Gli oltre 200mila uomini mobilitati non sono bastati a Vladimir Putin a cambiare le sorti del conflitto, almeno per ora. A questi, inoltre, sono corrisposti molti più cittadini che, col timore di essere reclutati con la forza, sono fuggiti dal Paese. Ma il presidente russo, con ogni ipotesi di colloqui di pace a breve termine naufragata negli ultimi giorni, vuole cambiare il trend di una guerra che da mesi ormai lo vede indietreggiare. E per farlo ha deciso di allargare il conflitto coinvolgendo uno dei suoi alleati di ferro, il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko.

Così il leader di Minsk, dopo aver convocato un incontro urgente con le forze armate e di sicurezza, ha annunciato che schiererà le sue truppe al fianco di quelle russe “nella regione”. Una scelta, dice, legata a informazioni in suo possesso che suggeriscono la volontà dell’Ucraina di voler attaccare il suo Paese, mentre la Nato e alcuni Stati membri dell’Ue starebbero addirittura pensando a diverse opzioni per un’offensiva su Minsk, anche con l’uso di un’arma nucleare. “La situazione intorno alla Bielorussia, come abbiamo già detto, rimane tesa – ha detto Lukashenko nel corso dell’incontro – Una delle ragioni è che l’Occidente continua a sostenere che l’esercito bielorusso si impegnerà direttamente (nell’operazione militare speciale della Russia) in Ucraina. Essendo stati influenzati da queste storie fasulle, i leader militari e politici dell’Alleanza nord-atlantica e di alcuni Paesi europei stanno ora valutando apertamente le opzioni per compiere un’aggressione contro il nostro Paese, fino a condurre un attacco nucleare”.

Un gioco di ribaltamento della prospettiva che ha però provocato l’immediata reazione dell’Unione europea: “Abbiamo preso nota delle false accuse del regime di Lukashenko, sono accuse infondate, ridicole. Sono inaccettabili. L’Ucraina qui è la vittima. L’Ue esorta il regime della Bielorussia dall’astenersi da qualsiasi coinvolgimento”, ha detto il portavoce del Servizio di Azione Esterna, Peter Stano, durante il consueto midday briefing con la stampa. Un coinvolgimento, quello bielorusso, che stando alle ultime notizie in arrivo da Kiev sarebbe già realtà. L’Ucraina accusa infatti Minsk di aver offerto a Mosca il proprio territorio per lanciare droni iraniani nel corso del raid di lunedì mattina: “Il nemico ha usato droni iraniani, modello Shahed-136, lanciati dal territorio della Bielorussia e contemporaneamente dalla Crimea occupata”, si legge in una nota dello Stato Maggiore ucraino pubblicata su Facebook, precisando che la difesa aerea ne ha distrutti nove.

Da Mosca, invece, si sta cercando di non trasformare la discesa in campo dell’esercito di Lukashenko in un’altra dimostrazione di debolezza, come successo con la mobilitazione parziale. Così, il capo del Comitato di difesa della Duma, Andrei Kartapolov, ha voluto puntualizzare che “la partecipazione delle forze congiunte della Russia e della Bielorussa all’operazione militare speciale non è necessaria. Il gruppo incaricato di svolgere questi compiti è perfettamente in grado di adempiervi”. E ha poi spiegato che “lo spiegamento di forze congiunte sta avvenendo in risposta alle azioni dei nostri oppositori, in primis la Polonia che al confine con la Bielorussia ha iniziato a schierare formazioni. Pertanto, ovviamente, non possiamo rimanere indifferenti”.

COSA CAMBIA – La messa a disposizione dell’esercito bielorusso non sembra poter cambiare le sorti del conflitto, se si considera solo il fattore numerico. Secondo gli ultimi dati a disposizione, risulta che le Forze Armate di Minsk siano composte da circa 60mila uomini, ai quali si aggiungono circa 300mila riservisti che potrebbero essere richiamati in caso di necessità. Numeri che difficilmente saranno sufficienti a spostare le sorti del conflitto, anche alla luce di un arsenale non certo all’altezza né di quello russo che di quello ucraino. Ma potrebbero avere un ruolo non certo marginale sulla definizione della nuova mappa della guerra. Mentre il conflitto, dall’inizio della controffensiva ucraina, si è spostato soprattutto nelle aree del sud-est del Paese, l’apertura di un nuovo fronte a nord, al confine con la Bielorussia, potrebbe cambiare sensibilmente gli equilibri: un po’ come avvenuto nel corso delle prime settimane dell’invasione, i militari di Volodymyr Zelensky sarebbero costretti a dedicare una parte delle proprie risorse umane e militari anche al confine col Paese di Lukashenko, allentando, se non perdendo, la pressione esercitata in questo momento in particolar modo nelle aree di Kherson, Zaporizhzhia, nel Donetsk e nel Luhansk.

Se questa perdita d’intensità, sempre che Mosca e i suoi alleati decidano di sfruttare quel confine come punto di pressione in particolar modo sulla vicina capitale ucraina, possa provocare un ribaltamento della situazione, con conseguente perdita di terreno da parte delle forze ucraine, è impossibile da dire al momento. Ciò che appare evidente è che prima di ricorrere alla soluzione estrema, ossia l’uso di un’arma nucleare tattica, Vladimir Putin cerca di ristabilire gli equilibri della prima fase del conflitto, quando le sue truppe avanzavano in maniera lenta ma apparentemente inesorabile: creare più fronti per ‘diluire’ la capacità di risposta e contrattacco degli uomini di Kiev. Se avrà la capacità e la forza di riuscirci lo diranno soltanto le prossime settimane di guerra.

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