Tempo fa diedi una personale spiegazione, da difensore dell’ambiente, per comprendere almeno in parte il tracollo elettorale del M5S. Ma un’altra spiegazione la si potrebbe anche rinvenire dove i Cinquestelle hanno gestito in proprio il potere, come è accaduto in Torino, quando avevano il 33% dei voti di tutti gli italiani si celavano dietro la scusa che non avevano la maggioranza assoluta per raggiungere gli obiettivi che si prefiggevano.

Vediamo allora dove hanno governato in libertà e, dopo la vicenda del motovelodromo, volgiamo lo sguardo a quella grande porzione di Torino rimasta fino ad oggi integra, semplicemente perché c’era un soggetto privato che ne era proprietario. Ma non un soggetto privato qualsiasi, bensì un soggetto che aveva come scopo il bene comune, quello che appunto invece è del tutto assente in chi governa. L’area è quella che giace a due passi da Piazza Statuto, lungo Corso Principe Eugenio, con entrata dallo stesso.

Chiamiamo quest’area per comodità “Prinz Eugen”, come usa oggi fra coloro che la vogliono preservare dal disastro. Un’area vasta: 3470 mq occupati da edifici ed oltre 6000 mq di area verde, rinaturalizzatasi negli anni, da quando i vialetti non sono più percorsi da quelle fanciulle traviate o povere del cui inserimento sociale si occupava appunto il soggetto proprietario dell’area, l’Istituto del Buon Pastore (dopo il secondo dopoguerra anche “Opera Pia Buon Pastore”). Ente benefico che nacque nel 1844 e, dopo alterne vicende, chiuse i battenti nel 1977. Si dovette però attendere il 19 dicembre 2016 perché la Regione, in accordo con il Comune di Torino, procedesse all’estinzione dell’ente. La delibera prevedeva “di dare atto della necessità che, in merito all’utilizzo del patrimonio oggetto di devoluzione, siano avviate, nell’ambito della collaborazione inter-istituzionale, forme di concertazione tra la Regione e la città di Torino in materia di programmazione ed erogazione di servizi sociali e socio-assistenziali di competenza della Città medesima”.

A questo punto tutti i beni di proprietà del Buon Pastore e, in particolare il Prinz Eugen, passarono in mano pubblica: prima alla Regione Piemonte e poi al Comune di Torino. Il Comune di Torino però, si sa, ha le classiche pezze al culo e cosa se ne può fare di immobili fatiscenti quando oltretutto la legge gli consente di alienarli? Ecco che allora, con Deliberazione del Consiglio Comunale 23 novembre 2020 (giunta Appendino), insieme ad altri immobili, viene deciso il futuro di questo cespite, non con la vendita tout court, bensì con l’alienazione tramite costituzione di diritto di superficie, richiamando il permesso a costruire in deroga e “escludendo, comunque, dalle destinazioni ammissibili quella commerciale riferita a media e grande struttura di vendita e quella residenziale privata di civile abitazione”.

A tale atto ne segue un altro (dovuto) in data 15 febbraio 2021 con cui il Comune indice la relativa asta per il valore di euro 1.220.000 per la costituzione di diritto di superficie novantanovennale sull’immobile. Un prezzo irrisorio, ma ipoteticamente congruo se restasse la destinazione ad uso pubblico dei fabbricati. Questo comunque dopo che nel 2020 un’identica asta per eguale importo era già andata deserta. Il bando prevede che l’aggiudicatario presenti un progetto volto ad evidenziare “il pregnante interesse pubblico degli interventi che l’aggiudicatario intende attuare, nonché l’idoneità ad arrecare un concreto vantaggio per la collettività”.

Anche questa asta va deserta. In compenso, subito dopo, il 4 maggio 2021 ecco che la Cogefa s.p.a. – impresa di costruzioni interessata anche alla realizzazione di grandi opere, ivi comprese le linee AV – si offre di acquisire il diritto di superficie per detto importo e presenta istanza di deroga che trasformi l’originaria destinazione d’uso prevista dal PRGC a “servizi sociali” in “terziario”, per trasferirvi la propria sede direzionale. La porta aperta dalla giunta Appendino gliela spalanca la giunta del nuovo sindaco Lorusso (Pd) con la delibera del 21 giugno 2022, che così recita: “L’approvazione del progetto è consentita in deroga agli strumenti urbanistici, ai sensi dell’articolo 14 del D.P.R. 380/2001, in quanto l’intervento proposto persegue i fini, previsti dalla legge, della riqualificazione e razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e riveste concreto e specifico interesse pubblico, perseguendo finalità di stimolo e sostegno alle attività economiche”.

Dove stia il “concreto e specifico interesse pubblico” tale che una s.p.a. recuperi degli immobili per insediarvi la propria sede direzionale non è dato capire. Forse il motivo “eccezionale” – che giustificherebbe la succulenta (per la Cogefa, s’intende) deroga immobiliare – sarebbe l’azzeramento di oltre 6.000 mq di bosco urbano da sostituire con un giardino aperto al pubblico. Infatti la delibera prevede proprio questo, che venga realizzata tutta una serie di opere per addomesticare l’area verde. Ma anche qui non è dato capire il vantaggio che ne trarrebbe la cittadinanza, che vede scomparire un bosco – che potrebbe comunque essere reso fruibile – per far posto ad un ennesimo artificio vivaistico.

Quindi, riassumendo: il vincolo della destinazione ad uso pubblico e, a dirla tutta, anche l’impegno assunto nel 2016 con la Regione di erogazione di servizi sociali e socio-assistenziali, vengono barattati con un’area verde artificiale realizzata da un privato che – in compenso – per una cifra tutto sommato modesta acquisisce un’enorme volumetria in pieno centro di Torino. Volumetria che oggi sarà adibita ad uffici, ma domani chissà.

L’assurdità dell’operazione trova conferma nella ricchezza vegetazionale di quello che viene ora anche definito “giardino boscoso”. L’amico naturalista Alberto Selvaggi vi si è recato ed è rimasto esterrefatto dalla estrema varietà rinvenuta, consistente in ben ottantaquattro specie vegetali: “È un giardino selvaggio, e per questo affascinante come una giungla tropicale”. Ma qui non siamo a Parigi, dove esiste ed è meta turistica Le Jardin Sauvage. Qui a Torino il verde selvatico (“verde clandestino”) infastidisce, c’è solo la cultura dei giardini ben curati, con buona pace del cambiamento climatico e dell’inquinamento da contrastare in città. E che dire degli uccelli che nidificano sotto i tetti dei palazzi? E dei pipistrelli, che volano sulle teste degli angeli custodi alla sera? Già, perché al Prinz Eugen ci sono anche gli angeli custodi: vivono all’interno del perimetro e c’è da scommettere che si batteranno perché non scompaia questo ultimo angolo di paradiso.

“Difesa ad oltranza per il giardino boscoso del Buon Pastore” recita il loro volantino. Ed io sto con loro, con le piante, con gli animali, come sempre, contro il potere: “Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati”.

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