I parenti delle 43 vittime del ponte Morandi ci riprovano. Alla prima udienza del processo sulla strage – in calendario oggi dalle 9 nella tensostruttura allestita nel Palazzo di giustizia di Genova, con altre tre aule in collegamento – il comitato guidato da Egle Possetti chiederà di nuovo ai giudici di essere ammesso tra le parti civili in quanto soggetto danneggiato. Un’istanza apparentemente ovvia, ma già respinta dal gup all’udienza preliminare in base a un’interpretazione consolidata: per costituirsi in giudizio, le associazioni che tutelano gli interessi lesi dal reato devono essere già state esistenti al momento del reato stesso, requisito impossibile da rispettare in questo caso. E proprio in base a questa argomentazione, davanti al gup, i legali di Giovanni Castellucci e degli altri top manager imputati avevano chiesto l’estromissone del Comitato dal processo.
La sfida – Questo limite però è stato introdotto per una ragione precisa: evitare il fiorire di sigle farlocche pronte a raccogliere i benefici di grandi disastri. E quindi, secondo l’avvocato genovese Raffaele Caruso – che rappresenta il comitato – non dovrebbe applicarsi al soggetto che riunisce i familiari delle vittime del ponte, diventati tali proprio a seguito del crollo. Tanto più che il danno richiesto in questo caso sarebbe del tutto simbolico: il vero scopo della mossa è di portare la voce di tutte le famiglie nel processo, comprese quelle che hanno perso il diritto a costituirsi accettando i risarcimenti offerti da Autostrade in via extragiudiziale. “Il senso ultimo di questa iniziativa non è l’aspetto economico, è chiedere verità nella sede migliore per farlo”, spiegava Caruso. E ora aggiunge: “La costituzione dei familiari come soggetto collettivo sarebbe anche un’enorme sfida alla strategia di Aspi, che ha puntato fin dall’inizio a evitare l’entrata nel processo delle singole famiglie delle vittime, risarcendole in separata sede”.
La richiesta – In questo senso ora per il Comitato potrebbe aprirsi un nuovo spiraglio. Nella richiesta rivolta al collegio giudicante – che ilfattoquotidiano.it ha letto in anteprima – il legale premette che “i familiari delle vittime, trovandosi a dover affrontare le conseguenze della tragedia con sostegni scarsi se non nulli da parte delle istituzioni, hanno fisiologicamente sentito il bisogno di supportarsi reciprocamente“. Dopo aver ricordato le iniziative pubbliche e istituzionali portate avanti dai parenti dei 43 morti in questi anni, osserva: “La molla primaria che porta alla costituzione di questi comitati non è una pur legittima spinta ideologica, ma il semplice conferimento di una veste giuridica ad un insieme di persone direttamente e palesemente colpite dal reato, che il reato ha accomunato”. Ogni reato, infatti – prosegue l’atto – “colpisce direttamente le vittime ma colpisce anche una serie di interessi di carattere generale”: è “assurdo“, dunque, “che sia escluso il gruppo, la collettività, che ha subito le conseguenze della concreta violazione” di questi interessi.
Il rischio di un esito assurdo – “In ultima analisi, infatti – conclude il legale – i principi elaborati dalla giurisprudenza mirano a selezionare sulla base della credibilità le associazioni che intendono costituirsi parte civile individuando quelle più credibili nel combinato disposto tra l’interesse generale e il caso specifico. Chi più del comitato che raccoglie le vittime di quel reato può dirsi credibile nel momento in cui dobbiamo rapportare l’interesse generale al concreto reato per cui è in corso il processo?”. Per questo, argomenta, applicare il freddo criterio dell'”anteriorità” all’associazione dei parenti delle vittime del Morandi “crea l’assurdo effetto di escludere questa collettività dalla possibilità di partecipare al processo per l’accertamento di quel reato che, in maniera drammatica, ha generato quella stessa collettività“. Caruso sottolinea che “laddove l’applicazione di un principio, per quanto corretto, conduca ad esiti assurdi, ciò vuol dire che quel principio non deve essere applicato al caso di specie, pena il risultato di offrire una decisione ingiusta”.
I paradossi dell’esclusione – Infine, l’atto pone l’accento sui “paradossi” che verrebbero creati da un nuovo diniego. Il primo, evidente, è che mentre il comitato è stato escluso, centinaia di associazioni con un legame assai più labile con la tragedia sono state ammesse: le parti civili già costituite sono più di 300, oggi potrebbero arrivare altrettante richieste. A essere respinto dal processo, quindi, sarebbe proprio il soggetto che raccoglie chi è stato colpito dal reato nel modo più doloroso. Il secondo è che, applicando alla lettera il principio dell’anteriorità, il comitato potrebbe costituirsi – ad esempio – nel futuro processo per la strage della funivia del Mottarone “in quanto evento collegato all’incuria nella gestione di un servizio pubblico”, cioè uno degli interessi tutelati dal soggetto. Si tratta di paradossi, conclude, “che mettono in luce l’inadeguatezza del criterio dell’anteriorità”, conducendo – se applicati alla lettera – a un’esclusione “assurda e ingiusta”.