Mentre il mondo vive sospeso tra guerra fredda e calda, le opere nelle varie sezioni di questa Mostra del Cinema di Venezia 2022 adottano spesso e volentieri temi profondamente morali legati a sesso, identità sessuale e al potere.

È il caso di Alone, dell’iraniano Jafar Najafi. Evento Speciale alle Giornate degli Autori. Il documentario ricostruisce la vicenda di Amir, adolescente che si ritrova a occuparsi di madre e due sorelle minori dopo la scomparsa del padre. Isolate lande di campagne mediorientali ove allevare capre e sperare in un buon matrimonio d’interesse sono lo scenario dove questo ragazzo neanche sedicenne, investito da un maschilismo secolarizzato che lo porta a mantenere persino la madre in salute, ha la convinzione, splendidamente moderna e rivoluzionaria per quelle piccole comunità rurali, che le dodicenni Marzieh e Razieh debbano continuare a studiare schivando le proposte di matrimonio per sistemarle con uomini ricchi e adulti. In poco più di un’ora l’autore stila una testimonianza vibrante sulla vita sociale intorno alle spose bambine. Affresco necessario perché ascolta attentamente sia le bambine coinvolte con i loro sogni ammaestrati che gli adulti chiusi nei vecchi retaggi. E soprattutto il giovane pastore Amir, solo con le sue idee moderne. Appunto, Alone.

Moderna è anche la visione di Padre Pio offerta da Abel Ferrara, in concorso alle Giornate. La notizia che Shia LaBeuf lo avrebbe interpretato fece alzare parecchi sopraccigli e persino ilarità. Invece l’autore newyorkese spiazza tutti con una storia pasoliniana su due binari. Da una parte il giovane Padre Pio del 1920, prima delle stimmate. Un uomo tormentato, impaurito dal peccato e tentato tra incubi e allucinazioni che scioglie nella confessione. Quella che offre ai fedeli, ma anche la sua con frati confidenti a contenerne le inquietudini profonde da uomo di fede.

Dall’altra parte il dramma politico dell’eccidio di San Giovanni Rotondo che vide i socialisti vincitori delle elezioni comunali respinti dai partiti sconfitti e infine, nella sedazione della rivolta da parte di soldati e carabinieri, furono 14 i morti e 80 i feriti per il fuoco. Ferrara ripercorre i giorni e le ore precedenti in maniera febbrile, accostandoci in parallelo le inquietudini di Padre Pio. Nonostante l’inglese, difficilmente digeribile su questa storia, il film sul peccato, la tentazione e il perdono è denso di momenti forti, come il cameo di Asia Argento, che interpreta un uomo con una grave colpa da confessare al frate di Pietrelcina. Lei in panni maschili ha un significato anch’esso politico, come molto nel film di Ferrara, e resta l’unica licenza formale di un’opera estremamente essenziale nella sua inaspettata potenza.

È stata un’apertura emozionante quella delle Notti Veneziane per le Giornate degli Autori. Le favolose di Roberta Torre hanno colpito al cuore il pubblico. Un gruppo di vecchie amiche si ritrova in una casa piena del loro passato per ricordare una di loro. Hanno tutte pagato un alto prezzo per la propria identità sessuale, sono tutte trans, ma Antonia è stata uccisa, due volte. Una da un uomo violento e la seconda dalla famiglia che non avendone mai accettate le scelte di vita l’ha vestita da uomo per il suo ultimo viaggio.

Nutriente mix di sorrisi vitali e nodi alla gola per queste storie di donne e docufiction senza peli sulla lingua, Le favolose ci ricorda quanto il corpo possa essere un atto politico. Uscita evento nei cinema già il 5, 6 e 7 settembre con Europictures; tra le protagoniste che mostrano vitalità, ferite, coraggio, resilienza e complicità da vendere c’è anche Porpora Marcasciano, Presidente della Commissione Pari Opportunità del consiglio comunale di Bologna.

Infine arriviamo all’opera più matura e completa di Pippo Mezzapesa. Che traspone una vera storia di cronaca e malavita e l’omonimo libro-inchiesta di Carlo Bonini e Giuliano Foschini. Il regista pugliese prende Francesco Patané ed Elodie trasformandoli in moderni Romeo e Giulietta pugliesi, ma sul Gargano niente Shakespeare, perché l’amore ingordo di Ti mangio il cuore si trasformerà in altro. Qualcosa di molto più cruento e senza soluzione di continuità. Bagnato da un bianco e nero cupo e patinato del David di Donatello per la fotografia Michele D’Attanasio, dopo essere passato per la sezione Orizzonti, sarà nelle sale dal 22 settembre.

I protagonisti sono esplosivi. Patanè non è solo un’ottima conferma dopo l’esordio accanto al Castellitto dannunziano, perché qui va ben oltre le note dell’innamoramento. La cantante pop invece, brava con l’imperfezione da esordio, mostra un magnetismo raro che lavora dentro come un diamante grezzo. Accanto a loro un implacabile Tommaso Ragno, un saggiamente cinico Michele Placido e poi Lidia Vitale, qui sanguinaria vedova-boss dal carisma smisurato. Una performance folgorante la sua.

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