che sia a favore del nucleare ma che in questo momento la domanda non ha senso, perché siamo in un contesto emergenziale dove è difficile capire come procedere. In questa intervista Greta si dimostra realista, in maniera molto diversa dai realisti nostrani, quelli che fanno passare per realismo il continuare, appunto, a fare come sempre. Per lei realismo è affrontare la crisi climatica e combatterla in ogni modo, dalle rinnovabili all’attivismo. Ma per il giornale è “svolta nucleare”.

La stessa Stampa, tra l’altro, riporta a lato dell’intervista un articolo, abbastanza drammatico, in cui si spiega come in Italia non si sappia più dove mettere 100mila scorie nucleari che ancora abbiamo, perché comuni e regioni si oppongono. E allora il lettore resta confuso: cosa dovrebbe pensare del nucleare? Perché il problema è sempre quello: la stampa italiana non riesce in nessun modo a fare una copertura coerente dei temi climatici.

Sempre restando sull’oggi, e sempre sulla Stampa, si ricordano en passant i dimenticati dell’alluvione, ovvero i superstiti della catastrofe climatica nelle Marche, che hanno dovuto persino ascoltare un commento del capogruppo di Fratelli d’Italia, che ha detto “che le vittime si trovavano nel posto sbagliato”.

Se poi per caso il lettore avesse acquistato anche Repubblica potrà leggere un interessante articolo che, partendo da un rapporto Croce Rossa-Ocha, spiega come entro il 2100 una serie molto vasta di territori sarà letteralmente inabitabile con conseguente fuga di centinaia di milioni di persone. Mentre su Avvenire un report del Wwf denuncia la scomparsa drammatica della biodiversità.

Tuttavia, nelle prime pagine di tutti i giornali, in questi giorni, si parla invece solo di totoministri e di governo, al massimo di energia e caro bollette. Senza che nessun giornale – con eccezioni, ad esempio il giornale dei vescovi – abbia il buon senso di legare tutto ciò che riguarda la cronaca dei disastri climatici e i report scientifici sul tema al governo. Nessuno che, come ho già avuto modo di scrivere, parli del ministero della Transizione ecologica, ne chieda conto al prossimo governo, nessuno che faccia un’analisi dei futuri ministri proprio in chiave climatica, nessuno che denunci il possibile disastro che si avrebbe se le voci che parlano di un super ministro dell’energia targato Eni saranno confermate.

Perché questo significherebbe ancora puntare sul gas, e magari sul nucleare benedetto da Greta. Proprio quel gas che ci ha trascinato nella situazione in cui siamo, con famiglie che non hanno soldi per libri e per scarpe… e perché? Perché dieci anni fa non si è fatta la transizione ecologica, non si è continuato sulla strada delle rinnovabili, fermata e rallentata, per non dire di peggio, da chi aveva altri interessi, come appunto vendere il gas.

I giornali dovrebbero allora mettere insieme tutto questo e spiegare ai lettori che la dipendenza dei fossili ci ha messo in questo stato, e che la guerra è legata alla dipendenza dai fossili. Dovrebbero legare invece rinnovabili, bollette sostenibili e pace. E dovrebbero raccontare tutto ciò in maniera coerente, non separando la cronaca politica dall’articolo emergenziale, passando per la strumentalizzazione vergognosa di un’intervista a Greta. Perché, appunto, i lettori non capiscono più nulla.

Ma forse ai giornali va bene così. Un colpo al cerchio uno alla botte, un po’ di rinnovabili, un po’ di atomo, un po’ di gas, senza prendere posizioni radicali, esattamente come hanno fatto gli ultimi governi e in particolare Draghi col ministro Cingolani. Tanto il conto della loro incoerenza lo pagano sempre gli altri, i poveri. Quelli che forse leggeranno su qualche social “svolta nucleare di Greta”, saranno ancora più confusi, capiranno sempre meno e non andranno a votare. Con buona pace del compito dei veri giornali, quello di dare un senso a ciò che accade, leggere criticamente la realtà, riportare i fatti veri e le parole, senza strumentalizzare; indicare una strada chiara. Che normalmente è solo una, non mille e in contraddizione tra di loro.

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