Le bandiere arancioni del Touring club e i più prestigiosi riconoscimenti del patrimonio Unesco non possono essere messi sullo stesso piano in fatto di significato e di rilevanza, ma entrambi hanno a che fare con la consacrazione nella sfera delle eccellenze, che è proprio uno dei problemi a cui oggi la nuova “geografia percepita” è chiamata a fare i conti.

Funzionando come una potente firma-brand, l’Unesco permette all’industria turistica di beneficiare di un “certificato di garanzia”, come avviene per le griffe dell’alta moda o per i vini Doc. Così il tal patrimonio naturale o culturale riconosciuto dall’Unesco con la definizione “dell’Umanità” si trasforma, paradossalmente, in un valore di mercato solo per pochi. Mentre i borghi, quando premiati con le bandiere arancioni, tendono a trasformarsi in un piccolo parco a tema, allestiti a beneficio di turista per farlo sentire partecipe di un racconto, parte di una “atmosfera”.

Si dirà che il problema viene posto anche dai parchi naturali, che appena diventano tali attirano un maggior numero di turisti. È vero, ma i parchi hanno potere di interdizione su eventuali speculazioni: nascono per porre vincoli e restrizioni. La commissione Unesco, invece, non ha alcun potere, se non fare leva sulla minaccia di una revoca del riconoscimento stesso. Ma è una leva non sufficiente, come stiamo vedendo per le Dolomiti con i disastri in programma per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026.

Non sorprende, perché fin dalla data di ammissione nel club degli eletti Unesco (2009), le Dolomiti, con un marketing aggressivo, hanno distorto il riconoscimento a proprio uso. “Essere titolari del marchio Unesco per le Dolomiti permetterà anche di valorizzare ulteriormente le eccellenze della zona che sono l’ospitalità, l’enogastronomia ed i servizi per il turista” si leggeva in uno dei primi, infelici, comunicati della fondazione; “dimenticando”, tra l’altro, che le Dolomiti rientrano nel patrimonio dell’umanità solo per le rocce della parte apicale. Oggi le Dolomiti, come tutti i siti Unesco, vengono fortemente alterate da un turismo totalizzante.

Ma il vero problema di questi riconoscimenti non riguarda solo le aree interessate, va oltre, e investe il senso stesso che diamo alla generalità dei luoghi. Riconoscendo a un soggetto il titolo di serie “A”, di “eccellenza” e di “originale”, automaticamente declassiamo gli altri a serie “B”, a “ordinario”, a “imitazione”. E siccome i riconoscimenti continuano ad aumentare, presto ci ritroveremo in un’idea di mondo a due velocità. E, conoscendomi, mi verrà da optare per la serie “B”.

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