Le nubi sulla guerra in Ucraina diventano sempre più nere. Dopo l’attentato al ponte che unisce la Crimea alla Russia, c’è stata un’ulteriore escalation nei rapporti fra Mosca e Kiev. Putin ha accusato l’Ucraina dell’attentato e Zelensky ha dichiarato che erano stati gli stessi russi. Inoltre in risposta al referendum svoltosi nel Donbass e negli altri territori occupati dai russi che hanno confermato di voler far parte della federazione di Mosca, Zelensky ha ribadito di non voler più trattare per la pace.

Sullo sfondo resta la terribile minaccia di Putin di un ricorso alla guerra nucleare. A mio avviso, come ha dichiarato più volte Unione Popolare, le popolazioni europee, che sarebbero le prime vittime di questa escalation, benché in ritardo dovrebbero manifestare in piazza contro la guerra, chiedendo come fini immediati da raggiungere il principio di autodeterminazione dei popoli; il riconoscimento della validità dei referendum attraverso una verifica da parte dell’Onu; la neutralità dell’Ucraina da mantenere fuori dalla Nato.

Per quanto riguarda l’Europa il problema fondamentale consiste nell’aumento delle bollette del gas e della luce, che hanno raggiunto un importo quadruplicato rispetto a un anno fa.

In Europa non si trova una soluzione idonea a questo problema. Molto si è parlato di mettere un tetto al prezzo del gas, ma i Paesi del Nord, compresa la Germania, si sono opposti, e per ora non è in vista nessuna soluzione. Si potrebbe invece far riferimento al principio giuridico di equivalenza tra il dare e l’avere, poiché nel caso di specie non appare applicabile l’ articolo 1467 del Codice civile, il quale prevede la risoluzione del contratto soltanto in presenza di avvenimenti straordinari e imprevedibili, non potendosi considerare un avvenimento di tal fatta la speculazione sul gas che è avvenuta addirittura prima che la Russia interrompesse i rifornimenti.

Si tratterebbe in ultima analisi di attuare direttamente un principio fondamentale della Costituzione secondo il quale l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, la sicurezza e la libertà umana (art.41 Cost.) e quindi non pagare in massa le bollette, ovviamente con tutti i rischi che ciò comporta. Anche in questo caso è Unione Popolare che potrebbe agire per prima, avendo posto nel suo programma l’attuazione della Costituzione economica.

Più sicura è certamente la soluzione politica. Si potrebbe pensare che il governo italiano, come ha già fatto la Spagna, imponga un tetto al prezzo delle forniture di gas. Ma preferibile, a mio avviso, è colpire il descritto aumento delle bollette, agendo sulla fonte dell’aumento stesso e cioè sulla speculazione che ha prodotto extra-profitti per le aziende del settore che dovrebbero essere tassati al 100%.

In proposito devo ricordare che il governo Draghi ha fatto ricorso a questo tipo di soluzione con decreto legge numero 21 del 21 marzo 2022, ma il ministero delle Finanze ha commesso l’errore di calcolare quello che è stato chiamato prelievo solidaristico straordinario a carico delle società del settore energetico sul saldo dell’Iva, anziché sull’utile ottenuto, e ciò ha prodotto il mancato pagamento del contributo, da parte delle imprese energetiche, le quali hanno fatto ricorso al Tar: sono così pervenuti nelle casse dello Stato soltanto 2 miliardi rispetto agli 11 previsti.

Sarebbe dunque necessario che Draghi emettesse un nuovo decreto legge che preveda l’aumento del contributo di solidarietà dal 25%, come era nel precedente decreto, al 100%, e sancisca che il calcolo di quanto dovuto va calcolato non sul saldo dell’Iva, ma sull’utile percepito.

In realtà il problema è sorto dal fatto che da 30 anni a questa parte, anziché mantenere l’approvvigionamento e la distribuzione del gas e dell’energia elettrica come bene demaniale inalienabile del popolo italiano, si è proceduto dapprima alla loro privatizzazione con la legge del governo Amato del 1992 e poi alla loro vendita con il decreto Bersani del 1999, che ha riguardato la produzione e la distribuzione dell’elettricità a molteplici società private; e il decreto Letta del 2000 che ha fatto altrettanto per quanto riguarda il gas.

Proporrei pertanto di riacquistare al popolo italiano, mediante esproprio, questi due settori energetici, tenendo presente che, essendo stati venduti per somme esigue, essi in pratica hanno costituito un aiuto di Stato, vietato dai trattati, alle imprese private acquirenti. Noto in proposito che molte privatizzazioni sono state fatte da Francia e Germania senza che la Commissione europea le impedisse.

Ritengo importante ancora che lo Stato agisca sulle imprese che pagano le tasse all’estero, costringendole a pagarle in Italia. Lo potrebbe fare in virtù dei poteri speciali che il governo ha con la golden power; per fare solo un esempio ricordo che Berlusconi, dopo aver illegittimamente ottenuto il servizio radio-televisivo, appartenente al demanio statale, con una concessione senza termine, paga le tasse in Olanda.

Si tratterebbe di attuare il citato articolo 41, nonché l’articolo 43 della Costituzione, secondo il quale: “i servizi pubblici essenziali e le fonti di energia devono appartenere alla mano pubblica”, tenendo presente che questi principi fondamentale della Costituzione sicuramente prevalgono su qualsiasi disposizione dei trattati e del diritto europeo secondo un’inveterata giurisprudenza costituzionale.

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