di Renato Turturro*

Continua la conta dei morti, dei feriti, dei casi di irregolarità, si racconta lo sfruttamento con reportage e articoli, ma in pochi casi si prova a dare una visione organica del modello e dei dispositivi che permettono la permanenza delle condizioni di lavoro attuali. La frammentarietà dei saperi, la loro settorializzazione in nicchie non comunicanti e la sempre più scarsa agibilità dentro i luoghi di lavoro non di certo sta aiutando il confermarsi e crescere delle attuali condizioni di lavoro. In un Paese dove non esiste un salario minimo legale, è grazie a misure controverse e forse insufficienti, ma necessarie come “reddito di cittadinanza” che si rende più visibile, soprattutto in questa stagione nel settore turismo, la situazione dei salari e del mercato del lavoro.

Spesso sentiamo parlare di “filiere etiche” eppure senza alcuna remora non si nega che esistono delle condizioni per alcune categorie di lavoratori e lavoratrici che debbano rimanere tali. Una scissione all’interno dello stesso sistema di sfruttamento tra meno garantiti e per nulla garantiti.

Alcuni giorni fa Alessandro Alberani, il direttore Logistica Etica Interporto Bologna, in occasione di un incontro in Prefettura, ha fatto sapere che si sta lavorando per far rientrare il settore della logistica nella legge 146 che prevedere tempi più lunghi e procedure più complesse per proclamare gli scioperi. L’obiettivo, è chiaro: impedire scioperi e blocchi dei lavoratori e delle lavoratrici dei magazzini, in maggioranza migranti e richiedenti asilo. Queste dichiarazioni ci dicono apertamente che esiste una quota fisiologica di lavoratori e lavoratrici che deve vivere in condizioni di sfruttamento, di ricattabilità, di nocività e insicurezza.

Le dichiarazioni , in cui parla di “etica” si scontrano contro il muro dell’oggettività. Dal rapporto annuale 2021 dell’Ispettorato nazionale del lavoro, infatti, emerge come l’Emila Romagna sia al primo posto per “Illecite esternalizzazioni di mano d’opera” in materia di appalti (1696 lavoratori coinvolti e 75% di coop irregolari). I dati generali sugli indici di irregolarità dello stesso rapporto ci dicono: 62,3% di irregolarità, 82,3% di irregolarità previdenziali, di 92,5% irregolarità assicurativa. Oltre 480.000 lavoratori e lavoratrici irregolari (di cui 20.000 circa in nero).

A fianco a questa realtà indagata, a cui si aggiungerebbero gli indicatori sulla sicurezza e salute (1.221 morti, 555.236 infortuni complessivi e 55.288 denunce di malattie professionali +22.8% – fonte Inail), nella sola provincia di Modena tra il 2018 e il 2020 si sono contati 481 processi penali per fatti connessi all’attività sindacale.

Un qualcosa di necessario per mantenere in piedi i settori dell’economia, rafforzato dall’avanzare di una dimensione del pensiero, tradotta in leggi e dispositivi repressive. Infatti, senza una critica organica a questo modello normativo-sociale, i temi del lavoro diventano frammentari, speculari a quelle che sono state fino ad oggi le politiche del lavoro, con le ripercussione in termini di indebolimento dei diritti e dell’agibilità sindacale. Accentando che storicamente il tema della salute nei luoghi di lavoro sia stato percepito come bisogno e diritto da conquistare solo successivamente all’ottenimento di rapporti sociali e norme che consolidassero l’occupazione e la questione salariale, non si può dimenticare e non raccogliere e rilanciare le esperienze che hanno portato alla messa in discussione totale del sistema fabbrica, dei processi e dell’organizzazione del lavoro lavoro (esperienze: Comitato Politico degli operai di Porto Marghera; Convegno sindacale Torino 1970; nascita dei gruppi omogenei).

Oggi è necessario e urgente riprendere un discorso, costruirsi filtri di lettura, unendo i saperi che diretti sempre più verso direzioni iperspecialistiche che rinunciano alla loro socializzazione. Questa dinamica e forse volontà politica, non fa altro che allontanarli dai bisogni reali e dalle condizioni reali di vita e lavoro della maggior parte della popolazione.

Attualmente è assente un legame tra la direzione politica degli enti deputati al controllo e alla tutela delle condizioni di lavoro e il mondo del lavoro sindacalizzato o meno. Esiste un bisogno di creare collegamenti, ma questo bisogno vede un indebolimento in termini sia di risorse che di approcci culturali e metodologici che molto spesso nascono distorti e orientati verso il filo-aziendalismo già a partire dalla scuola e passando poi, per le università dove si formano scienziati e tecnici.

Nelle modalità e nelle metodologie di controllo delle condizioni di lavoro spesso l’attenzione non si focalizza sulla popolazione destinataria delle tutele previste dalla normativa, ossia i lavoratori e le lavoratrici, né tantomeno sui processi e l’organizzazione, ma sull’entità impresa. In tal modo si accetta la logica della responsabilizzazione individuale e si accetta un modello molto più grande che occupa interamente il mondo del lavoro. L’ergothanatos è la politica che si sta adottando nei luoghi di lavoro, morire o lasciar morire, spremere e frammentare in categorie tutelate e meno tutelate la forza lavoro. Questo è il paradigma che va rifiutato e rovesciato a tutti i livelli.

Questo vuole essere un appello che vede la necessità di unire saperi ed esperienze dirette per portare a trovare gli strumenti molteplici per dare un’inversione di tendenza a questa storia narrata a senso unico, fatta di norme legate a processi e scelte politico-economiche a cui si dovrà per forza dare un volto e un nome. In questo si inseriscono i temi della salute e sicurezza sul lavoro che devono compiere necessariamente questo passo di interconnessione con altri saperi se non vogliono essere feticcio retorico o strumento che nasce dal movimento operaio e si ritorcerà contro agli stessi protagonisti e protagoniste. Chiedere giustizia a cose accadute non è prevenzione.

* Tecnico delle prevenzione ASL. Sono cresciuto tra racconti ed esperienze dirette di migrazioni, storie del movimento operaio e bracciantile. Mi occupo di salute e sicurezza sul lavoro con tutta la passione che questo tema merita.

Articolo Precedente

Il caffè che chiude “perché non trova baristi”? Chiede orari spezzati e i “1.300 euro” sono lordi e includono 13esima e 14esima

next
Articolo Successivo

Sfruttavano manodopera clandestina guadagnando da gare pubbliche per camici e tute necessari per emergenza Covid

next