Il nostro poeta, un poeta pennuto, pur sapendo che il mondo esiste da sempre e che in esso ogni argomento e intenzione poetica non può prestarsi all’utile di un fine, di nessun fine, si ritrova senza possibilità di contrattazione alcuna ad essere ridotto ad una cosa da vendere a peso.
L’immagine è stata creata da Chiara Coccorese, penna bic su carta.

***

Si accendono grandi lampade rettangolari su cinquantamila polli dentro un capannone.

UN POLLO: Si desta l’alba! Quanta bellezza, quanta tenerezza! Tra poco arriva mamma, appena si aprirà quella grande porta in fondo mamma entrerà. Io sono nato sei settimane fa credo, credo di sì, perché ho contato bene: dal giorno che ho veduto mamma per la prima volta ho contato sei volte sette giorni e tutti i giorni, tutti i giorni mamma è sempre venuta qui da noi. Mamma! raggiungimi presto, lo senti il mio richiamo? Ho sete e ho fame! Ho fame e ho sete!

Ma ma ma mam ma ma mamma mmammaaaaaaa; tutti pronunciamo la stessa parola, insieme la chiamiamo (ride) ma io la vorrei tutta per me, solo per me… Le direi: Amore, pio pio pio! pio; pio; pio; mhmm… ormai son grande per “pio pio”. Ricominciamo: le direi: Amore mio mio mio! Sei solo mia! Non dirmi che è follia! E anche se al mondo tutto muta l’unica certezza della vita mia sei tu mammina mia… Anzi no; meglio: sei tu anima mia! E’ più preciso dire: anima mia. Le parole si riservano di saltar fuori quando gli va! (ride) E anche se al mondo tutto muta, l’unica certezza della vita mia, sei tu, anima mia.

Ora però devo spostarmi un po’, non sto bene qui a tiro di lampada. La luce piazzata così, proprio in fronte, mi acceca… (si sposta) da questa penombra vedrò meglio tutto. La visione. Sbrigliare l’immaginazione. Credo di essere un poeta. Credo di sì. I versi che ho creato li ho tutti nella testa e accanto vi sono quelli che ancora non ho composto ma, quando lo farò, credo che avrò bisogno di carta; fogli di carta su cui scrivere; credo di sì.

Qui di carta non ce n’è… per ora. Ma io so attendere i momenti magici, perché ho la pazienza di attendere. L’attesa. Tutti gli esseri viventi sanno cosa sia l’attesa, ognuno di noi non è altro che… intendo la nostra carne, la carne di ognuno non è altro che l’insieme di tutto quello che è accaduto a tutti gli altri fino al momento della nostra nascita. Tanta roba. E in mezzo c’è anche l’attesa.

Il momento più bello è quando lei apre la porta per entrare e lei, lei non la richiude mai completamente dietro di sé; allora la luce da fuori approfitta del varco ed entra. Si diffonde; è una luce che non è come questa che mi acceca, no: è una luce che attraversa l’aria fatta dai nostri respiri e quando attraversa la nostra aria respirata della notte, in essa lo sciame dei sottilissimi puntini di polvere danza in un vorticoso aureo viavai e nel brulichio volteggiano lentamente sospese, con un movimento più ampio e indolente, anche alcune nostre povere piume.

È la luce del giorno. Credo di sì. Non lo credo perché sono un poeta, lo credo semplicemente perché non c’è bisogno di vederle le cose per sapere che esistono. Certo che vorrei vedere il sole quando sorge, che discorsi, ma non per avere una prova della sua esistenza, lo so; esiste, lo sento, quando sorge.

Conosco il gesto dei fiori quando si schiudono. L’aurora…

(Entra un uomo)

Mammaaa!
Mamma sei qui!
Di bianco vestita…
Come sei bella nella la tua candida tuta galattica, pure il cappuccio c’hai! Le cure hanno inizio, ci disseti, ci sfami; siamo tanti ma tu arriverai fin quaggiù, fino a me, in un batter d’occhi… Si fa per dire uno! Io intanto inizio a battere gli occhi: li chiudo una volta e li riapro, li chiudo la seconda volta e li riapro e ogni volta la distanza che ci separa si accorcia, li chiudo di nuovo e li riapro, ma lentamente molto lentamente adesso, così passa più tempo… Mi piace troppo questo gioco! (ride)… li richiudo ancora eeee… Levo lo sguardo e sei qui!

Grazie, grazie, grazie mamma! Che fresca quest’acquetta, mi ritempra; sembra neve sciolta, mhmm… Che ne so io della neve?… Eh mamma, poi ti spiego, ora fammi assaporare anche il pasto… mhmmm, mhmmm pio, che buono pio, mhmmm, pio… Pio! Ho detto: pio!!! No, pio no. E’ che quando penso a lei o la vedo per davvero, mi scappa.

Mamma dove sei? Ah, eccoti.

(L’uomo prende in braccio il pollo)

Hei! pensavo che mi stessi solo sfiorando come a volte fai, che mi sembra una carezza, più o meno, e invece mi prendi con due mani, mi accogli e mi adagi sul tuo petto… Oh! I palpiti! Ho il cuore a mille, fammi sentire il tuo così vicino al mio: anche tu vai a mille.

Credo di sì; no no, non voglio assillarti con infiniti perché.
E’ vero, stop.
(Escono all’aperto)
Mamma; ma…
ma…
Mamma…

Che incanto la Vita.

Non stringermi così forte non scappo via, sono completamente abbandonato al tuo passo e passo dopo passo sono anche là e là e là, dopo il fiume ai limiti del bosco; sono la tua stessa andatura e riconosco ogni cosa.
La polpa dei frutti.
Mamma…
Adesso è più chiaro chi sono…
io sono…
sono atavico mamma
e sono
dorato
rigoglioso come un campo di grano maturo prima della mietitura.
(Entrano in un grande prefabbricato)
Di nuovo queste lampade, che sono pure malmesse, mi tremano agli occhi.
L’aria è minacciata…
Che temperatura… fa un freddo, non lasciare che mi si gelino le zampette mamma, usciamo da qui mamma, voglio tornare alle cose a me care…
Chi sono questi? chi siete… Ooooh! Ma che cazzooooo!!!
V’imploro…
MAMMAAAA… MA IO SONO UN POET… … … … … … … …

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