Silenzi e poca voglia di parlare in casa M5s dopo la riunione del Consiglio nazionale, nel giorno del mancato voto di fiducia al governo sul Dl Aiuti. Una decisione che ha spinto il presidente del Consiglio Mario Draghi a rassegnare al capo dello Stato Sergio Mattarella le dimissioni, poi respinte, con la scelta del Quirinale di rimandare il premier in Parlamento per una verifica, mercoledì prossimo.

“Ci siamo confrontati e abbiamo preso atto delle dimissioni del presidente Draghi. Ha preso questa decisione e ne prendiamo atto. Ci aggiorniamo domani”, è stato il commento laconico del presidente M5s Giuseppe Conte, dopo oltre tre ore e mezza di consiglio. Non senza glissare su quale sarà il comportamento dei pentastellati in Aula: “Nuova fiducia a Draghi? Ci confronteremo”, si è limitato a spiegare, lasciando la sede nazionale di via Campo Marzio e anticipando come il Consiglio nazionale sarà riconvocato venerdì.

Intanto è la Lega a restare divisa tra la linea di Matteo Salvini, che spinge per tornare alle urne, e quella dei governisti che tifano invece per la continuità: “Governo finito? Beh, ci sono sempre i tempi supplementari…”, aveva tagliato corto il ministro per lo sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, dopo una riunione tra lo stesso segretario Salvini e i vertici leghisti. Poi, in serata, è stato il vicesegretario Andrea Crippa a ribadire la strategia del segretario: “La strada maestra per me sarebbe il voto”.

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