Archie Battersbee deve restare in ospedale per la sospensione del trattamento che lo tiene in vita. È questa la sentenza disposta dall’Alta corte di Londra, in seguito all’ultimo tentativo di ricorso da parte della famiglia del 12enne che intendeva spostare il figlio in una casa di cura per lungodegenti. L’obiettivo dei familiari era poter “staccare la spina” in una struttura vicino a casa, a Southend, nell’Essex, per far ottenere al figlio una “morte più degna”. Lo stop alla ventilazione assistita e ai trattamenti che tengono in vita Battersbee era previsto per le 11 di ieri, 4 agosto. I medici hanno sconsigliato fin da subito il trasferimento del 12enne e da questo è nata la decisione dei genitori di presentare ricorso all’Alta corte britannica.

Archie Battersbee è in coma dallo scorso 7 aprile, quando venne trovato in stato di incoscienza all’interno della sua abitazione con una corda attorno al collo, vittima, con ogni probabilità, di un gioco di coraggio finito male. Attualmente è tenuto in vita tramite una combinazione di interventi medici e farmacologici presso il London Royal Hospital di Whitechapel. Per settimane i genitori hanno combattuto una lunga battaglia legale per impedire l’interruzione del supporto vitale che si è conclusa mercoledì 3 agosto. La madre di Battersbee si è dichiarata “incompetente ad intervenire rispetto a quanto stabilito dalla giustizia britannica” dopo che anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha respinto l’ennesimo ricorso.

Per l’Alta Corte lo spostamento non è nel “miglior interesse” del bambino: “Gli interessi di Archie restano al centro di qualsiasi conclusione raggiunta da questa Corte. Considerando i desideri della famiglia, i motivi di questi desideri, le strutture dell’hospice, che cosa il bambino avrebbe probabilmente voluto, i rischi del trasferimento, la crescente fragilità della sua condizione medica, il suo migliore interesse rimane, come detto nella sentenza del 15 luglio, restare in ospedale quando il trattamento verrà sospeso. Le circostanze, sottolineate dal dottore, riguardo le condizioni fisiche nell’ospedale e le disposizioni che possono essere prese, assicureranno che il miglior interesse del minore rimarrà il focus degli adattamenti che verranno fatti per consentirgli di morire in pace, nell’abbraccio della famiglia che amava”, ha dichiarato il magistrato. “I genitori, nella lettera del loro avvocato del 2 agosto, hanno confermato, in linea di principio, la volontà di cooperare per questi adattamenti”, ha concluso.

La mamma ha spiegato che vuole che suo figlio trascorra i suoi “ultimi momenti” insieme alla sua famiglia nella privacy e ha lamentato la mancanza di intimità all’interno dell’ospedale. In una dichiarazione rilasciata a Times Radio, ha affermato: “Non abbiamo neppure la possibilità di stare in una stanza insieme come una famiglia, senza infermiere. Non c’è alcuna privacy ed è per questo, ancora, che i tribunali continuano ad andare avanti per una morte degna. Perché non possiamo portare nostro figlio in un hospice e passare gli ultimi giorni e gli ultimi momenti in privato? Perché l’ospedale si oppone?”. Ma secondo il London Royal Hospital la condizione del bambino è “troppo instabile per consentirne il trasferimento” e spostarlo con l’ambulanza in un ambiente diverso “affretterebbe il peggioramento prematuro che la famiglia intende evitare, anche per mezzo dell’assistenza e di piene cure intensive durante il viaggio”.

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