La Procura di Venezia ha chiuso con la richiesta di 32 rinvii a giudizio l’inchiesta sullo sfruttamento del lavoro sottopagato e sui regali che una decina di funzionari di Fincantieri avrebbero ricevuto a Porto Marghera per assicurare il sistema che tollerava paghe da fame per lavoratori soprattutto asiatici. Il sostituto procuratore Giorgio Gava ha contestato, a diverso titolo, i reati di intermediazione illecita e sfruttamento dei lavoratori stranieri impiegati nella costruzione delle navi (articolo 603 bis del codice penale) e di corruzione tra privati (per le somme di denaro e regali donati da imprese subappaltatrici). Sotto accusa è finito in primo luogo il sistema della “paga globale”, ovvero dai 5 ai 7 euro all’ora, senza straordinari o maggiorazioni per lavoro festivo, senza ferie pagate per i dipendenti delle società subappaltatrici. Pur di tenere un lavoro che consentiva loro di avere il permesso di soggiorno, lavoratori extracomunitari (soprattutto bengalesi) erano disposti ad accettare di tutto. Una vera catena di sfruttamento che il pm ha definito il “sistema Fincantieri”, che sarebbe stato imposto dalla dirigenza della società nella costruzione delle navi. Praticamente, un aut-aut: o le imprese accettavano quelle condizioni o venivano estromesse dal mercato.

I dipendenti della Fincantieri imputati sono 15, con accuse diverse. Carlo De Marco (direttore navi mercantili), Vito Cardella (procuratore Fincantieri a Trieste), Luca De Rossi (ufficio controllo produzione a Marghera), Andrea Bregante (ufficio acquisti a Castellammare di Stabia), Matteo Romeo e Mauro Vignoto (ufficio dichiarazione di conformità) sono accusati di entrambi i reati. Matteo Amato, Alberto Scarpa, Michele Bellunato, Michele Vianello ed Enrico Beltrame, solo di corruzione. Sono imputati solo di sfruttamento dei lavoratori Antonio Quintano e Francesco Ciaravola (procuratori Fincantieri a Marghera), Alessandro Ganzit (procuratore a Trieste) e Massimo Stefani (ufficio acquisti). Di corruzione è accusato l’architetto Massimiliano Lo Re di Costa Crociere.

Il procedimento è costruito soprattutto attorno alle intercettazioni telefoniche e ai verbali di due consulenti del lavoro che si occupavano della preparazione delle buste paga. Si tratta di Angelo e Bruno Di Corrado, che sono stati coinvolti anche in un processo per le infiltrazioni dei Casalesi nella pubblica amministrazione di Eraclea. Secondo la Procura il valore degli appalti era fissato a priori da Fincantieri, con livelli di costo e di prezzo che le imprese erano costrette ad accettare, anche se rischiavano di andare in perdita. Per questo le paghe erano così basse per le squadre di operai impiegati nella costruzione delle grandi navi.

L’inchiesta ha preso avvio quattro anni fa, con l’arresto di un imprenditore asiatico, che collaborò con gli investigatori. Venne così a galla anche un quadro di insospettabili regali (orologi, computer, vacanze) e di versamenti di somme di danaro (da 500 a 2.500 euro) a funzionari Fincantieri per ottenere il rinnovo delle commesse. Nel capo d’accusa sono tirate in ballo anche Fincantieri (società pubblica) e 13 ditte di dimensioni minori, in quanto responsabili di non aver adottato misure adeguate per prevenire i reati commessi dai propri dipendenti (Naval Welding, Venice Group, Gold Bengol, Gazi, Ro Welding, Dieffe Group, Gvek H&S Marine, Carpent Marine, K2, Gma, Shipbuilding Enterprise e S&A). Nel processo potranno costituirsi come parte offesa una trentina di operai, tutti del Bangladesh.

L’accusa è di “aver sottoposto lavoratori a condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno”, attraverso la “paga globale”, con “indicazioni fittizie, per conferire apparenza di legittimità al sistema retributivo, con l’annotazione di ore di lavoro inferiori a quelle effettivamente prestate”. Una decisione che però avrebbe attuato “precise linee strategiche di politica aziendale della Fincantieri Spa (improntate all’esternalizzazione della quasi totalità delle lavorazioni e al massimo risparmio sul costo del lavoro)”. E le corruzioni? Il titolare di una delle piccole aziende ha dichiarato: “Tutte dovevano pagare per poter lavorare: in alcuni casi si trattava di versamenti mensili, in altri di pagamenti una tantum. E a Natale all’interno del cantiere, a Marghera, era un via vai di furgoni carichi di costosi regali per dirigenti e funzionari”.

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