Vi siete mai chiesti perché tutte le banche (nessuna esclusa) fanno, più o meno, imbestialire i loro clienti vincolandoli con dei contratti capestro, sfruttandoli con le spese, confondendoli con clausole scritte in piccolo e penalizzandoli laddove violano norme che non hanno compreso? Eppure un principio inderogabile del marketing si basa sul presupposto che la soddisfazione del cliente genera fiducia e la fiducia genera profitti. E allora come si spiega questo paradossale comportamento anti-economico? Perché, appunto, questi comportamenti non sono anti economici. Anzi, rendono e tanto. In particolare le banche hanno scoperto che operare in un mercato che faccia “cartello” per farsi odiare dai clienti confusi e male informati, che finiscono spesso per prendere decisioni di acquisto improprie, può essere estremamente redditizio.

Pensate, è solo uno dei tanti casi, al momento in cui si deve scegliere il conto corrente adatto alle proprie esigenze: i clienti delle banche devono quasi sempre scegliere tra una decina di offerte senza essere guidati verso quella che meglio risponde ai loro bisogni ma, al contrario, vengono indirizzati verso proposte più profittevoli per la banca. E molto spesso, volontariamente (sic!) e formalmente, i clienti scelgono il prodotto sbagliato. In alcuni casi, ad esempio, a seconda del saldo minimo che decidono di lasciare sul conto la banca paga un determinato tasso di interesse e accetta di abolire o modificare certe spese. Ma considerate quello che avviene se un cliente non rispetta il saldo minimo concordato: paga severe penali e spese.

Non solo, ma se va molto sopra il minimo si ritrova a percepire un interesse inferiore a quello che avrebbe ottenuto con un diverso tipo di conto corrente. E anche in questo caso l’azienda vince e il cliente perde, quale che sia la direzione del suo errore. Oppure pensate al potenziale di profitto delle penali su cui le banche hanno praticamente basato le proprie strategie di sfruttamento dei clienti. Ho visto con i miei occhi – basta leggere Io so e ho le prove ad esempio, quando una banca calcola il saldo cliente a fine giornata sulla base dei movimenti (accrediti e addebiti) rilevati: addebita gli assegni in ordine di grandezza, partendo dai più consistenti, anziché in ordine cronologico. Ciò aumenta la probabilità che gli assegni residui siano scoperti, consentendo alla banca di far andare anche per pochi euro “in rosso” il cliente che paga, quindi, salate penali.

Allo stesso modo i clienti che usano il bancomat, ad esempio, si possono trovare nella condizione di prelevare “qualcosina” in più rispetto alle disponibilità senza esserne formalmente avvisati prima di effettuare l’operazione. Ma state tranquilli che subito dopo il prelevamento la notifica arriva, sotto forma di penale. Le banche, tutte le banche, sfruttano consapevolmente e cinicamente i clienti in questo modo. Sono addirittura coscienti che con questo approccio siano perpetuamente soggette all’ostilità repressa dei clienti, che potrebbero vendicarsi in qualunque momento con il passaparola negativo o quantomeno sarcastico, le cause giudiziarie e la defezione. Ma non sono dei pazzi, né tantomeno degli sprovveduti con una visione a breve termine. Le banche che estraggono valore dai clienti nell’ambito di una strategia consapevole sanno cosa stanno facendo.

E tale consapevolezza nasce da un accordo tacito nell’ambito di un cartello (accordo tra più produttori indipendenti di un bene o un servizio, volto a implementare strategie che tendono a limitare la concorrenza sul mercato). Perché tale meccanismo può funzionare solo se tutto un settore merceologico “inganna” il consumatore. Infatti, quando nel mercato si affaccia un player che – innovando e rompendo le regole – offre un prodotto di maggior soddisfazione, ecco che le schiere di consumatori infelici e infuriati abbandonano la vecchia strada per la nuova.

E se nel mercato bancario, uno, dico uno solo, si presentasse davvero in maniera leale e trasparente agli occhi dei clienti, avrebbe il 100% della quota di quel mercato e butterebbe sul lastrico tutte le altre che, nel frattempo, non si sarebbero adeguate. Se gli organi di controllo antitrust fossero davvero consapevoli dei livelli bassi raggiunti dagli indici di soddisfazione della clientela delle banche e volessero orientare gli istituti di credito ad essere customer oriented, dovrebbero porre quattro domande fondamentali ai loro dirigenti:
– Avete clienti profittevoli e insoddisfatti?
– Avete regole che volete fare violare ai clienti perché in questo modo si generano dei ricavi?
– Avete regole di così difficile comprensione che, di fatto, confondono il cliente che non è consapevole dei rischi che corre violandole?
– Avete contratti che impediscono ai clienti di recedere?

Vi assicuro che il 100% delle banche del nostro sistema risponderebbe di sì ad almeno una di queste domande.

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