di Ivan Galaverna

In Europa tendiamo a dimenticarci che all’interno degli Stati possono esserci vari popoli. Prendiamo come esempio l’Italia. All’interno del nostro paese sono presenti varie minoranze etnico-linguistiche: la minoranza slovena, la minoranza austriaca, la minoranza friulana e quella sarda. In Slovenia invece è presente quella italiana. Gli sloveni sono completamente indifferenti nel vedere la bandiera italiana sventolare fuori dal municipio di Pirano-Piran o fuori dall’università di Koper-Capodistria. A Trieste invece, a certi dà fastidio vedere la bandiera slovena fuori dai municipi e varie scritte bilingui vengono costantemente cancellate.

Ricordiamoci dell’incontro tra il presidente Mattarella e il suo omologo sloveno Borut Pahor. I presidenti si sono resi protagonisti di un gesto simbolico molto forte, che ha messo la parola fine a un periodo storico estremamente doloroso. In molti si sono emozionati nel vederli quando si tenevano per mano. Prima si sono recati alla foiba di Basovizza, successivamente al memoriale dei partigiani caduti (spomenik bazoviških junakov), infine al Narodni dom (sede delle organizzazioni degli sloveni triestini), dato alle fiamme dai fascisti il 13 luglio 1920. Lì sono stati raggiunti da Boris Pahor, scrittore italo-sloveno sopravvissuto al campo di concentramento. Nei suoi libri Grmada v pristanu e Nekropola ha raccontato le atrocità e le sofferenze causate dal nazifascismo. Sfortunatamente la Rai si e concentrata soltanto sulle foibe, tralasciando il resto. Negli anni invece il Fatto e Fanpage hanno deciso di analizzare la questione nella sua interezza, parlando anche dei campi di concentramento per gli slavi e dell’italianizzazione forzata. Molti invece danno più valore ai morti appartenenti a una determinata etnia o nazione.

Lo stesso principio viene usato anche per la guerra in Ucraina. I cittadini ucraini di etnia ucraina vengono ricordati, mentre quelli di etnia russa vengono ignorati. Entrambi però meritano lo stesso rispetto e la stessa compassione da parte dell’opinione pubblica. I media da entrambi i lati sono guidati da interessi economici e geopolitici, e se i morti sono scomodi vengono semplicemente cancellati dalla storia. Quello che non viene raccontato non è mai accaduto. A volte i ribelli vengono dipinti come terroristi, altre come martiri per la libertà. L’unica costante in un mondo di variabili resta la nostra empatia, che va usata come strumento principale, mettendo in secondo piano ideologie, credenze religiose e nazionalismi. Per le ideologie, la religione e i nazionalismi sono morte moltissime persone, al contrario l’empatia ne ha salvate tante. I popoli non hanno bisogno degli Stati per sopravvivere, gli Stati invece sì. Se muore uno Stato, muoiono solo dei confini. Se muore un popolo scompaiono lingua, cultura e tradizione. In Europa sono scomparsi molti Stati in passato (Austria-Ungheria, Prussia, Jugoslavia). La morte di uno Stato non è una tragedia, quella di un popolo sì. Prima i popoli, poi gli stati.

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