di Monica Valendino

Ai giornaloni allineati nell’analisi del voto è sfuggito di sottolineare un dato importante: tra i motivi che hanno spinto l’elettorato a premiare FdI, M5S e l’alleanza Verdi-Sinistra c’è anche la politica estera. Conte dopo aver votato a favore della linea Draghi si è smarcato in tempo; Fratoianni e Bonelli sono gli unici ad aver votato sempre contro l’invio di armi per cercare la pace in Ucraina, mentre la Meloni è stata premiata perché unico grande partito all’opposizione (vera o presunta che sia), ma soprattutto per le sue idee espresse senza mezzi termini in passato.

È il primo ottobre del 2014 quando alla Camera Giorgia Meloni parlava così all’indomani dell’intervento russo in Crimea: “Sono sconcertata dalla leggerezza con la quale l’Ue affronta le relazioni economiche e geopolitiche con la Russia e delle ripercussioni che le sanzioni e le conseguenti controsanzioni possano avere sull’economia italiana”.

Fa anche riferimento al problema del gas e all’aumento delle bollette delle famiglie italiane, già in atto. Denuncia che l’Ue non abbia una politica estera propria, che esegua gli ordini del duo Obama-Biden e che non abbia alcun senso forzare per l’ingresso dell’Ucraina nella Ue e nella Nato, andando in guerra con Putin, del quale si ha bisogno per combattere insieme l’Isis. “L’Italia ritiri immediatamente il proprio sostegno alle sanzioni contro la Russia. L’Italia si faccia promotrice di una risposta politica alla crisi e speriamo che per una volta non si faccia i servi sciocchi di interessi altrui”. Una linea che oggi è condivisa da moltissimi italiani e suoi elettori che le hanno dato mandato sperando che queste parole obiettivamente di buon senso siano attuali.

Qualcuno sosterrà che le cose sono cambiate perché la Russia ha invaso l’Ucraina: vero, la condanna sotto questo profilo è indubbia, ma se non si torna a capire che quanto accaduto a febbraio è l’apice di un problema cominciato nel 2014 (e anche prima con l’aiuto a stelle e strisce) non ci sarà più dialogo, ma solo una guerra globale. La Meloni che come Salvini e Berlusconi non hanno mai nascosto le loro idee sono stati chiamati a questo dal popolo italiano: a dialogare, perché l’Italia deve erigersi a un ruolo diplomatico e non subalterno alle volontà altrui. Cambiare oggi idea significherebbe per la Meloni tradire sé stessa e i suoi elettori.

Perché, sempre nell’ottobre, ma questa volta del 2019 la futura presidente del Consiglio su Facebook scriveva: “Vergognoso silenzio dell’Occidente sull’invasione turca della Siria del nord. Usa e Ue hanno giustificato le sanzioni economiche contro la Russia come una reazione alla violazione russa dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Ora coerentemente pretendiamo che la Ue attivi sanzioni immediate contro la Turchia del sultano Erdogan per l’invasione della Siria del nord e la guerra ai curdi, popolo che tanti meriti ha nella lotta ai tagliagole dell’Isis”.

Ineccepibile, se non fosse che oggi il sultano di Ankara è l’ago della bilancia della Nato, il cui sì a Finlandia e Svezia è stato vincolato all’estradizione dei rifugiati curdi. Infine, tornando all’Ucraina ricordiamo il tweet del 2014: “Giusto che sul futuro della Crimea si esprima il popolo con un referendum”, scriveva la nostra. Oggi il referendum del Donbass non è poi così molto diverso, ma diversa sembra essere la sua posizione dichiaratamente filo Nato.

Insomma, quo vadis, Giorgia? Verso le idee che hanno portato il partito fino al 26 per cento oppure verso la sottomissione ai voleri esteri alla faccia anche di chi ha posto fiducia in FdI per un futuro italiano con un ruolo di ponte e non di portaerei?

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